silvia63
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domenica 18 novembre 2012
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bellissimo!
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Argo e' un film molto bello! E' un crescendo di emozioni ed angoscia. Ti tiene incollato alla poltrona col fiato sospeso anche se, essendo il racconto di un fatto realmente accaduto, sai già come andrà a finire.
Bravissimo Ben Affleck!
E'un film da non perdere!
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babis
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domenica 18 novembre 2012
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argo: a scuola da robert redford
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Il film si apre con un breve e significativo riassunto delle vicende storiche dell'Iran, che permettono allo spettatore di capire meglio la storia che il film racconterà: nel 1979 sei cittadini americani, durante la crisi degli ostaggi in Iran, fuggono nell'ambasciata canadese, ma si rendono pefettamente conto di non avere più via di fuga. Toni Mendez, un'esfiltratore della CIA, ha il compito di cercare di riportarli in patria e, per farlo, decide di farli spacciare per una troupe cinematografica, che sta facendo sopralluoghi per girare un film, Argo.
Il film si rivela ottimo per la sceneggiatura, che permette allo spettatore di capire tutti i passaggi, senza annoiarsi; per la tensione che cresce pian piano, fino a raggiungere il culmine nelle scene finali; per l'interpretazione di tutti gli attori e per la mancanza della retorica patriottica che caratterizza alcuni film americani su argomenti storici.
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Il film si apre con un breve e significativo riassunto delle vicende storiche dell'Iran, che permettono allo spettatore di capire meglio la storia che il film racconterà: nel 1979 sei cittadini americani, durante la crisi degli ostaggi in Iran, fuggono nell'ambasciata canadese, ma si rendono pefettamente conto di non avere più via di fuga. Toni Mendez, un'esfiltratore della CIA, ha il compito di cercare di riportarli in patria e, per farlo, decide di farli spacciare per una troupe cinematografica, che sta facendo sopralluoghi per girare un film, Argo.
Il film si rivela ottimo per la sceneggiatura, che permette allo spettatore di capire tutti i passaggi, senza annoiarsi; per la tensione che cresce pian piano, fino a raggiungere il culmine nelle scene finali; per l'interpretazione di tutti gli attori e per la mancanza della retorica patriottica che caratterizza alcuni film americani su argomenti storici. Il tutto reso dagli occhi estremamente espressivi di Ben Affleck, e da una colonna sonora che accompagna solo le scene più significative del film.
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moulinsky
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domenica 18 novembre 2012
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sotto il toupé niente
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Ben mi sta, che mi sono fatto convincere ad andare a vedere un film di Ben Affleck, chi? quello che ha vinto un Oscar per la sceneggiatura insieme a quell’altro genio ribelle di Matt Damon? oh yes, ben mi sta dicevo perché mi son fatto tirare dentro da un trailer fin troppo ben congegnato (errore doppio, perché la maggior parte dei film andrebbe asciugata in 3 minuti 3, né affermo niente di nuovo se sostengo che i trailer sono la parte migliore del cinema, risparmi tempo almeno, come se ci fosse ahimé qualcosa da fare, di altro dico, nella vita).
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Ben mi sta, che mi sono fatto convincere ad andare a vedere un film di Ben Affleck, chi? quello che ha vinto un Oscar per la sceneggiatura insieme a quell’altro genio ribelle di Matt Damon? oh yes, ben mi sta dicevo perché mi son fatto tirare dentro da un trailer fin troppo ben congegnato (errore doppio, perché la maggior parte dei film andrebbe asciugata in 3 minuti 3, né affermo niente di nuovo se sostengo che i trailer sono la parte migliore del cinema, risparmi tempo almeno, come se ci fosse ahimé qualcosa da fare, di altro dico, nella vita). Il film si sgonfia in meno di dieci minuti, altro che thriller politico mozzafiato!, il tempo di capire che il buon Affleck è quello di sempre, il bellone che presume di avere cervello quando la maggioranza degli uomini col cervello si accontenterebbe di essere Ben Affleck per starsene tutto il giorno a letto con Jennifer Gardner, e la cofana posticcia di capelli anni Settanta non serve a nascondere l’operazione a stelle e strisce travestita da thriller d’autore con gli americani (e i canadesi) da una parte, geniali affabulatori e pure autoironici (“Così tu vieni a Hollywood, fai finta di voler fare il botto, ma senza volerne fare nulla, vero? “Sì”. “Hai scelto il posto giusto”), e i cattivoni col barbone dall’altra pronti a inveire contro l’invasore ma al dunque così ingenui da staccare il lasciapassare in cambio di quattro fumetti dello storyboard. Ma non bastava controllare quanti ingressi c’erano stati in Iran il giorno che era arrivato l’agente della Cia? Gran finale con sventolio di bandiere, ricongiungimento da post crisi matrimoniale e tutti felici: patria, famiglia e libertà. Produce George Clooney, ormai celebrata icona della sinistra americana.
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tatiana micaela truffa
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domenica 18 novembre 2012
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col fiato sospeso dall'inizio alla fine
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Iran, fine anni '70. Gli Stati Uniti si intromettono negli affari interni - al solito per i loro interessi - e, in piena insurrezione del popolo iraniano, accolgono e proteggono lo Scià Mohammad Reza Pahlavi, che il popolo vorrebbe processare e giustiziare.
E qui comincia la tensione, il realismo del film è palpabile e si fatica a star seduti sulla comoda poltrona del cinema. Forse perché la mente corre ad incresciosi - e dolorosamente altrettanto realistici - paragoni col presente europero, ed in particolare italiano, che stiamo vivendo. Certo, qua non c'è un regime dittatoriale così palese, siamo liberi di esprimere la nostra opinione ed addirittura nei mezzi di informazione la satira è libera.
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Iran, fine anni '70. Gli Stati Uniti si intromettono negli affari interni - al solito per i loro interessi - e, in piena insurrezione del popolo iraniano, accolgono e proteggono lo Scià Mohammad Reza Pahlavi, che il popolo vorrebbe processare e giustiziare.
E qui comincia la tensione, il realismo del film è palpabile e si fatica a star seduti sulla comoda poltrona del cinema. Forse perché la mente corre ad incresciosi - e dolorosamente altrettanto realistici - paragoni col presente europero, ed in particolare italiano, che stiamo vivendo. Certo, qua non c'è un regime dittatoriale così palese, siamo liberi di esprimere la nostra opinione ed addirittura nei mezzi di informazione la satira è libera. Tutto ci è concesso, purché continuiamo a pagare i servigi di una vita sontuosa per i nostri politici, mentre il popolo pian piano si riduce alla fame, senza adeguata assistenza sanitaria...
Così era nell'Iran dell'opulente Scià Mohammad Reza Palavi.
La storia si ripete ed insegna, ma gli uomini quasi mai imparano. Ed allora come oggi il popolo insorge con doverosa violenza, ma si ritrova a prendersela con chi ne può di meno.
Nel 1979 i rivoluzionari iraniani fanno irruzione nell'ambasciata Statunitense a Teheran, ed il personale che vi lavora - che trova giusto il tempo di bruciare tutti i documenti più compromettenti, e triturare nel tritacarte tutto il resto, come le identità dei vari componenti - resterà ostaggio per più di 400 giorni.
Certo, saranno giorni lunghissimi e durissimi, tuttavia sotto il costante controllo internazionale, dunque relativamente "sicuri".
Ben più complicata la situazione dei sei americani che durante l'irruzione riescono a scappare, trovando poi rifugio presso l'ambasciata canadese. Presto i rivoluzionari iraniani vengono a conoscenza della loro esistenza, della loro identità, dei loro volti...
Qua entra in scena Tony Mendez, abile ed esperto esfiltratore della CIA (iterpretato da Ben Affleck, che in questo film è anche regista e co-produttore) e la cruda realtà icontra la faraonica farsa del cinema hollywoodiano, dove tutto sembra - e chissà, forse diventa - possibile.
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paraclitus
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sabato 17 novembre 2012
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scarso
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Film deludente. L'idea è interessante, è un fatto vero ed è pieno di aspetti simbolici che potrebbero gettare una luce interpretativa non convenzionale sul clash of civilizations, ma il risultato concreto è la solita scemenza americanoide del cavolo (per quanto qualche flebile spunto di riflessione ci sia ma è totalmente a carico dello spettatore senza il minimo sviluppo da parte del regista).
Ben Affleck ha l'espressività di un merluzzo bollito; ben scelte certe facce tipicamente anni '70 ma questo, ahimé, lo può apprezzare solo chi non è più giovanissimo.
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(di gabrielebaldin)
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zoom e controzoom
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sabato 17 novembre 2012
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brutto film per una bella storia
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Il cinema ha, o dovrebbe avere, delle precise classificazioni per i suoi prodotti – documentario, fiction, triller.. - , ma ora più che mai ci sono delle “mezze vie”, che più che essere contaminazioni, sono dei pasticci piatti e alla fine non hanno ne stile ne carattere e non si capisce a chi sono diretti a quale fruitore.
La storia narrata in “Argo” è tratta da una storia vera, ma di vero – o per lo meno quanto il cinema ci consegna come racconto del vero - oltre al fatto di esserne a conoscenza, per il pubblico qui non c’è nulla.
La suspance che il film vorrebbe riproporre, è modestamente ottenuta con delle tecniche di montaggio oltretutto trite e ritrite e perciò del tutto prevedibili.
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Il cinema ha, o dovrebbe avere, delle precise classificazioni per i suoi prodotti – documentario, fiction, triller.. - , ma ora più che mai ci sono delle “mezze vie”, che più che essere contaminazioni, sono dei pasticci piatti e alla fine non hanno ne stile ne carattere e non si capisce a chi sono diretti a quale fruitore.
La storia narrata in “Argo” è tratta da una storia vera, ma di vero – o per lo meno quanto il cinema ci consegna come racconto del vero - oltre al fatto di esserne a conoscenza, per il pubblico qui non c’è nulla.
La suspance che il film vorrebbe riproporre, è modestamente ottenuta con delle tecniche di montaggio oltretutto trite e ritrite e perciò del tutto prevedibili.
I sentimenti, le emozioni che scuoterebbero qualsiasi persona che si viene a trovare in situazioni così drammatiche, sono solo costruite con frasi anonime e pronunciate senza interpretazioni emotive.
Il regista e attore protagonista Ben Affeck/Tony Mendez, è un campione di inespressività sia degli occhi che del resto del volto. Così è o poco di meglio, per gli altri attori che sono legati in una imbalsamazione perfino quando scappano dall’ambasciata e, per così dire “corrono” verso una probabile salvezza. Unici interpreti che escono da questa immobilità espressiva sono i diplomatici canadesi, la coppia che poi deve scappare per non subire le conseguenze della loro generosità. Altri buoni attori sono i “vecchi” attori, quelli già altrove supercollaudati, gli unici che facciano apprezzare la loro interpretazione : John Goodman, Lester Siegel, Jack O’Donnell, Ken Taylor portandoci all’interno di quello che vuol dire un film.
Anche la sceneggiatura zoppica parecchio e appare addirittura improponibile quando impone i personaggi “ricercati”, tanto spavaldi, sicuri di sé oppure semplicemente sempliciotti incoscienti, quando per interpretare i personaggi del fantomatico film, se ne escono dal rifugio perfettamente riconoscibili, in mezzo alla gente nei vicoli del mercato dove poi logicamente verranno riconosciuti.
Infine il regista che poteva risparmiare quest’ingenuità agli americani, per par condicio poteva risparmiare l’altra ingenuità agli iraniani, ingenuità che li paragona agli indiani d'america che si perdevano dietro agli specchietti che i primi colonizzatori davano loro in cambio di oro e pietre e altre cose preziose, quando vengono regalati loro i disegni dello story-board del fantomatico film.
Ultima chicca, purtroppo in negativo, è il montaggio alternato che avrebbe dovuto create patos alla fine, momento clou in un film del quale si conosce già la soluzione felice. Montaggio che accelera il ritmo, ma oltre a questo non va perché è solo questione di forbici e per giunta male usate.
Brutto film per una bella storia a lieto fine, perché se si fossero solo presi in considerazione gli stati d’animo dei protagonisti, si poteva evitare situazioni violente nel senso fisico dell’immagine e dare una lettura molto reale e drammatica di un fatto di conflitto umano.
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davide chiappetta
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sabato 17 novembre 2012
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big ben
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Terzo film di Ben Affleck che come regista racconta una storia incredibile ma in parte accaduta realmente basata sul contesto della crisi degli ostaggi in Iran .
La storia, un segreto di Stato per quasi 20 anni prima che venisse declassificato da Bill Clinton nel 1997, è ancora più strana della finzione. Argo mostra per la prima volta come avvenne.
Il personaggio del produttore cinematografico Siegel Arkin, interpretato da un grande Arkin senza peli sulla lingua, fornisce umorismo in un film che altrimenti sarebbe facilmente scivolato nel territorio del thriller.
In un certo senso, mentre in primo piano c'è la preoccupazione sulla sorte dei sei sventurati americani, lo sfondo, che in pratica è il sottotesto del film il cuore del racconto, mostra la tecnica di come si fa un film e di come riuscire a rendere credibile una storia agli occhi del pubblico.
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Terzo film di Ben Affleck che come regista racconta una storia incredibile ma in parte accaduta realmente basata sul contesto della crisi degli ostaggi in Iran .
La storia, un segreto di Stato per quasi 20 anni prima che venisse declassificato da Bill Clinton nel 1997, è ancora più strana della finzione. Argo mostra per la prima volta come avvenne.
Il personaggio del produttore cinematografico Siegel Arkin, interpretato da un grande Arkin senza peli sulla lingua, fornisce umorismo in un film che altrimenti sarebbe facilmente scivolato nel territorio del thriller.
In un certo senso, mentre in primo piano c'è la preoccupazione sulla sorte dei sei sventurati americani, lo sfondo, che in pratica è il sottotesto del film il cuore del racconto, mostra la tecnica di come si fa un film e di come riuscire a rendere credibile una storia agli occhi del pubblico.
In genere i film che trattano sul 'colpo da fare' in particolare i film che combinano commedia con azione o commedia con thriller sono notoriamente difficile da tirare fuori, visto che generalmente un genere soffoca l'altro. Inoltre sappiamo fin troppo bene che dopo il fatidico 11 settembre i film di Hollywood che parlano di politche attuali spesso generano poco interesse e come risultato hanno un accoglienza tiepida al box-office. Ma Affleck e lo sceneggiatore Chris Terrio superano questi problemi con brio. Come attore, Affleck si è reso colpevole di alcune pigre prestazioni nei film precedenti da lui interpretati che lo facevano sembrare goffo e poco intelligente. Tuttavia, con la sua terza opera dietro la macchina da presa come ha fatto con l'ottimo 'Gone Baby Gone' e 'The Town' egli dimostra di essere il più talentuoso attore-regista assieme a Clint Eastwood.
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archipic
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sabato 17 novembre 2012
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quando il cinema si fa cronaca
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Ben Affleck ci sorprende realizzando una pellicola di ottima fattura che narra la storia vera di un gruppo di americani portati fuori, con uno stratagemma, dall'inferno di Teheran del 1979 allo scoppio della rivoluzione islamica. La storia somiglia molto a quella narrata da Ken Follett nel suo Sulle ali delle aquile; in effetti allo scoppio della rivoluzione erano molti gli americani da far evacuare dall'Iran con problematiche simili e soluzioni diverse da escogitare. Molto apprezzabile l'aver voluto evitare il facile americanismo dell'eroe nazional-popolare di certi altri film; il personaggio di Ben è, invece, molto credibile e trattato in modo molto semplice, senza nessuna amplificazione se non il lavoro e la missione da compiere nel migliore dei modi.
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Ben Affleck ci sorprende realizzando una pellicola di ottima fattura che narra la storia vera di un gruppo di americani portati fuori, con uno stratagemma, dall'inferno di Teheran del 1979 allo scoppio della rivoluzione islamica. La storia somiglia molto a quella narrata da Ken Follett nel suo Sulle ali delle aquile; in effetti allo scoppio della rivoluzione erano molti gli americani da far evacuare dall'Iran con problematiche simili e soluzioni diverse da escogitare. Molto apprezzabile l'aver voluto evitare il facile americanismo dell'eroe nazional-popolare di certi altri film; il personaggio di Ben è, invece, molto credibile e trattato in modo molto semplice, senza nessuna amplificazione se non il lavoro e la missione da compiere nel migliore dei modi. La sceneggiatura è molto fluida e segue senza eccessivi virtuosismi lo scorrere degli avvenimenti. Il montaggio rende un ottimo ritmo alla narrazione che, senza eccessive pause, scorre con gradevole velocità. La regia, poi, confeziona il tutto con sapienti scene di massa, un uso intelligente della stedycam e un cast di attori molto bravi e incredibilmente somiglianti ai veri personaggi della storia. Su tutti, oltre ad un ottimo Affleck, segnalo la bravura e la simpatia del duo Goodman-Arkin: fantastici. Il prodotto finale è un film molto bello che tiene avvinti e coinvolge lo spettatore negli eventi che segnarono quell'epoca. Un pathos costante attraversa l'intera durata della pellicola; la sensazione di incertezza, il pericolo della fuga, la possibilità di tradimenti, le paure dei fuggitivi ed il loro coraggio, creano un filo invisibile che raggiunge le poltrone del cinema legando a sè la platea. Si esce dalla sala con l'emozione degli avvenimenti seguiti e con la consapevolezza di aver imparato qualcosa che appartiene ormai alla storia. E se il cinema riesce a far questo, direi che ha raggiunto il suo scopo.
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shanks
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venerdì 16 novembre 2012
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galeotto fu lo storyboard
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Forse per capire appieno il nuovo lavoro di un regista ormai affermato e consolidato solo da ottime prove sarebbe meglio documentarsi, studiare quello che fu un azzardo e che la classificazione top secret ci negò per decenni, rivedere gli scenari politici e sociali del tempo; sicuramente per goderne totalmente la moltitudine di dettagli che vi sono in esso basta rilassarsi sulla poltrona. Ben Affleck rivela una storia politica e difficile, quasi scomoda.
Una crisi internazionale fra gli Stati Uniti e l'Iran, avvia una campagna di odio che sfocia gradino dopo gradino nella più aspra intolleranza tra popoli ed etnie diverse. In tutto questo, sei persone scappano dall'ambasciata americana sita in Teheran, costrette a nascondersi da morte certa.
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Forse per capire appieno il nuovo lavoro di un regista ormai affermato e consolidato solo da ottime prove sarebbe meglio documentarsi, studiare quello che fu un azzardo e che la classificazione top secret ci negò per decenni, rivedere gli scenari politici e sociali del tempo; sicuramente per goderne totalmente la moltitudine di dettagli che vi sono in esso basta rilassarsi sulla poltrona. Ben Affleck rivela una storia politica e difficile, quasi scomoda.
Una crisi internazionale fra gli Stati Uniti e l'Iran, avvia una campagna di odio che sfocia gradino dopo gradino nella più aspra intolleranza tra popoli ed etnie diverse. In tutto questo, sei persone scappano dall'ambasciata americana sita in Teheran, costrette a nascondersi da morte certa. Da qui l'idea assurda, del miglior esfiltratore della C.I.A., Tony Mendez impersonato da Affleck, il quale costruisce, con l'aiuto di veri personaggi cinematografici, un finto film da girare nella tana del lupo, in modo da reclutare i fuggitivi in gran segreto e riportarli in madre patria.
Teso, accattivante, Argo è ideato con gran cognizione di causa; ogni dettaglio è al posto giusto, ogni personaggio studiato meticolosamente. La pellicola riprende quello stile elegantemente anni 70 di cui Redford diventò un caposaldo del genere e quell'umanità che il tempo ergerà Eastwood a poeta della settima arte.
Sorprende la disinvoltura con cui è descritta l'intelligence americana: nei corridoi cosi seriosi dei palazzi di Langley infatti, chi ci lavora è disegnato come un uomo con tutte le debolezze del caso, dipingendo l'intero luogo di lavoro come un posto qualunque. Ma sorprende più di tutto la volontà di far conoscere una vicenda spinosa, nella quale in fondo gli States non ne escono ne vincitori ne simpatici. Aggiungono pepe un Alan Arkin da applausi, una infinita scena in aeroporto (al cardiopalma) e maestosi titoli di coda.
Gone Affleck gone!
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conrad landt
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venerdì 16 novembre 2012
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la sorpresa di questa stagione
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Premessa: io ricordo ma, come tutto il mondo, non sapevo. All'annuncio del primo ministro canadese di aver proceduto all'espatrio/ liberazione dei sei impiegati americani rifugiatisi a casa dell'ambasciatore canadese a seguito dell'insurrezione guidata da Khomeini a Teheran, il pensiero fu: americani, imparate dai canadesi!.
Ricordo ancora la definizione di Carter "palle moscie".
Il film, anche a seguito della desecretazione su come andarono effettivamente le cose, rende giustizia all'operato della CIA con i propri agenti.
Il racconto è lucido, intimamente coerente e poco incline a deformazioni dovute ad esigenze di botteghino.
Su quell'aereo della Swiss Air che riporta a casa il protagonista Tony Mendez/Ben Affleck ed i sei impiegati dell'ambasciata, salgono tutti gli spettatori tirando un sospiro di sollievo quando l'aereo si alza in volo.
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Premessa: io ricordo ma, come tutto il mondo, non sapevo. All'annuncio del primo ministro canadese di aver proceduto all'espatrio/ liberazione dei sei impiegati americani rifugiatisi a casa dell'ambasciatore canadese a seguito dell'insurrezione guidata da Khomeini a Teheran, il pensiero fu: americani, imparate dai canadesi!.
Ricordo ancora la definizione di Carter "palle moscie".
Il film, anche a seguito della desecretazione su come andarono effettivamente le cose, rende giustizia all'operato della CIA con i propri agenti.
Il racconto è lucido, intimamente coerente e poco incline a deformazioni dovute ad esigenze di botteghino.
Su quell'aereo della Swiss Air che riporta a casa il protagonista Tony Mendez/Ben Affleck ed i sei impiegati dell'ambasciata, salgono tutti gli spettatori tirando un sospiro di sollievo quando l'aereo si alza in volo.
La trama regge per tutti i 110 minuti e la ricostruzione è precisa, logica e rifugge da facili cliches.
Si segnala poi la ricostruzione maniacale dell'epoca: si guarda, si respira e si ode tutto quello e solo quello che apparteneva al periodo 1979 - 1981.
Complimenti al sig. Affleck: da mediocre attore ad ottimo regista.
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