laulilla
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domenica 6 dicembre 2009
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l'incertezza, vera condizione dell'uomo
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Il film invita a riflettere su alcuni interrogativi ai quali tutti gli uomini, in tutti i tempi, hanno cercato di dare risposta, attraverso le religioni, attraverso le filosofie morali, ma anche attraverso la pretesa di ricondurli ad una spiegazione razionale. Qual é il senso del nostro esistere? Il bene e il male in che modo sono distinguibili? La scienza è in grado di migliorare davvero la nostra esistenza?
Il protagonista, Larry, è un serio e impegnato insegnante di fisica della provincia americana, sul cui futuro professionale sembrano aleggiare le oscure minacce di alcune lettere anonime. Le laboriose dimostrazioni matematiche dei fenomeni fisici vengono ascoltate da studenti sonnecchianti, uno dei quali, gli dice apertamente di ritenere la fisica pura descrizione di fenomeni e, in quanto tale del tutto separabile dalla matematica.
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Il film invita a riflettere su alcuni interrogativi ai quali tutti gli uomini, in tutti i tempi, hanno cercato di dare risposta, attraverso le religioni, attraverso le filosofie morali, ma anche attraverso la pretesa di ricondurli ad una spiegazione razionale. Qual é il senso del nostro esistere? Il bene e il male in che modo sono distinguibili? La scienza è in grado di migliorare davvero la nostra esistenza?
Il protagonista, Larry, è un serio e impegnato insegnante di fisica della provincia americana, sul cui futuro professionale sembrano aleggiare le oscure minacce di alcune lettere anonime. Le laboriose dimostrazioni matematiche dei fenomeni fisici vengono ascoltate da studenti sonnecchianti, uno dei quali, gli dice apertamente di ritenere la fisica pura descrizione di fenomeni e, in quanto tale del tutto separabile dalla matematica. Nella matematica, invece, secondo Larry, è la spiegazione dei fenomeni stessi, ma al termine dei suoi astrusi calcoli il principio di indeterminazione si imporrà, quasi a dimostrare l'inutilità della costruzione razionale così attentamente perseguita. D'altra parte è la vita stessa che si incarica di contraddire la serietà dell'impegno di Larry: le sciagure si accumulano su di lui, incolpevole e incapace di fare il male. La sua famiglia non sta insieme, i suoi parenti lo mettono nei guai e, nel momento in cui egli si rivolge ai rabbini, cioè all'autorità religiosa, ne ricava risposte banali che non riescono a indicargli il senso e la direzione di una vita, ormai priva di bussola.
Quando, per una serie di eventi fortuiti, tutti i guai di Larry sembrano risolversi, alcuni inquietanti segnali esterni, lo ripiomberanno nell'incertezza del futuro e della sua stessa vita: l'indeterminazione sembra essere dunque la cifra non solo dei fenomeni fisici, ma anche dell'esistere.
In questa incertezza di ogni riferimento, perde valore anche il sistema morale fondato sulla distinzione fra il bene e il male, perché spesso, ciò che Larry ritiene un bene, si rivela deleterio, mentre ciò che ritiene un male si rivela utile e necessario a risolvere i problemi non suoi, ma di chi ha più di lui necessità di soccorso e di aiuto:
Questa è la logica anche del prologo del film, in cui i protagonisti, che riappariranno nel film vero e proprio, con ruoli diversi e forse più complessi, interpretano una vicenda apparentemente più oscura, ma che costituisce una specie di falsariga della storia che seguirà, e che si conclude anch'essa con l'indeterminabilità del vero e del falso, del bene e del male. Chi è il "Dibuk"? E' davvero morto o è vivo? La donna che lo ha colpito ha fatto bene o male?
Quello che rimane impresso del film è il linguaggio lieve col quale le domande metafisiche diventano racconto intelligentemente ironico e incalzante, che tiene sveglia la mente dello spettatore, ma parla anche al suo cuore, sollecitando una pietosa compassione di Larry e di se stesso.
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olgadik
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martedì 8 dicembre 2009
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coen disperati
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Ma cosa è accaduto ai fratello Coen? Critici illustri hanno decretato che tutto è al suo posto, come al solito: la satira, l’ironia, il tragicomico e la cifra complessiva dei due autori. Io che non sono un critico e tanto meno illustre, posso permettermi quindi un’opinione divergente. Ho trovato A serisous man un film tragico e direi disperato, percorso da una vena di cupo pessimismo. Questo non esclude qualche battuta di genio o la caratterizzazione comica di personaggi minori che sembrano figurine di un moderno cartoon capitate lì per sbaglio. Ma nella sostanza il significato dell’opera è che l’uomo è solo, che gli Ebrei lo sono in particolare, che la religione può opprimere senza risolvere nessuno di quei problemi neanche sul piano teorico, che Dio è lontano e che ben presto qualche catastrofe spazzerà via l’America se non il mondo, ebrei di Minneapolis compresi e soprattutto.
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Ma cosa è accaduto ai fratello Coen? Critici illustri hanno decretato che tutto è al suo posto, come al solito: la satira, l’ironia, il tragicomico e la cifra complessiva dei due autori. Io che non sono un critico e tanto meno illustre, posso permettermi quindi un’opinione divergente. Ho trovato A serisous man un film tragico e direi disperato, percorso da una vena di cupo pessimismo. Questo non esclude qualche battuta di genio o la caratterizzazione comica di personaggi minori che sembrano figurine di un moderno cartoon capitate lì per sbaglio. Ma nella sostanza il significato dell’opera è che l’uomo è solo, che gli Ebrei lo sono in particolare, che la religione può opprimere senza risolvere nessuno di quei problemi neanche sul piano teorico, che Dio è lontano e che ben presto qualche catastrofe spazzerà via l’America se non il mondo, ebrei di Minneapolis compresi e soprattutto. Ciò si ricava chiaramente dalla metafora finale del film, costituita da una terribile tromba d’aria in arrivo che sta per portarsi via tutti i protagonisti, bandiera americana per prima. Perciò l’ineluttabile maledizione divina implicita nel prologo, ambientato in tutt’altro luogo e tempo, sembra percorrere i secoli per abbattersi sul personaggio principale. Al centro del racconto c’è infatti un uomo probo, onesto e non violento, destinato quindi nelle nostre società occidentali ad essere un perdente. Tutti o quasi si prendono gioco di lui, a cominciare dai figli adolescenti a finire ai tre rabbini, sempre più in alto nella scala gerarchica che il protagonista consulta. Se si aspettava qualche consiglio umano da costoro il nostro deve ricredersi: niente altro che cinismo o un “chissà” dai tre sapientoni. Il fatto è che sul malcapitato si stanno abbattendo situazione problematiche di ogni tipo, che lo interessano da vicinissimo o di striscio ma comunque negative. La semplicità con cui ciascuno dovrebbe accogliere ciò che gli capita, come suggerisce un detto nel prologo, si infrangerà del tutto all’annuncio del cancro che l’ha colpito, datogli dal medico. Subito dopo si colloca la sequenza finale , di cui ho detto sopra, con una inequivocabile forza simbolica. Sugli attori scelti con cura maniacale, attenta ai tic e quasi alle pieghe del viso e al numero dei peli sul volto, specialmente nella galleria di personaggi minori, tutti connotati alla perfezione, niente da dire. Non avrei però mai pensato che un film dei Coen potesse essere così angoscioso, poiché al fondo si sente come un brontolio sordo di tempesta (al di là dei sorrisi parsi qua e là) che ha il lugubre e tetro andamento dei canti e della cerimonia del bar-mitzvah del figlio del protagonista.
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gropius
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domenica 3 gennaio 2010
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nonostante i buoni propositi è stata una noia
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Non basta chiamarsi Coen per confezionare sempre ottimi film.Se codesto film fosse stato l'opera prima di un regista emergente non credo proprio che egli avrebbe riscosso consensi unanimi di critica.Probabilmente attraverso questo film i fratelli Coen hanno voluto raccontare ,riferendosi anche al mondo ebraico stereotipato,dell'impossibilità di prevedere e di dare spiegazioni rassicuranti agli eventi che in modo del tutto probabilistico si susseguono nella vita delle persone;riferimenti alla cabala,alla fisica quantistica,ad un pessimismo latente che avvolge la pellicola ed in particolare il protagonista del film che incarna l'uomo medio americano,il quale corroso dalla noia di una vita abulica comunque cerca sempre di reagire nonostante una serie grottesca di eventi sfortunati lo colpiscano ripetutamente fino ad isolarlo da un contesto speranzoso e di rassicurante prevedibilità.
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Non basta chiamarsi Coen per confezionare sempre ottimi film.Se codesto film fosse stato l'opera prima di un regista emergente non credo proprio che egli avrebbe riscosso consensi unanimi di critica.Probabilmente attraverso questo film i fratelli Coen hanno voluto raccontare ,riferendosi anche al mondo ebraico stereotipato,dell'impossibilità di prevedere e di dare spiegazioni rassicuranti agli eventi che in modo del tutto probabilistico si susseguono nella vita delle persone;riferimenti alla cabala,alla fisica quantistica,ad un pessimismo latente che avvolge la pellicola ed in particolare il protagonista del film che incarna l'uomo medio americano,il quale corroso dalla noia di una vita abulica comunque cerca sempre di reagire nonostante una serie grottesca di eventi sfortunati lo colpiscano ripetutamente fino ad isolarlo da un contesto speranzoso e di rassicurante prevedibilità.I dialoghi ogni tanto strappano qualche risata condita di humor nero ma per il resto,pur dotandosi di una sagace ed esperta regia,il film,dal ritmo molto molto lento, non decolla e in sala col trascorrere del tempo veniamo un pò tutti avvolti da un clima di pessimismo soporifero..manifestatosi coi primi sbadigli e con i primi polsi roteanti delle braccia con lo scopo di indicarci l'ora...ad indicarci ke forse era meglio fare un'altra cosa quella sera..Probabilmente i fratelli Coen facendo questo film hanno sentito il bisogno di comunicare un qualcosa di personale latente in loro stessi per colmare un'esigenza personale piuttosto che soddisfare una necessità dello spettatore priva appunto di ogni logica.
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[+] come il silenzio dello psicanalista
(di anna ferrari)
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[+] sopravvalutati
(di fabruss)
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(di the84damy)
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paola di giuseppe
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lunedì 14 dicembre 2009
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uno shlemiel in america
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Lawrence (Larry) Gopnik è uno shlemiel, cioè “colui che non capisce”, figura suggestiva e inderogabile della cultura ebraica, l’uomo contro il quale la vita si rivolta sempre,spiazzato dagli eventi, eppure probo e onesto, timorato di Dio e ligio ai suoi doveri, dunque non capisce come e perché accada, ma procede tragicomico nella sua impotenza.
The Universal Jewish Encyclopedia lo definisce “persona che gestisce una situazione nella peggior maniera possibile o che è perseguitata da una malasorte più o meno dovuta alla sua stessa inettitudine”.
Professore di fisica in attesa di ruolo,vive nell’America anni ’60 delle linde casette in fotocopia, dei vicini che ti amareggiano la vita già sull’uscio di casa, delle vicine trasgressive ma che più che nei sogni non c’è speranza, alle prese con due figli adolescenti da manuale del fallimento dei modelli educativi avanzati, una moglie che con perentoria compostezza e adeguato distacco gli comunica che tale Simon è entrato nella sua vita e che quindi ne dovrà uscire lui, c’è un comodo motel con piscina (vuota) in cui trasferirsi; non manca un fratello, Arthur, che oltre ad invadergli casa, bagno e divano, si dedica al calcolo delle probabilità e gioca, quando non si fa pescare dalla polizia in situazioni a dir poco eccentriche.
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Lawrence (Larry) Gopnik è uno shlemiel, cioè “colui che non capisce”, figura suggestiva e inderogabile della cultura ebraica, l’uomo contro il quale la vita si rivolta sempre,spiazzato dagli eventi, eppure probo e onesto, timorato di Dio e ligio ai suoi doveri, dunque non capisce come e perché accada, ma procede tragicomico nella sua impotenza.
The Universal Jewish Encyclopedia lo definisce “persona che gestisce una situazione nella peggior maniera possibile o che è perseguitata da una malasorte più o meno dovuta alla sua stessa inettitudine”.
Professore di fisica in attesa di ruolo,vive nell’America anni ’60 delle linde casette in fotocopia, dei vicini che ti amareggiano la vita già sull’uscio di casa, delle vicine trasgressive ma che più che nei sogni non c’è speranza, alle prese con due figli adolescenti da manuale del fallimento dei modelli educativi avanzati, una moglie che con perentoria compostezza e adeguato distacco gli comunica che tale Simon è entrato nella sua vita e che quindi ne dovrà uscire lui, c’è un comodo motel con piscina (vuota) in cui trasferirsi; non manca un fratello, Arthur, che oltre ad invadergli casa, bagno e divano, si dedica al calcolo delle probabilità e gioca, quando non si fa pescare dalla polizia in situazioni a dir poco eccentriche.
Come se ciò non bastasse, il direttore della scuola si appoggia mellifluo, conciliante e obliquo allo stipite della porta del suo ufficio per dirgli mezze frasi a proposito di lettere anonime contro di lui, ma, per carità, non influiranno sul passaggio in ruolo, che però è ancora da ratificare.
Corollari non mancano e si susseguono a ripetizione, eppure Larry fa sempre tutto per bene, cos’è che non va, perché accade? Ah, questo non è dato saperlo, solo Hashem conosce il mistero del suo disegno imperscrutabile, i tre rabbini possono cofermarglielo ed è ciò che, appunto, fanno (almeno i primi due, visto che il terzo, quello più importante, è occupato a pensare e non può riceverlo).
Ricevi con semplicità ciò che ti accade è la didascalia iniziale che, con il breve flash back di apertura sullo shtetl polacco di altri tempi dove arriva un’anima posseduta (dybbuk) e scorrono sottotitoli a tradurre dall’ yiddish una parabola uscita pari pari dai racconti di Singer, segna la connotazione perentoriamente ebraica del film, ma questo Giobbe del Mid West è quanto di più lontano possiamo immaginare dai modelli talmudici ortodossi, lo struggente Mendel Singer del mitteleuropeo Joseph Roth, (“il suo sonno era senza sogni e la sua anima casta”) è abilmente fatto dimenticare dai due fratelli di Minneapolis.
Larry non griderebbe mai, come Mendel "Dio voglio bruciare .. Dio è crudele, e più gli si ubbidisce, più ci tratta con severità .. Solo i deboli ama annientare. La debolezza di un uomo eccita la sua forza e l'ubbidienza risveglia la sua ira .."
Larry è tutti noi, cosa c’è di diverso? Forse il libero arbitrio?
Per questo Larry omologato vale quello che scrive Magris “l’ebreo si è dissimulato in tutte le figure della società moderna, ha disgregato tutti i tratti del suo essere, ha assunto tutti gli atteggiamenti dei popoli presso i quali si è trovato a vivere, fino a relegare in un angolo della propria coscienza la sua effettiva, reale personalità [...] l’assimilazione ha già fatto della nevrosi la permanente condizione psicologica degli ebrei.”
Che poi è la nostra, e le ragioni di tutto nel grembo dei celesti riposano.
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dogen
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lunedì 7 dicembre 2009
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i coen sparano a salve
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I fratelli Coen ci hanno abituato alla mancanza di punti fermi nella loro produzione, quindi è con la dovuta apertura che approciamo a questo nuovo lavoro. Eppure qui, lo devo dire, il cambio non aggiunge nulla. Hanno toppato.
Questo è il film più noioso, più monotono, meno divertente e... più personale (forse proprio per questo a noi poco accessibile) che abbiano mai fatto.
Ho visto gente che non si limitava a cadere addormentata, ma che cercava di addormentarsi, per accorciare l’agonia.
Chi lo accosta ad Allen per lo humor ebraico, chi parla del film più ironico... Mah, sostanzialmente non accade nulla (che non è necessariamente un male, vedi "Il grande Leboswky", ma qui...). Il destino si accanisce contro l’uomo medio d’America, gli stringe le maglie attorno fino a fargli il vuoto intorno, stimolando in lui stress e ricerca di conforto, senza che lui sappia essere altro che "un uomo serio".
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I fratelli Coen ci hanno abituato alla mancanza di punti fermi nella loro produzione, quindi è con la dovuta apertura che approciamo a questo nuovo lavoro. Eppure qui, lo devo dire, il cambio non aggiunge nulla. Hanno toppato.
Questo è il film più noioso, più monotono, meno divertente e... più personale (forse proprio per questo a noi poco accessibile) che abbiano mai fatto.
Ho visto gente che non si limitava a cadere addormentata, ma che cercava di addormentarsi, per accorciare l’agonia.
Chi lo accosta ad Allen per lo humor ebraico, chi parla del film più ironico... Mah, sostanzialmente non accade nulla (che non è necessariamente un male, vedi "Il grande Leboswky", ma qui...). Il destino si accanisce contro l’uomo medio d’America, gli stringe le maglie attorno fino a fargli il vuoto intorno, stimolando in lui stress e ricerca di conforto, senza che lui sappia essere altro che "un uomo serio".
Alla dottrina ebraica, imperante e prinipale responsabile degli sbadigli, il nostro uomo si rivolge in cerca di aiuto, ma essa non sa suggerire soluzioni alle sue sventure. L’uomo serio qui è sempre più un uomo solo.
Potrei dilungarmi sulla trama, sui personaggi (comunque perfettamente coeniani), sulle situazioni grottesche, ma per questo film non avrebbe senso, poiché è l’insieme che fallisce.
Difficile capire cosa avessero in mente i registi di Minneapolis. Forse il fatto che tutto ciò che vediamo è maledettamente familiare per loro, non li ha fatti realizzare che non lo è assolutamente per tutto il resto del mondo. Noi ci proviamo a seguirli ovunque, ma qui usciamo dalla sala, oltreché allibiti, anche tremendamente stanchi.
Nella carriera di ogni genio c’è almeno un lavoro incompreso, anche dai più appassionati estimatori. Forse questi autori hanno l’esigenza di esprimere anche cose personali, senza tener sempre conto di chi fruirà l’opera. Forse la necessità di essere se stessi oltre ogni compromesso li porta a volte a non essere accessibili. Io so che per quello che mi hanno mostrato con la loro arte, gli concedo anche di deludermi.
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elena flauto
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domenica 6 dicembre 2009
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i coen raccontano la verità della vita
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Dopo L'uomo che non c'era , ecco l'uomo che non ha mai fatto niente. Larry è un professore di matematica che non ha scritto nessun saggio , ma attende una promozione. E' un moralista che non ha mai peccato, ma che accusano con lettere anonime. E' un uomo serio, un marito fedele , ma quando il caos entra nella sua vita lo precipita in un buco nero. Non serve domandarsi il senso di tutto, non ci sono risposte. Ne da parte dei rabbini , ne da parte di Dio , e neanche la matematica , che unica ci può spiegare la relatività di tutto , gli viene in aiuto. La ruota del destino, il cerchio della vita , che simbolicamente i Coen , da Mister Hula Hop a L'uomo che non c'era , fanno ruotare metafisicamente attraverso oggetti del quotidiano, qui è simboleggiata dal cerchio dell'auricolare del figlio di Larry, che apre il film dopo il prologo e sembra lo chiuda nel finale.
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Dopo L'uomo che non c'era , ecco l'uomo che non ha mai fatto niente. Larry è un professore di matematica che non ha scritto nessun saggio , ma attende una promozione. E' un moralista che non ha mai peccato, ma che accusano con lettere anonime. E' un uomo serio, un marito fedele , ma quando il caos entra nella sua vita lo precipita in un buco nero. Non serve domandarsi il senso di tutto, non ci sono risposte. Ne da parte dei rabbini , ne da parte di Dio , e neanche la matematica , che unica ci può spiegare la relatività di tutto , gli viene in aiuto. La ruota del destino, il cerchio della vita , che simbolicamente i Coen , da Mister Hula Hop a L'uomo che non c'era , fanno ruotare metafisicamente attraverso oggetti del quotidiano, qui è simboleggiata dal cerchio dell'auricolare del figlio di Larry, che apre il film dopo il prologo e sembra lo chiuda nel finale.
Larry come Lebosky si fa trascinare dagli eventi e rimane in apnea per tutto il film. Quando riprende respiro e pare che tutto finalmente torni a ruotare per il meglio, Dio chiede il sacrificio, come con Giobbe sulla montagna, rappresentato nel quadro appeso nella stanza del grande rabbino.
I Coen riescono a farci sorridere per tutto il film , ma ci lasciano con l'amaro in bocca.
Davvero quando speriamo in un piatto di minestra e in un pò di caldo, rischiamo di venire uccisi da false verità?
Benvengano comunque i fratelli Coen che usano la loro arte per raccontarci con verità la vita.
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[+] speriamo non sia tutta così...la vita
(di joker79)
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[+] è questione di prospettive...
(di elisa c.)
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clavius
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sabato 12 dicembre 2009
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accetta il mistero
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"A serious man". Un uomo serio. Un professore di fisica convinto di poter spiegare i fenomeni naturali attraverso il rapporto tra i numeri. Un padre che ignora le pulsioni sregolate e irrefrenabili dei due figli. Un marito che non sa giustificare nè contrastare il tradimento della moglie. Un uomo combattuto di fronte alle lusinghe del denaro o del sesso ammiccante di una vicina disinibita. Un cittadino che per pudore, unitamente ad una certa dose di codardia, non sa far rispettare i diritti più elementari. Un fratello la cui inettitudine travestita da pietà accetta ogni sorta di umiliazione. Accade di tutto nella vita dell'uomo serio Larry. Anche che nella sua vana ricerca della verità si imbatta in tre rabbini che non danno risposte esaustive, pur essendo convinti di averne.
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"A serious man". Un uomo serio. Un professore di fisica convinto di poter spiegare i fenomeni naturali attraverso il rapporto tra i numeri. Un padre che ignora le pulsioni sregolate e irrefrenabili dei due figli. Un marito che non sa giustificare nè contrastare il tradimento della moglie. Un uomo combattuto di fronte alle lusinghe del denaro o del sesso ammiccante di una vicina disinibita. Un cittadino che per pudore, unitamente ad una certa dose di codardia, non sa far rispettare i diritti più elementari. Un fratello la cui inettitudine travestita da pietà accetta ogni sorta di umiliazione. Accade di tutto nella vita dell'uomo serio Larry. Anche che nella sua vana ricerca della verità si imbatta in tre rabbini che non danno risposte esaustive, pur essendo convinti di averne. Pur pontificando con sprezzante ironia sull'aldilà durante il rito del bar mitzvah.
Insomma in questo film i Coen sembrano voler fare i conti proprio con tutto. Perfettamente consapevoli delle assurdità della vita, delle sue svolte improvvise, dei progetti mancati, delle regole disattese, delle colpe e delle pene, danno vita ad un affresco grottesco bellissimo ed imprevedibile. In un universo di sfavillanti domande senza risposte, prende corpo la storia di un uomo qualsiasi. Uno come noi chiamato a muoversi nella Storia senza il benchè minimo punto di riferimento. Immerso nel buio della notte non trova certezze nè nella ragione (che lo conduce irrimediabilmente al principio di indeterminazione), nè nella fede gravida di simboli incomprensibili e parole svuotate. Così non trova di meglio che restare immobile mentre tutto attorno a lui vorticosamente gira in attesa di un segno che se anche ci fosse sarebbe indecifrabile. Mentre il destino coi suoi tiri mancini lo beffa continuamente. Nonostante il registro sia sostanzialmente da commedia, un cupo pessimismo ammanta tutta la pellicola a partire dallo splendido prologo dove domina l'incertezza, fino all'ambiguo epilogo foriero di presagi nafasti.
Il mondo desacralizzato qui descritto non ha strumenti per ascoltare l'eventuale voce di Dio, col quale si pretende per altro di comunicare attraverso una lingua incomprensibile come quella insegnata nella scuola ebraica. Lingua che finisce con l'essere annichilita dalla vertiginosa voce di Grace Slick, mille volte più seducente di un passo della torah cantilenato ed indecifrabile. Voce così suadente da far breccia nella testa di un vecchio rabbino che non riesce ad esimersi dal citare i versi della sua canzone più nota come fossero una benedizione.
Ma se la ricerca di Dio non da i frutti sperati, non è negli uomini che si trova la soluzione alle questioni. Traditi negli affetti più cari, disillusi dalla ragione, beffati dal destino, non resta che accettare il mistero. Il mistero di un'esistenza incerta, breve e che non dipende da noi. Giobbe docet.
Il film gode di una sceneggiatura praticamente perfetta, un congegno filmico di gran classe dove convivono le situazioni più improbabili senza stridere mai. I caratteri più assurdi vanno a braccetto con le metafore più ardite. La fotografia dell'eclettico Deakins fa il resto con gusto, precisione ed attenzione al dettaglio oramai proverbiali.
Joel e Ethan Coen si distinguono ancora una volta. Davvero bravi. Bravi davvero.
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[+] libera il mistero...
(di anna ferrari)
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[+] fa schifo
(di toffolina)
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[+] a clavius: sfumature!?
(di paola di giuseppe)
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asterione
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sabato 12 dicembre 2009
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i fratelli coen tra giobbe e incroci leopardiani
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Un modesto Professore ebreo non riesce ad affrontare i suoi problemi personali se non subendoli completamente; è ignorato dai figli, odiato dalla moglie e genericamente circondato da persone meschine che approfittano della sua ingenuità. E proprio quando le cose sembrano mettersi per il verso giusto. . . .
I fratelli Coen ripercorrono con la loro solita maestria la figura dell'inetto; ma mentre in Fargo la desolazione della vera provincia americana suggerisce che proprio da quell'inettitudine può scaturire la violenza più truce, qui i directors si divertono a mettere alla berlina l'uomo che porge l'altra guancia. Proprio all'interno della comunita ebraica, che a maggior ragione dovrebbe essere pervasa da un etica più ferrea, la bontà viene dileggiata, è oggetto di soprusi infiniti e trova come unica risposta alla sofferenza e all'ingiustizia le parole vacue di rabbini in carriera (bellissima la scelta di antropomorfizzare la perfidia piuttosto che i vizi dei devoti, tutti curvi e ingobbiti, oppure obesi e corpulenti).
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Un modesto Professore ebreo non riesce ad affrontare i suoi problemi personali se non subendoli completamente; è ignorato dai figli, odiato dalla moglie e genericamente circondato da persone meschine che approfittano della sua ingenuità. E proprio quando le cose sembrano mettersi per il verso giusto. . . .
I fratelli Coen ripercorrono con la loro solita maestria la figura dell'inetto; ma mentre in Fargo la desolazione della vera provincia americana suggerisce che proprio da quell'inettitudine può scaturire la violenza più truce, qui i directors si divertono a mettere alla berlina l'uomo che porge l'altra guancia. Proprio all'interno della comunita ebraica, che a maggior ragione dovrebbe essere pervasa da un etica più ferrea, la bontà viene dileggiata, è oggetto di soprusi infiniti e trova come unica risposta alla sofferenza e all'ingiustizia le parole vacue di rabbini in carriera (bellissima la scelta di antropomorfizzare la perfidia piuttosto che i vizi dei devoti, tutti curvi e ingobbiti, oppure obesi e corpulenti). Il povero Gopnik che aspetta dal suo Dio una spiegazione rimane con un pugno di mosche e si trova di fronte alla dura risposta dei registi; rinunciare a trovare un senso proprio, personale, all'esistenza di ciascuno ci espone ai soprusi del prossimo ed alla Ginestra che viene travolta dalla lava vulcanica, aggiungiamo noi, non si deve alcuna spiegazione. Brillante.
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[+] verità, menzogna, speranza
(di paapla)
[ - ] verità, menzogna, speranza
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joker79
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domenica 6 dicembre 2009
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l'improbabile paradosso della vita
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Nella vita le leggi matematiche, la fisica e la religione incatenano l'uomo ad una sterile e monotona realtà...Se non altro si tratta di una dimensione accettabile o perlomeno vivibile. La realtà e le sue circostanze tende all'entropia.Nonostante quanto ci possiamo accanire a risolvere ogni quesito, immediatamente se ne presenterà uno nuovo.La parabola mostrataci dai Coen vuole porre attenzione sul destino dell'uomo e sulla sua predestinazione al caos. I tentativi di una spiegazione razionale che un Gopnik qualunque adduce per ogni sua sventura sono destinati ad infrangersi sulle rocce impietose della quotidianità e della routine familiare. La religione con i suoi precetti con i suoi dogmi e con i suoi divieti non fornisce spiegazioni, ma piuttosto appare come un principio di eterna accettazione ed umiltà del "saper di non saper".
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Nella vita le leggi matematiche, la fisica e la religione incatenano l'uomo ad una sterile e monotona realtà...Se non altro si tratta di una dimensione accettabile o perlomeno vivibile. La realtà e le sue circostanze tende all'entropia.Nonostante quanto ci possiamo accanire a risolvere ogni quesito, immediatamente se ne presenterà uno nuovo.La parabola mostrataci dai Coen vuole porre attenzione sul destino dell'uomo e sulla sua predestinazione al caos. I tentativi di una spiegazione razionale che un Gopnik qualunque adduce per ogni sua sventura sono destinati ad infrangersi sulle rocce impietose della quotidianità e della routine familiare. La religione con i suoi precetti con i suoi dogmi e con i suoi divieti non fornisce spiegazioni, ma piuttosto appare come un principio di eterna accettazione ed umiltà del "saper di non saper". Si tratta dell'ennesimo schiaffo al Cogito cartesiano, dove non è più la regola matematica o il calcolo probabilistico a dominare, ma proprio il "sogno cartesiano" di una realtà incontrollabile, ingoveranbile e tendente ad infinito. Non può esser la cabala, nè il corano nè il vangelo ad indicarci la via, ma sarà la realtà stessa ad avvolgerci tra le sue entropiche spire.Le vicende del protagonista sembrano immerse in un clima di indefinito, come se l'unico uomo razionale capace di elaborare l'unica teoria plausibile sia fuori posto, fuori luogo...paradossale. Le parole dei rabbini, interpreti della loro verità , sono sentenze vuote, contradditorie, cabalistiche, indecifrabili. Il rapporto tra Gupnik(burattino del destino) ed il fratello Arthur, novello Einstein delle probabilità, è racchiuso nelle pagine del Mentaculus, torah della meccanica quantistica da soggiogare alle passioni terrene come il gioco d'azzardo.Non esiste un'unica spiegazione semplice della realtà, ma esistono più realtà. Il film culmina verso l'inevitabile, l'imprevedibile e l'inesorabilità, assunte nella storia ad una telefonata di un medico o il palesarsi di un tornado. Destinato a chi ama porsi delle domande, a chi bazzica la cabala e a chi interpreta la realtà come costola dello scibile.
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(di spider84)
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alex8
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venerdì 29 luglio 2011
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film stupendo
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Adoro i fratelli Cohen e per motivi miei sono riuscito a vederlo solo ieri sera in piazza a Bologna. Il film mi è piaciuto ed ha un finale fantastico. La diagnosi, il tornado, non poteva finire diversamente e non a caso il periodo di ambientazione del film è il 1967.
Da napoletano abituato a vivere sotto la minaccia perpetua di un vulcano, e ora anche di altro... mi ha in un certo modo divertito il concetto di precarietà della vita espresso nel film. Secondo me, il protagonista e la sua famiglia rappresentano la società moderata anglosassone, lui in particolare chi governa e chi si sbatte in tutti i modi e senza colpi di testa, nonostante tutti gli eventi negativi e tragici che ineluttabilmente avvengono, per portare avanti nel bene e nel male la società.
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Adoro i fratelli Cohen e per motivi miei sono riuscito a vederlo solo ieri sera in piazza a Bologna. Il film mi è piaciuto ed ha un finale fantastico. La diagnosi, il tornado, non poteva finire diversamente e non a caso il periodo di ambientazione del film è il 1967.
Da napoletano abituato a vivere sotto la minaccia perpetua di un vulcano, e ora anche di altro... mi ha in un certo modo divertito il concetto di precarietà della vita espresso nel film. Secondo me, il protagonista e la sua famiglia rappresentano la società moderata anglosassone, lui in particolare chi governa e chi si sbatte in tutti i modi e senza colpi di testa, nonostante tutti gli eventi negativi e tragici che ineluttabilmente avvengono, per portare avanti nel bene e nel male la società. Il materiale umano è questo, la società è questa, e questo è solo il minimo che può accadere, anzi tutto quello che accade prima del finale è la normalità. Le disgrazie, i tradimenti, gli intoppi sul lavoro, i figli, sono relazionabili alle disgrazie, guerre, fallimenti, debiti, crolli finanziari, che avvengono nel mondo.
Ma tutto questo è solo la normalità, si trascura sempre che esiste un momento, prima o poi, dove tutto finirà, la diagnosi. Oppure dove tutto sarà sconvolto da eventi imponderabili, il tornado, che sembra rappresentare il '68.
Il momento in cui il figlio cerca di restituire finalmente i 20 dollari al suo minaccioso creditore, che non a caso era enorme e veniva inquadrato in modo da esaltare questa caratteristica, è emblematico. Lui se ne frega, si volta verso il tornado. I registi non hanno mai mostrato la sua faccia, secondo me potrebbe significare che esiste la certezza della fine o del cambiamento, ma loro e sicuramente anche noi tutti, non ne conosciamo la modalità. Il messaggio dei fratelli potrebbe dire che i soldi o meglio il valore che la nostra società dà all'economia, sparirà di fronte ai disastri, provocati o no dall'uomo, o da eventi rivoluzionari...
A Napoli diremo... stamm' sott' o' ciel'...
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