La recensione ***
Al contrario di quanto ci hanno raccontato decine e decine di libri, gli assassini più efferati non abitano in grandi metropoli, ma in piccole città della provincia, dove non c’è azione, ma solo la noia e l’attesa snervante dello scontro contro il prossimo (il matto della città, coppie troppo litigiose, qualche teppista e via discorrendo), che però può diventare il momento liberatorio di tutte le pulsioni di morte di un killer. L’aveva capito e raccontato perfettamente Bloch nel suo “Psycho”, dove il proprietario di un motel, Norman Bates, non aspetta altro che l’arrivo di qualche bella donna da accoltellare, e lo aveva capito altrettanto bene Jim Thompson, che aveva accettato (e vinto) la scommessa di scrivere un efferato romanzo sadico nel pieno degli Anni Cinquanta. Thompson racconta la storia del vicesceriffo Ford (personaggio convincente), relegato in una piccola cittadina del Texas e lì costretto a subire la quotidianità dei suoi abitanti dove, dopo anni di attesa, riesce a ritrovare “quell’assassino che è dentro di lui” grazie alla furba prostituta Joyce. Il senso di spaesamento e di inutilità sovrastati dal sadismo da brivido di Ford (che nel suo passato nasconde una psiche efferata e irrefrenabile tale da avergli bruciato tutta l’adolescenza) fanno di questo libro un piccolo cult da non trascurare.

In sintesi
Joyce è la miccia sexy che sta consumando la vita e la razionalità del vicesceriffo Lou Ford. Ma quello che Joyce non sospetta è che l’uomo che ha di fronte non sia un uomo qualsiasi. Lou Ford nel suo passato nasconde il sangue, la passione per l’omicidio, la frenesia per la morte altrui. E quando lei lo convince a portare avanti un piano diabolico puramente creato per spillare soldi, tutto scivola in un magistrale affresco di follia che sembra non potersi placare.

L’autore
James Myers Thompson, meglio conosciuto solo come Jim Thompson, nasce ad Anadarko il 27 settembre 1906, figlio di una casalinga e di uno sceriffo che faceva rispettare la legge nel paesino di Caddo County, in Oklahoma. L’uomo venne poi costretto a lasciare il suo lavoro per motivi psicologici e la famiglia Thompson dovette trasferirsi in Texas. A soli dieci anni, capisce già che la sua fortuna sta nella scrittura e, precocemente, riesce persino a farsi pubblicare qualche racconto dai giornali locali. Arrivano gli anni del proibizionismo, lui non è più un bambino, ma un adolescente: la mattina va al liceo, la notte lavora in un hotel, dove ne vede veramente di tutti i colori: traffico di alcol, eroina, marijuana. Ne fa uso anche lui, almeno fino a un crollo nervoso a soli 19 anni. A quel punto, diventa operaio, ma la voglia di scrivere anche qui ha la meglio e decide di farlo professionalmente e con serietà. Si iscrive alla University of Nebraska, ma poi lascia dopo pochi mesi. Si sposa (con Alberta Hesse) e va a vivere nel Kansas. È un matrimonio che i genitori di Jim detestano, sebbene la coppia li faccia diventare nonni di tre bambini (uno morirà nel 1932). Si appassiona ai polizieschi, le sue opere vengono pubblicate da magazine e pubblica la sua autobiografia. È l’inizio della sua carriera come scrittore di noir. Scrive più di trenta libri, dalla fine degli Anni Quaranta alla metà dei Cinquanta. Molto poco apprezzato quando era in vita, lavora anche come sceneggiatore, stringendo amicizia con Stanley Kubrick che collaborerà con lui negli scripts di Orizzonti di gloria e Spartacus. Morirà a Hollywood il 7 aprile 1977 e, negli Anni Ottanta, verrà rivalutato quando la Black Lizard deciderà di rieditare tutti i suoi romanzi. È l’autore di: “L’assassino che è in me” (1952); “L’altra donna” (1954); “È già buio, dolcezza” (1955); “Getaway” (1959); “Rischiose abitudini” (1963); e “Colpo di spugna” (1964).

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