immanuel
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venerdì 16 novembre 2012
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una argo attraccata alla banchina del minimalismo
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Un colpo di stato rovescia il legittimo governo di Mossadeq nel 1953, consentendo a Reza Pahlavi di ritornare dall'esilio romano nuovamente come "re dei re" di persia. Riattua il piano di modernizzazione del paese, accentra il potere nelle sue mani, radicalizzando le opposizioni sciite che si raccolgono attorno alle moschee, agli imam, al potere religioso dell'ayattolah che al culmine di un processo di irrigidimento autoritario della monarchia inizialmente costituzionale, conduce alla rivolta il popolo iraniano oppresso dagli abusi della polizia politica della Savak, la feroce polizia politica dello scià. La svolta è radicale, il potere religioso sostituisce quello laico del monarca assoluto, dal "cesaropapismo" alla teocrazia l'iran si trasforma in una monarchia religiosa in cui il potere supremo è detenuto dalla massima autorità spirituale sciita l'ayattolah Komehini, il cui rintratto campeggia onnipresente in molte scene della pellicola.
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Un colpo di stato rovescia il legittimo governo di Mossadeq nel 1953, consentendo a Reza Pahlavi di ritornare dall'esilio romano nuovamente come "re dei re" di persia. Riattua il piano di modernizzazione del paese, accentra il potere nelle sue mani, radicalizzando le opposizioni sciite che si raccolgono attorno alle moschee, agli imam, al potere religioso dell'ayattolah che al culmine di un processo di irrigidimento autoritario della monarchia inizialmente costituzionale, conduce alla rivolta il popolo iraniano oppresso dagli abusi della polizia politica della Savak, la feroce polizia politica dello scià. La svolta è radicale, il potere religioso sostituisce quello laico del monarca assoluto, dal "cesaropapismo" alla teocrazia l'iran si trasforma in una monarchia religiosa in cui il potere supremo è detenuto dalla massima autorità spirituale sciita l'ayattolah Komehini, il cui rintratto campeggia onnipresente in molte scene della pellicola. Sulla spinta emotiva della rivoluzione e di un diffuso antiamericanismo legato al passato golpe organizzato dalla cia e alla concessione dell'asilo attribuita a Mohammad Reza di cui si teme il ritorno con l'appoggio dello stesso "grande satana", una torma inferocita di studenti e rivoluzionari forza le difese dell'ambasciata americana di Theran per fare il suo ingresso nella sede diplomatica e prendere in ostaggio i 50 americani lì presenti. Sei di questi riescono a mettersi in salvo e a trovare rifugio presso la sede del consolato canadese. Il film ruota attorno alla versione romanzata dell'"esfiltrazione" (termine orribile) di questi 6 rifugiati, dei quali si teme la caduta nelle mani dei pasdaran. La figura del protagonista, come del resto quella del registra, personaggio principale egli stesso, è una sagoma scialba, grigia raffigurazione dell'eroe comune americano che fa dell'erosimo bricolage nello svolgimento del lavoro quotidiano (la cornice familiare e l'aria da comune mortale completano il quadro edificatorio). A salvare il salvabile di una pellicola incolore, svigorita da una pallida (e quasi smorta) interpretazione di Afflek, ci sono le provvidenziali prestazioni attoriali di due giganti della comicità come Goodmann (il grasso produttore) e Arkin (il ricco impresario hollywoodiano), cone le loro arguzie e le loro facezie fescennine. Penalizzante anche la scelta di impostare la narrazione su un evento marginale anche se collaterale della vicenda principale legata all'assalto all'ambasciata (si sarebbe fatto certamente meglio a incetrare qualcosa sull'operazione eagle clow...). Da un certo momento il film non fa che iterare un finale già scritto, risolvendosi in un decollo che non avviene mai (ma che si sa che avverrà), anche se lo spettatore, intuendo perfettamente l'esito positivo del plot, è come se desse per scontato ogni singolo evento fino al superamento dello spazio aereo iraniano, con tanto di musica di coronamento, di strette di mano e abbracci calorosi a suggello del finale bucolico. Una conclusione nel segno del più comune "american way of life" con la riconciliazione di una coppia in crisi e la ritrovata pace della famigliola dopo il momento "di riflessione", a completare una pellicola medriocre, una prestazione prosaica, appena corretta dai tamponamenti qua e là forniti da una regia comunque corposa, da un montaggio efficace e da frizzi e lazzi che tenevano alto il morale di un pubblico che sarebbe, altrimenti, sprofondato tra le braccia di Morfeo.
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porco
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giovedì 15 novembre 2012
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ben e george, belli bravi e fortunati
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Complimentoni vivissimi a questa produIone Clooney/Affleck.... non sempre la storia regala sceneggiature già confezionate pronte all'uso e quando capita non tutti sono capaci di impremerle ritmo, fotografia, patos e umorismo... loro ci sono decisamente riusciti, smorzando anche quel poco che basta i toni del "proud to be american" tanto da rendere questo film un vero piacere per lo spettatore cinico europeo che, di questi tempi, di amore per la patria e stato probabilmente non ne vuol sentir parlare...
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phileas fogg
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giovedì 15 novembre 2012
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il solito film in cui l'america promuove sè stessa
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Film ben girato, la ricostruzione dei luoghi e degli eventi è sicuramente apprezzabile. Tuttavia di film cosi, con gli americani a raccontare e a raccontarsi quanto sono bravi a fare fessi gli altri, se ne sono visti a decine. Anche se bisogna riconoscere a Ben Affleck l'onestà intellettuale di aver ampiamente informato lo spettatore che la rivolta iraniana contro l'ambasciata americana di Teheran del 1979 è la conseguenza di trenta anni di politica estera americana che, a voler essere generosi, si potrebbe definire quantomeno discutibile. Ma il problema del film in sè non è neanche lì. Il punto è che non c'è un minuto durante la proiezione in cui si ha il dubbio che la storia andrà a finire bene.
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Film ben girato, la ricostruzione dei luoghi e degli eventi è sicuramente apprezzabile. Tuttavia di film cosi, con gli americani a raccontare e a raccontarsi quanto sono bravi a fare fessi gli altri, se ne sono visti a decine. Anche se bisogna riconoscere a Ben Affleck l'onestà intellettuale di aver ampiamente informato lo spettatore che la rivolta iraniana contro l'ambasciata americana di Teheran del 1979 è la conseguenza di trenta anni di politica estera americana che, a voler essere generosi, si potrebbe definire quantomeno discutibile. Ma il problema del film in sè non è neanche lì. Il punto è che non c'è un minuto durante la proiezione in cui si ha il dubbio che la storia andrà a finire bene. E questo è dovuto essenzialmente al taglio favolistico che il regista dà alla storia. Mi riferisco soprattutto alla parte in cui il protagonista deve contattare dei produttori per allestire il finto film che costituisce la copertura con cui i prigionieri lasceranno l'Iran: sembra che le due persone contattate allo scopo (John Goodman e Alan Arkin peraltro, non proprio degli attori sconosciuti) non abbiano niente altro da fare nella vita che andare dietro all'idea strampalata del protagonista e che riescano a tirare su la commedia su un finto film, convincendo attori, giornalisti e sceneggiatori a suon di battute a effetto. E' sicuramente una storia vera. Ma cosi come viene raccontata sembra una favola per bambini.
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(di mscarpelli)
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(di andy 60)
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basildon
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giovedì 15 novembre 2012
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un film "bello teso"
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Affleck interpreta e dirige bene una storia che già di per sè crea tensione e per questo il divertimento è assicurato.
Da rimarcare la ricostruzione accurata dei luoghi, dei costumi, delle acconciature, degli oggetti: sembrava veramente di essere tornati a quegli anni.
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moulinsky
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giovedì 15 novembre 2012
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sotto la parrucca niente
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Ben mi sta, che mi sono fatto convincere ad andare a vedere un film di Ben Affleck, chi? quello che ha vinto un Oscar per la sceneggiatura insieme a quell’altro genio ribelle di Matt Damon? oh yes, ben mi sta dicevo perché mi son fatto tirare dentro da un trailer fin troppo ben congegnato (errore doppio, perché la maggior parte dei film andrebbe asciugata in 3 minuti 3, né affermo niente di nuovo se sostengo che i trailer sono la parte migliore del cinema, risparmi tempo almeno, come se ci fosse ahimé qualcosa da fare, di altro dico, nella vita). Il film si sgonfia in meno di dieci minuti, altro che thriller politico mozzafiato!, il tempo di capire che il buon Affleck è quello di sempre, il bellone che presume di avere cervello quanto la maggioranza degli uomini col cervello si accontenterebbe di essere Ben Affleck per starsene tutto il giorno a letto con Jennifer Gardner, e la cofana posticcia di capelli anni Settanta non serve a nascondere l’operazione a stelle e strisce travestita da thriller d’autore con gli americani (e i canadesi) da una parte, geniali affabulatori e pure autoironici (“Così tu vieni a Hollywood, fai finta di voler fare il botto, ma senza volerne fare nulla, vero? “Sì”.
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Ben mi sta, che mi sono fatto convincere ad andare a vedere un film di Ben Affleck, chi? quello che ha vinto un Oscar per la sceneggiatura insieme a quell’altro genio ribelle di Matt Damon? oh yes, ben mi sta dicevo perché mi son fatto tirare dentro da un trailer fin troppo ben congegnato (errore doppio, perché la maggior parte dei film andrebbe asciugata in 3 minuti 3, né affermo niente di nuovo se sostengo che i trailer sono la parte migliore del cinema, risparmi tempo almeno, come se ci fosse ahimé qualcosa da fare, di altro dico, nella vita). Il film si sgonfia in meno di dieci minuti, altro che thriller politico mozzafiato!, il tempo di capire che il buon Affleck è quello di sempre, il bellone che presume di avere cervello quanto la maggioranza degli uomini col cervello si accontenterebbe di essere Ben Affleck per starsene tutto il giorno a letto con Jennifer Gardner, e la cofana posticcia di capelli anni Settanta non serve a nascondere l’operazione a stelle e strisce travestita da thriller d’autore con gli americani (e i canadesi) da una parte, geniali affabulatori e pure autoironici (“Così tu vieni a Hollywood, fai finta di voler fare il botto, ma senza volerne fare nulla, vero? “Sì”. “Hai scelto il posto giusto”), e i cattivoni col barbone dall’altra pronti a inveire contro l’invasore ma al dunque così ingenui da staccare il lasciapassare in cambio di quattro fumetti dello storyboard. Ma non bastava controllare quanti ingressi c’erano stati in Iran il giorno che era arrivato l’agente della Cia? Gran finale con sventolio di bandiere, ricongiungimento da post crisi matrimoniale e tutti felici: patria, famiglia e libertà. Produce George Clooney, ormai celebrata icona della sinistra americana.
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angeload87
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giovedì 15 novembre 2012
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la sorpresa di novembre
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Un gran bel film! Tensione dal primo all'ultimo minuto! Mi ha fatto scoprire un pezzo di storia contemporanea che forse qui in Italia non è abbastanza conosciuto. E con il giusto dosaggio di patriottismo senza cadere nel ridicolo o nella propaganda faziosa (es. il film sulla cattura di Bin Laden). Bravo Ben Affleck!
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brian77
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mercoledì 14 novembre 2012
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evviva...
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... c'è ancora chi sa fare i film! Nel cinema americano è possibilke veder ancora venir fuori registi classici, che sanno raccontare una storia, mettere in scena dei personaggi e delle situazioni, senza fare ridicoli estetismi o avanzare pretenziosi ideologismi. In tre film, Ben Affleck ha dimostrato di essere nel solco del miglior cinema americano: un po' più incerto e "indipendentista" in Gone baby Gone, più maturo e inventivo in The Town (il suo migliore), efficace e preciso qui, il suo film forse più profesisonalmente impeccabile. Avanti così, è bello vedere nascere e crescere un talento.
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riccardo t.
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mercoledì 14 novembre 2012
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argo
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Dopo i racconti di periferia Bostoniana, il bellissimo film d’esordio Gone Baby Gone e la splendida conferma The Town, Ben Affleck fa di nuovo centro e firma con Argo la sua terza regia; se i primi due avevano molti punti in comune soprattutto nell’ambientazione urbana e nel descrivere personaggi prigionieri di essa; in Argo Affleck si distacca completamente raccontando una storia vera a sfondo storico.
Nel 1979 durante la Rivoluzione Iraniana; alcuni militanti fanno irruzione nell’ambasciata americana prendendo in ostaggio 52 persone del corpo diplomatico; riescono a sfuggire 6 funzionari nascosti dall’ambasciatore canadese; il compito della CIA è liberarli prima che sia troppo tardi.
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Dopo i racconti di periferia Bostoniana, il bellissimo film d’esordio Gone Baby Gone e la splendida conferma The Town, Ben Affleck fa di nuovo centro e firma con Argo la sua terza regia; se i primi due avevano molti punti in comune soprattutto nell’ambientazione urbana e nel descrivere personaggi prigionieri di essa; in Argo Affleck si distacca completamente raccontando una storia vera a sfondo storico.
Nel 1979 durante la Rivoluzione Iraniana; alcuni militanti fanno irruzione nell’ambasciata americana prendendo in ostaggio 52 persone del corpo diplomatico; riescono a sfuggire 6 funzionari nascosti dall’ambasciatore canadese; il compito della CIA è liberarli prima che sia troppo tardi.
Diciamolo subito; Argo è un grande film, già dalla scena iniziale(bellissima fusione tra fumetto e immagini di repertorio) si capisce che quello che stiamo vedendo è un prodotto forte e deciso; e che Affleck(in veste d’attore e regista) ha alzato il tiro; filmando una storia mai raccontata all’opinione pubblica e con pretese più ampie rispetto alle due precedenti opere, se non per una classicità nella struttura narrativa che li accomuna.
Senza scomodare paragoni impropri; Affleck è al momento il degno erede di qual cinema narrativo classico post-Fordiano che ha caratterizzato il cinema Usa negli anni 60’ e che ora ha nelle pellicole di Eastwood il maggiore esponente. Infatti Argo ha tutto il meglio di quel periodo filmico; sceneggiatura di ferro e solidissima che non annoia, mischia elementi reali a quelli di fiction e che regge la tensione per tutta la sua durata; soprattutto la mezz’ora finale dimostra come Affleck sia diventato abile e maturo come narratore di storie; gestendo il climax nervoso della vicenda in maniera incredibile; davvero fenomenale per un signore un po’bistrattato a livello attoriale ma che alla sua terza prova offre una regia equilibrata forse poco virtuosa ma usata con maestria ed intelligenza; da primi piani insistiti sui personaggi(soprattutto sui 6 ostaggi bloccati) a un ottimo uso della camera a mano, e delle panoramiche.
Se hai un ottimo regista, una grande storia; ti manca solo un grande cast, ecco Argo non se lo fa mancare; tutti e dico tutti gli attori coinvolti sono perfetti; dal protagonista, Affleck stesso; a tutta la serie di comprimari che operano nel film da Bryan Cranston; a John Goodman e Alan Arkin.
Argo è un opera ultra meritevole perché come già spiegato le componenti fondamentali per fare un grande film ci sono tutte, (regia,attori,script) ma non è solo quello, l’accuratezza storica sia nel dipingere nella messa in scena il periodo filmato(il film in 35 mm sembra girato negli anni 70’) sia i dettagli scenografici; e il look dei personaggi ne fanno aumentare ulteriormente il livello.
Anni 70’ non solo ricordati dal punto di vista stilistico, ma Argo si potrebbe iscrivere anche nella gloriosa tradizione del cinema di denuncia sociale made in Usa di quegli anni; perché Argo è anche un film politico che critica le scelte politiche estere americane; e la loro reazione di fronte ai problemi interni; tanto che sarà un uomo solo ad andare contro gli ordini; seguendo solo etica e forza di volontà insite in sé.
Miglior film dell’anno? Forse è ancora presto per dirlo, sicuramente uno dei più belli finora, e Ben Affleck si dimostra il talento più fiorente del cinema americano.
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pressa catozzo
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mercoledì 14 novembre 2012
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adrenalina
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Raramente sussulto nella visione di un film, questa volta mi sono sentito partecipe del dramma di essere ostaggio. Opera completa, non di parte. Il regista ci illustra quele era la situazione prima degli Ayatollah con un velo di accuse a chi oggi si illude di esportare pace nel mondo. Ora passiamo allla storia ben rcostruita ottima fotografia montaggio un discreto doppiaggio, la crisi si fa sentire anche in questo settore. Di nuovo il film, anche se in certi punti un poco melassoso o poco credibile. Ma così piace agli americani . Diaz scusatemi l'intrusione più realistico. Ci potava risparmiare l'inseguimento sotto bordo sembrava uno spezzone dei blues brother.
Da vedere non da premiare.
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Raramente sussulto nella visione di un film, questa volta mi sono sentito partecipe del dramma di essere ostaggio. Opera completa, non di parte. Il regista ci illustra quele era la situazione prima degli Ayatollah con un velo di accuse a chi oggi si illude di esportare pace nel mondo. Ora passiamo allla storia ben rcostruita ottima fotografia montaggio un discreto doppiaggio, la crisi si fa sentire anche in questo settore. Di nuovo il film, anche se in certi punti un poco melassoso o poco credibile. Ma così piace agli americani . Diaz scusatemi l'intrusione più realistico. Ci potava risparmiare l'inseguimento sotto bordo sembrava uno spezzone dei blues brother.
Da vedere non da premiare.
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alex2044
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martedì 13 novembre 2012
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da mossadeq a komeyni la tragedia iraniana
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Un bel film. Ben diretto. Ben recitato. Ben ambientato. Con una bella colonna sonora. Un film riuscito.
Ben Affleck dimostra di avere dei numeri sia come attore che come regista. La prova l'ho trovata durante il serrato finale nelle parole di alcuni spettatori che non conoscendo il finale della storia erano in preda di una notevole emozione. Se non fosse che non si uccide un'emozione avrei voluto dirgli di stare tranquilli che tanto c'era il lieto fine. Di più il cinema non può dare.
Mezzo voto in più per il ricordo di uno degli errori peggiori fatti i politica estera dagli Americani e dagli Inglesi quando hanno agevolato e finanziato il colpo di stato contro Mossadeq portando al potere quell'ameba dello Scià.
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Un bel film. Ben diretto. Ben recitato. Ben ambientato. Con una bella colonna sonora. Un film riuscito.
Ben Affleck dimostra di avere dei numeri sia come attore che come regista. La prova l'ho trovata durante il serrato finale nelle parole di alcuni spettatori che non conoscendo il finale della storia erano in preda di una notevole emozione. Se non fosse che non si uccide un'emozione avrei voluto dirgli di stare tranquilli che tanto c'era il lieto fine. Di più il cinema non può dare.
Mezzo voto in più per il ricordo di uno degli errori peggiori fatti i politica estera dagli Americani e dagli Inglesi quando hanno agevolato e finanziato il colpo di stato contro Mossadeq portando al potere quell'ameba dello Scià. Errore imperdonabile che ha frenato in modo cruento un inizio di modernizzazione dell'Iran. Errore che paghiamo ancora oggi.
Bravo Ben Affleck l'onestà intellettuale qualche volta paga.
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