jacopo b98
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mercoledì 6 agosto 2014
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ennesimo capolavoro dei fratelli coen: memorabile!
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A Minneapolis negli anni ’60 vive il professore di fisica Larry Gopnik (Stuhlbarg). Un giorno la vita gli crolla addosso: la moglie (Lennick) ha un amante (Melamed) e vuole in divorzio, il figlio (Wolff) fuma spinelli e gli ruba soldi per pagare gli spacciatori, il fratello (Kind) occupa per tutto il giorno il bagno di casa e sta scrivendo un libro che nessuno capisce intitolato Mentaculus, un allievo cerca di corromperlo per ripetere un esame andato male e poi lo denuncia, la sua vicina di casa (Landecker) turba i suoi sogni erotici prendendo il sole in giardino nuda… Disperato si rivolge a tre rabbini. I primi due non sapranno dargli una risposta sensata, il terzo nemmeno lo riceverà poiché impegnato a pensare.
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A Minneapolis negli anni ’60 vive il professore di fisica Larry Gopnik (Stuhlbarg). Un giorno la vita gli crolla addosso: la moglie (Lennick) ha un amante (Melamed) e vuole in divorzio, il figlio (Wolff) fuma spinelli e gli ruba soldi per pagare gli spacciatori, il fratello (Kind) occupa per tutto il giorno il bagno di casa e sta scrivendo un libro che nessuno capisce intitolato Mentaculus, un allievo cerca di corromperlo per ripetere un esame andato male e poi lo denuncia, la sua vicina di casa (Landecker) turba i suoi sogni erotici prendendo il sole in giardino nuda… Disperato si rivolge a tre rabbini. I primi due non sapranno dargli una risposta sensata, il terzo nemmeno lo riceverà poiché impegnato a pensare. Scritto, montato (con il solito pseudonimo di Roderick Jaynes), prodotto e diretto dai due fratelli Coen, è probabilmente, insieme a Non è un paese per vecchi e Fargo, il loro film migliore. È un capolavoro assoluto, un film perfetto e un autentico pezzo di Storia del Cinema. È il film in cui i due fratelli per la prima volta tornano sulle loro origini ebraiche e lo fanno con una commedia spietata su un uomo casualmente predestinato alla sfortuna. Il film si apre con una citazione del rabbino Rashi: Accogli con serenità tutto ciò che ti accade. E di fatto è quello che il povero Larry fa. È una serie di sfortune e sventure senza motivo che crollano sulla vita di un uomo in fondo buono, l’ennesimo magistrale ritratto di uno sfigato da parte dei due fratelli. Ma sta volta non siamo sulla linea demenziale di Burn After Reading: qui la comicità grottesca è assolutamente cattiva, di una spietatezza rara a trovarsi. Film incredibile per la grandiosa semplicità in cui pone quesiti intrinsechi al film, senza mai fornire una risposta definitiva. È un film-domanda. Nemmeno i tre rabbini danno le risposte di fatto: il primo (Helberg) blatera a proposito del parcheggio lì vicino, il secondo (Wyner) tira fuori la storiella della scritta ebraica dietro i denti, il terzo (Mandell), colui che potrebbe avere la risposta non riceve nemmeno Larry, evidentemente predestinato alla sfortuna. Il film è aperto da un prologo in yiddish scollegato dal resto del film in cui viene introdotta la figura del demone dybbuck: una delle pagine più meravigliosamente sorprendenti del cinema dei fratelli Coen. E alla fine quando anche un rabbino tira fuori gli odiati Jefferson Airplanes persino Larry si rassegna al suo destino. E, Giobbe moderno, diventa l’eroe dello spettatore, essendo anche uno dei personaggi più riusciti (il più riuscito?) della filmografia dei registi, grazie anche alla meravigliosa interpretazione di Stuhlbarg, attore teatrale, vera colonna portante di un cast di attori sconosciuti ma bravissimi. Il finale, con il tornado che arriva e quella malattia lasciata ad intendersi, è sconvolgente. La commedia è finita, forse. Anche se quel beffardo senso dell’umorismo è onnipresente. I Coen, oltre alla loro eccezionale sceneggiatura, come registi mettono in scena con grande partecipazione e soffermano la loro cinepresa sui più bizzarri connotati fisici degli attori: anche della cinepresa fanno un uso beffardo e grottesco. E per finire si avvalgono di un gran cast tecnico in cui si fanno notare particolarmente Roger Deakins, per la sua eccezionale fotografia, e Carter Burwell, autore della musiche. Alla fin fine è un film perfetto: troppa grazia!
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stefano capasso
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lunedì 18 agosto 2014
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come si trova il senso delle cose?
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Larry è un uomo onesto, segue le leggi morali della comunità ebraica a cui appartiene, è una persona semplice che insegna a scuola la fisica con calcoli complicatissimi. Il mondo intorno a lui sembra seguire altre regole invece, e da un momento all'altro la sua vita comincia a cambiare. La moglie gli annuncia l’intenzione di divorziare per risposarsi con un uomo più spirituale, il suo lavoro viene messo in crisi da un tentativo di corruzione di uno studente bocciato e su questo intreccio si innestano poco a poco tanti piccoli e grandi drammi. Larry si interroga sul senso di queste sventure, si chiede se Dio sta inviandogli segnali, se deve cercare risposte o farsi delle domande; consulta a tal proposito tutti i rabbini dal più giocane al rabbino capo, senza ricavarne nulla.
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Larry è un uomo onesto, segue le leggi morali della comunità ebraica a cui appartiene, è una persona semplice che insegna a scuola la fisica con calcoli complicatissimi. Il mondo intorno a lui sembra seguire altre regole invece, e da un momento all'altro la sua vita comincia a cambiare. La moglie gli annuncia l’intenzione di divorziare per risposarsi con un uomo più spirituale, il suo lavoro viene messo in crisi da un tentativo di corruzione di uno studente bocciato e su questo intreccio si innestano poco a poco tanti piccoli e grandi drammi. Larry si interroga sul senso di queste sventure, si chiede se Dio sta inviandogli segnali, se deve cercare risposte o farsi delle domande; consulta a tal proposito tutti i rabbini dal più giocane al rabbino capo, senza ricavarne nulla. Le cose continuano in un susseguirsi di eventi negativi, fin quando dopo il bar mitzvah del figlio le cose sembrano cominciano ad andare meglio, tanto che decide di concedersi un piccolo strappo alla sua etica, accettando di promuovere lo studente che gli aveva lasciato del denaro. E mentre fuori arriva il tornado, riceve la chiamata dal suo medico che lo invita a passare nel suo studio, con una certa urgenza, per parlare del risultato delle lastre che aveva fatto all'inizio della storia.
Bel film dei fratelli Cohen che danza tra la ricerca del senso nelle cose. Come si trovano i significati agli eventi della vita, con il supporto di una visione spirituale o con un concreto senso deterministico? Il percorso di una individuo è già scritto o è scritto dall'individuo con le sue scelte? Vale ogni risposta scegliendo il relativo punto di vista.
Su questa falsariga il film si sviluppa tra amara comicità e eventi drammatici, creando situazioni che possono cambiare radicalmente prospettiva da un momento all'altro testimoniando l’assoluta incertezza della vita, incertezza alla quale morale etica e religione non possono dare risposte convincenti.
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greatsteven
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lunedì 8 gennaio 2018
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i drammi di un uomo parco e inoffensivo.
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A SERIOUS MAN (USA/UK/FR, 2009) di JOEL & ETHAN COEN. Con MICHAEL STUHLBARG, RICHARD KIND, AARON WOLF, FRED MELAMED, SARI LENNICK, JESSICA MCMANUS, AMY LANDECKER
Minneapolis, 1967. Larry Gopnik è un mite professore di fisica in una tranquilla università del Midwest. Non si può certo dire che la sua vita sia un paradiso: la moglie Judith decide di lasciarlo per Sy Ableman, uomo a giudizio di lei più concreto e affidabile del consorte, e lo spedisce a vivere in un motel dopo la morte per incidente stradale di Sy; il fratello Arthur, disoccupato e col vizio del gioco d’azzardo, gli fa sempre avere la polizia a gironzolare intorno a casa; i due figli (soprattutto Danny, con bar mitzvah in vista), alle prese coi problemi dell’adolescenza, gli rendono l’esistenza ancora più cavillosa; sul lavoro le cose non vanno meglio: Larry è bersagliato da lettere anonime e minacciose che rischiano di mettere a repentaglio una sua possibile promozione ed è ossessionato da uno studente sudcoreano che pretenderebbe voti migliori; a completare il quadro delle sfortune ci si mette un’avvenente e disinvolta vicina di casa che prende il sole nuda e fuma marijuana.
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A SERIOUS MAN (USA/UK/FR, 2009) di JOEL & ETHAN COEN. Con MICHAEL STUHLBARG, RICHARD KIND, AARON WOLF, FRED MELAMED, SARI LENNICK, JESSICA MCMANUS, AMY LANDECKER
Minneapolis, 1967. Larry Gopnik è un mite professore di fisica in una tranquilla università del Midwest. Non si può certo dire che la sua vita sia un paradiso: la moglie Judith decide di lasciarlo per Sy Ableman, uomo a giudizio di lei più concreto e affidabile del consorte, e lo spedisce a vivere in un motel dopo la morte per incidente stradale di Sy; il fratello Arthur, disoccupato e col vizio del gioco d’azzardo, gli fa sempre avere la polizia a gironzolare intorno a casa; i due figli (soprattutto Danny, con bar mitzvah in vista), alle prese coi problemi dell’adolescenza, gli rendono l’esistenza ancora più cavillosa; sul lavoro le cose non vanno meglio: Larry è bersagliato da lettere anonime e minacciose che rischiano di mettere a repentaglio una sua possibile promozione ed è ossessionato da uno studente sudcoreano che pretenderebbe voti migliori; a completare il quadro delle sfortune ci si mette un’avvenente e disinvolta vicina di casa che prende il sole nuda e fuma marijuana. 14° film dei Coen che ogni volta centrano il bersaglio e riescano a stupire reinventandosi storie dalla miracolosa originalità. È il primo caso in cui mettono a nudo la loro identità ebraica, potendosi permettere un prologo ambientato nell’800, piuttosto tetro, in uno shletl polacco, che nulla a che fare con la trama del film ma è soltanto un’introduzione al mondo islamico, tutto parlato in yiddish, dove figura il dybbuk, il fantasma del defunto che ricompare all’improvviso. Il protagonista descrive la parabola di un Giobbe laico: nessuna cosa gli va per il verso giusto, ma proprio perché lui non agisce per rimediare, o almeno non con la dovuta forza di volontà, lo si può ritenere un uomo che ristagna nell’accidia, nell’autocommiserazione, nella rassegnazione. I suoi problemi lo investono come un fulmine a ciel sereno e gli fanno perdere la dignità (professionale, coniugale, genitoriale), precipitandolo in un vortice del quale non riesce a trovare il bandolo della matassa. Il che lo rende uno dei perdenti più simpatici ed empatici della galleria dei due fratelli registi, che hanno saputo inventare un personaggio che non farebbe del male a una mosca, ma che si vede investito suo malgrado da una caterva di disgrazie pur non cercandole, o forse proprio per questo: ricerca una vita troppo tranquilla e invece i grattacapi affiorano a iosa. Ma ad un ripiego riesce ad arrivare: consulta tre rabbini, di cui l’ultimo non viene intrattenuto da lui, ma dal figlio Danny dopo il suo bar mitzvah e, siccome Danny ha la mania delle radioline con auricolari, ne riceve una dal rabbino Marshak che gli consiglia che, quando s’è persa ogni speranza, l’unica cosa che resta da fare è ascoltare i Jefferson Airplane nella loro versione di “Somebody to Love”. E probabilmente è proprio ciò di cui Larry ha bisogno: qualcuno da amare con trasporto e sincerità e che lo ricambi adorandolo con altrettanto affetto. Tutti gli interpreti della pellicola sono ebrei, compreso Stuhlbarg, teatrante celebre a New York ma molto meno al cinema. Attori da applauso: un protagonista già citato la cui fede viene di continuo messa alla prova con la tenacia che solo un destino beffardo può avere; un R. Kind che fa piangendo e contorcendosi il debole zio Arthur, oppresso dalla sua stessa inettitudine; un ottimo F. Melamed che veste i panni di Sy con garbo ed eleganza (eccettuati due incubi da dimenticare di Larry!); una S. Lennick che s’impegna a fare la moglie delusa e maldisposta che comunque chiede al marito un divorzio rituale per potersi risposare nella fede con Sy; i giovani A. Wolff e J. McManus fanno con piglio divertito e amarezza adolescenziale i figli di Larry (la figlia gli ruba i soldi dal portafoglio per farsi sottoporre a un intervento di rinoplastica); e infine una provocante A. Landecker assolve il ruolo Mrs. Samsky, la dirimpettaia, con travolgente autoironia. Un’idea geniale degli autori è quella di affidare ad ogni attore una fisionomia caratteristica, quasi caricaturale, enfatizzandola con frequenti primi piani, inquadrature sghembe o non totalmente a fuoco. La fede di Gopnik non gli fa però mai dubitare di essere un uomo serio, come si evince dal titolo, nonostante le traversie che sembrano scivolargli addosso non per come le elude, ma proprio per come se ne preoccupa. Il traballamento tra il beffardo e il nichilismo, come è stato osservato da alcuni critici ammiratori del cinema USA, richiama Crimini e misfatti di Woody Allen, e il paragone ci sta: in entrambi la mancanza di senso morale della vita porta a ridicolizzare le figure sacre o comunque importanti. Altro paragone con Allen, questa volta con Radio Days, è l’ambiente in cui i Coen sono cresciuti, e di cui in A Serious Man riportano pressoché tutto: adolescenza, topos famigliare, scolastico, religioso della comunità ebraica americana di Minneapolis che ha dato loro i natali e li ha visti crescere. Presentato in concorso a vari festival (Toronto e Roma soprattutto) e premiato con alcuni riconoscimenti minori dell’industria cinematografica d’oltreoceano.
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elgatoloco
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giovedì 2 aprile 2020
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straordinario film yiddish
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"A Serious Man"(2009, Joel e Euhan Coen), straordinario racconto yiddish, degli stessi autori-registi, delizioso in ogni sua parte, Come Giobbe, il tranquillo "serious man"prof di fisica, Ebreo statunintese, alle prese con problemi di ogni tipo: sta separandosi dalla moglie, il cui eventuale futuro marito muore in un icidente d'auto, il figlio inizialmente quasi sulla "cattiva strada", la figlia ruba soldi al padre per rifarsi il naso, uno studente lo denuncia per corruzione, avendolo corrotto egli stesso, altro ancora si abbatte su di lui... Si rivolge a dei rabbini, ma, giustamente, la"risposta"è fatta da domande, solo con qualche indicazione morale quale l'invito ad aituare gli altri, ma, come Giobbe(solo in maniera molto più mdesta, appunto, "in piccolo") , anche il prof.
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"A Serious Man"(2009, Joel e Euhan Coen), straordinario racconto yiddish, degli stessi autori-registi, delizioso in ogni sua parte, Come Giobbe, il tranquillo "serious man"prof di fisica, Ebreo statunintese, alle prese con problemi di ogni tipo: sta separandosi dalla moglie, il cui eventuale futuro marito muore in un icidente d'auto, il figlio inizialmente quasi sulla "cattiva strada", la figlia ruba soldi al padre per rifarsi il naso, uno studente lo denuncia per corruzione, avendolo corrotto egli stesso, altro ancora si abbatte su di lui... Si rivolge a dei rabbini, ma, giustamente, la"risposta"è fatta da domande, solo con qualche indicazione morale quale l'invito ad aituare gli altri, ma, come Giobbe(solo in maniera molto più mdesta, appunto, "in piccolo") , anche il prof.Larry Gopnik, dovrà darsi rispste da solo e molto, comunque, rimane in dubbio, giustamente. ;Ma è da vedere attentamente il prologo, tutto in yiddish anche linguisticamente, dove un non più vivo sembra entrare nella casa di due sposi, ma non sapremo mai come... e chissà se lo è per davvero... Joel e Ethan Coen, con sublime homor ma con particolare attenzione alla tradizione ebraica tradizionale alla Torah e alla grande tradizione rabbinica, guardano però generazionalmente(portato cultrale di tutta una generazione, per non dire di due) anche ai"Jefferson Airplane"e alla loro leader Grace Slick, la cui"Somebody to Love"percorre l'intero film, in vari passaggi, quello dal prologo(avant-propos, se si vuole)al film vero e proprio, quello di metà film e il finale... Straordinari interpreti Michael Stuhlbarg, l'uomo serio, Richard Kind, il fratello, Fred Melamed, il rivale in amore poi messo fuorci gioco dal caso/destino(biblicamente la"sorte"non è mai solo questo, però, come ben noto e noto assolutamente in primis ai nostri autori),Sari Lennick, la moglie e tutti/e gli/le altri/e Uno humor(ben più che comicità e per saperlo non si necessita la conoscenza del relativo saggio di Freud, di quello di Bergson o di Pirandello) sublime, che non fa rimpiangere neppure il grande Woody Allen, che peraltro ormai si muove anche ben diversamente, possiamo tranquillamente affermare. Un film nel quale l'indubbio divertimento sfida comunque gli spettatori a riflettere su quanto hanno visto e sentito: un qualcosa che nel cinema attuale non è sempre"moneta corrente". El Gato
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eugen
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mercoledì 24 maggio 2023
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grandezza spirito ebraico
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"A Serious Man"(Joel e Ethan Coen, registi e sceneggiatori, come sempre, 2009)e'un film che parte da un apologo yiddish scritto per l'occasione dagli stessi autori, nei quali un uomo invitato a casa dal marito, e'ritenuto morto dalla moglie, ma elgi si presenta a casa e la donna lo uccide(sempre che non sia un "non morto", un dybbuk, ossia spirito maligno)e l'apologo si chiude cosi', nel dubbio. E dubbio e'anche quello di Larry Gopnik. prof, di fisica, alle prese con uno studnete di origni coreane che, avendo ricevuto dal prof. un voto "non buono", gli lascia una busta con dei soldi, con la mogie che vuole chiedergli un get, ossia una sospensione rituale del matrimonio per sposarsi con un altro uomo, un vedovo, con accuse gravi di molestie sessuali rivolte a suo fratello, con il figlio adolescente con problemi di marijuana non pagata e cos' via, Si rivolgera'a vari rabbini avra'a che fare con un avvocato, dovra'superare il trauma della morte dell'eventuale futuro compagno della moglie, perto in un incidente stradale(di cui paghera'le spese funerarie), con varie altre circostanze spiacevoli, ma in qualche modo iruscira a"cavarsela", sempre che quest'espressione sia adatta a descrivere la situazione.
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"A Serious Man"(Joel e Ethan Coen, registi e sceneggiatori, come sempre, 2009)e'un film che parte da un apologo yiddish scritto per l'occasione dagli stessi autori, nei quali un uomo invitato a casa dal marito, e'ritenuto morto dalla moglie, ma elgi si presenta a casa e la donna lo uccide(sempre che non sia un "non morto", un dybbuk, ossia spirito maligno)e l'apologo si chiude cosi', nel dubbio. E dubbio e'anche quello di Larry Gopnik. prof, di fisica, alle prese con uno studnete di origni coreane che, avendo ricevuto dal prof. un voto "non buono", gli lascia una busta con dei soldi, con la mogie che vuole chiedergli un get, ossia una sospensione rituale del matrimonio per sposarsi con un altro uomo, un vedovo, con accuse gravi di molestie sessuali rivolte a suo fratello, con il figlio adolescente con problemi di marijuana non pagata e cos' via, Si rivolgera'a vari rabbini avra'a che fare con un avvocato, dovra'superare il trauma della morte dell'eventuale futuro compagno della moglie, perto in un incidente stradale(di cui paghera'le spese funerarie), con varie altre circostanze spiacevoli, ma in qualche modo iruscira a"cavarsela", sempre che quest'espressione sia adatta a descrivere la situazione. I Coen Brothers ci dnano un magnifico esmepio di cultura ebraica, tra humor e dramma, senza attingere a fnti letterarie(neppure Ephraim Kishon e certo non Woody Allen), dove il dubbio viene ad essere decisatmente legittimato, viste anche le risposte, abbastanza evasive dei vari rabbini, dove e'sostanzialmnte la perosna "in campo"(nel campo della vita)a dover fare le sue scelte, ma soprattutto le sue valutazioni, anche prescidndendo da quello che sa, anche riguardo alla cultura ebraica, che pure rimane fondamentale. Decisamente un film da guastare in ogni suo passaggio, rendendosi conto del fatto che nulla e'dato sic et simpiciter. Mchael Sthuhlbarg e'protagonista di grande efficacia, come anche Richard Kind, che rende il problematico fratello Arthur, Sari Lennick, Jessica Mc Marius e Fred Melamed. Forte presenza nella colonna sonora, dei Jefferson Airplane, in un contesto che comunque privilegia decisamente il rock. Eugen
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notedo
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mercoledì 19 gennaio 2011
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avventura filosofica
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Film condizionato dalla cultura ebraica che però essendo stato girato nel Mid West risente dell'ebraismo delle pianure sicuramente più ortodosso. Non si deve trascurare che i fratelli Coen per la loro cultura (uno è laureato in filosofia) fanno filosofia al cinema ed in questa avventura la fanno in modo molto piacevole. Anche se tutto il film è un gigantesco paradosso,a mio avviso,rimane sicuramente una insuperabile operazione cinematografica.
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alex8
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venerdì 29 luglio 2011
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film stupendo
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Adoro i fratelli Cohen e per motivi miei sono riuscito a vederlo solo ieri sera in piazza a Bologna. Il film mi è piaciuto ed ha un finale fantastico. La diagnosi, il tornado, non poteva finire diversamente e non a caso il periodo di ambientazione del film è il 1967.
Come napoletano abituato a vivere sotto la minaccia perpetua di un vulcano, e ora anche di altro..., penso di aver compreso il senso del film dei fratelli Cohen. Il protagonista e la sua famiglia rappresentano la società moderata anglossassone, lui in particolare chi governa e chi si sbatte in tutti i modi e senza colpi di testa, nonostante tutti gli eventi negativi e tragici che ineluttabilmente avvengono, per portare avanti nel bene e nel male sua famiglia, e cioè sempre la società.
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Adoro i fratelli Cohen e per motivi miei sono riuscito a vederlo solo ieri sera in piazza a Bologna. Il film mi è piaciuto ed ha un finale fantastico. La diagnosi, il tornado, non poteva finire diversamente e non a caso il periodo di ambientazione del film è il 1967.
Come napoletano abituato a vivere sotto la minaccia perpetua di un vulcano, e ora anche di altro..., penso di aver compreso il senso del film dei fratelli Cohen. Il protagonista e la sua famiglia rappresentano la società moderata anglossassone, lui in particolare chi governa e chi si sbatte in tutti i modi e senza colpi di testa, nonostante tutti gli eventi negativi e tragici che ineluttabilmente avvengono, per portare avanti nel bene e nel male sua famiglia, e cioè sempre la società. Il materiale umano è questo, la società è questa, e questo è solo il minimo che può accadere, anzi tutto quello che accade prima del finale è la normalità. Disgrazie, tradimenti, intoppi sul lavoro, delusione sui figli, insomma qualsiasi cosa, come in effetti sono le cose inevitabili che accadono nel mondo, disgrazie, guerre, fallimenti, debiti, crolli finanziari, ecc.
Ma tutto questo è solo la normalità, si trascura sempre il particolare che esiste un momento, prima o poi, che tutto finirà, la diagnosi, oppure che tutto sarà sconvolto da eventi imponderabili, il tornado che sembra rappresentare il '68. Il momento in cui il figlio cerca di restituire finalmente i 20 dollari al suo minaccioso creditore che non a caso era enorme e veniva inquadrato in modo da esaltare questa carattersistica, questo indifferente si volta verso il tornado. Forse il messaggio finale dei fratelli contiene una previsione ancora più spaventosa, i soldi o meglio il valore che la nostra società da all'economia, sparirà di fronte a disastri provocati o no dall'uomo o da eventi rivoluzionari...
A Napoli diremo... stamm' sott' o' ciel'...
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marica romolini
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giovedì 16 febbraio 2012
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un'imperscrutabile verità
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Shtelt polacco, XIX secolo: un commerciante accoglie un viandante in una notte buia e tempestosa; la moglie, credendo sia un dybbuk, lo uccide. Un prologo estravagante, a cui ci hanno abituato i fratelli Coen, che nulla ha a che fare con il resto del film e che però ne suggerisce la prospettiva. Da questo preludio, rigorosamente in yiddish e faux-exprès dei racconti morali ebraici (ma quale sia questa morale non è dato sapere: la crux della gnoseologia, irrimediabilmente sospesa tra empirismo e dualismo doxa-aletheia? L'inaccessibilità, o addirittura inesistenza, della verità? La necessità dell'accettazione?), lo spettatore è sbalzato in tutt'altro luogo ed epoca. È nella Minneapolis degli anni Sessanta che vive Larry Gopkin, il serious man del titolo: professore di fisica, ebreo irreprensibilmente onesto, fermamente convinto che il rispetto minuto dei precetti religiosi porti naturaliter a una quieta felicità.
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Shtelt polacco, XIX secolo: un commerciante accoglie un viandante in una notte buia e tempestosa; la moglie, credendo sia un dybbuk, lo uccide. Un prologo estravagante, a cui ci hanno abituato i fratelli Coen, che nulla ha a che fare con il resto del film e che però ne suggerisce la prospettiva. Da questo preludio, rigorosamente in yiddish e faux-exprès dei racconti morali ebraici (ma quale sia questa morale non è dato sapere: la crux della gnoseologia, irrimediabilmente sospesa tra empirismo e dualismo doxa-aletheia? L'inaccessibilità, o addirittura inesistenza, della verità? La necessità dell'accettazione?), lo spettatore è sbalzato in tutt'altro luogo ed epoca. È nella Minneapolis degli anni Sessanta che vive Larry Gopkin, il serious man del titolo: professore di fisica, ebreo irreprensibilmente onesto, fermamente convinto che il rispetto minuto dei precetti religiosi porti naturaliter a una quieta felicità. Ma la sua soddisfatta inerzia è sconquassata da una fantasmagorica sequenza di guai, che lo costringe a uscire dal suo hortus conclusus e iniziare una quête. Si rivolge infatti a dei rabbini, nel tentativo di disbrogliare l'imperscrutabile volontà di Hashem. Ne ricava solo banalità, opinabili soggettive o enigmi ancor più arcani. Il vuoto di senso, al posto di colmarsi, si fa voragine, che inghiotte la 'favola bella' della vita perfetta, della meritocrazia, della giustizia, persino della possibilità di distinguere il bene dal male. Il principio di indeterminazione di Heisenberg, che campeggia sull'enorme, mammutica lavagna, martoriata dalla messe di calcoli del professore, mostra l'inadeguatezza di qualsiasi fede – religiosa o scientifica – nel risolvere il dubbio, nel concedere il conforto della certezza all'uomo, che rischia letteralmente di 'ammattire' (come Arthur, fratello del protagonista e autore di un elaborato sistema di calcolo delle probabilità) nel disperato tentativo di dominare il caso. Il film non è tuttavia un manifesto di pacifico nichilismo: un Dio si impone eccome, magari proprio per la sua assenza o per l'anomia, ma soprattutto, nonostante i parossismi cromatici e l'assertività di un'estetica caricata, la consolazione di un pensiero comunque forte non è possibile. Il grottesco denuncia la miseria umana e fors'anche l'inutilità dell'accanimento conoscitivo. Com'è stato notato dalla critica, i fili narrativi, paratattici, inadempienti il proprio ruolo istituzionale, germinanti altri abbozzi ipotetici, non coagulano in un intreccio vero e proprio, così come il trascorrere della vita non diventa quasi mai discorso di senso compiuto. Quale dunque la soluzione? Il film non può/vuole offrire risposte, aprendo ogni fotogramma nuovi interrogativi, ulteriori chiavi di lettura retroattive. Specie quello finale, che rimette tutto in discussione e rilancia il dubbio. (In qualche modo) gaddiano.
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diego p.
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giovedì 29 marzo 2012
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amore o odio con i fratelli cohen? qui: odio
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A SERIOUS MAN
CRITICA DI: Diego Pigiu III
VOTO: 5
(cito si seguito la critica di Boris Sollazzo in quanto rispecchia
esattamente quello che penso, quindi non avendo parole migliori uso a
mio consumo queste)
"Coenismo" allo stato puro
di Boris Sollazzo
"Ci sono registi che vengono amati e odiati con
pregiudiziale faziosità. Il massimo esponente di questa corrente
cinematografica, se vogliamo chiamarla così, attualmente è Lars Von
Trier, che su questo ha giocato molto, costruendoci, di fatto, una
carriera e una reputazione.
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A SERIOUS MAN
CRITICA DI: Diego Pigiu III
VOTO: 5
(cito si seguito la critica di Boris Sollazzo in quanto rispecchia
esattamente quello che penso, quindi non avendo parole migliori uso a
mio consumo queste)
"Coenismo" allo stato puro
di Boris Sollazzo
"Ci sono registi che vengono amati e odiati con
pregiudiziale faziosità. Il massimo esponente di questa corrente
cinematografica, se vogliamo chiamarla così, attualmente è Lars Von
Trier, che su questo ha giocato molto, costruendoci, di fatto, una
carriera e una reputazione. Sulla buona strada stanno anche i fratelli
Coen, virtuosi della regia e dell'immagine, abili raccontatori di storie
che spesso non hanno bisogno di argomenti o spunti perchè il loro
talento sa ben nascondere l'assenza di contenuti o motivi validi per
rimanere davanti allo schermo.
Se sai creare fumo come nessun altro, in fondo, a cosa ti serve
l'arrosto? Forse a non far scoprire la tua furbizia, se è vero che sia
lo spettatore (di nicchia, da sempre un appassionato) e il critico
possono divertirsi e soprassedere sugli esercizi di stile di una
commedia riuscita e brillante come Burn after reading , è molto più
difficile resistere di fronte all'autorialismo estremo di A serious man ,
accozzaglia di scene, riflessioni pseudofilosofiche e paradossi e
parossismi religiosi che cercano disperatamente un senso, sapendo di non
averlo. Tanti carneadi come attori- bravissimi Adam Arkin, Michael
Stuhlbarg e Richard Kind- la pellicola è una sorta di bozza di
autobiografia dei due fratelli, che raccontano, con inserti di assurdo e
altre perle di saggezza cabalistica (da bar dello sport, però), la
comunità ebraica anni '60 dove sono cresciuti. Come una partita a poker,
non cercando nè volendo una struttura- ormai sono troppo prolifici e
forse pigri per (ri)finire un intero film- i due registi non fanno che
bluffare, con le armi loro rimaste (detrattori o fans concorderanno sul
fatto che Arizona Junior e Fargo siano inarrivabili): un'ironia
malinconica sempre efficace, un maschilismo ben nascosto (vedi la scena
"erotica" da commediasexi all'italiana con la vicina di casa), un gioco
etico ed etnico sulle origini e le tradizioni che tanto li avvicinano al
Woody Allen più nichilista. Molti gridano al capolavoro, ipnotizzati
dai movimenti di macchina e dal finale "estremo". Il cinema moderno ha
la pessima abitudine di ricompensare in ritardo i suoi maestri. Non
premi, quindi ma risarcimenti. Vale molto spesso per l'Oscar, che forse
ai Coen ha pure dato alla testa."
Da Liberazione, 4 dicembre 2009
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aky12
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martedì 8 dicembre 2009
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un capolavoro ... mancato.
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America, 1967: Larry Gopnik è un professore di fisica la cui vita viene lentamente ed inesorabilmente stravolta da innumerevoli avvenimenti che lo inducono a cercare di interpretare una presunta e intrinseca volontà di Hashem in questi fatti, recandosi da tre rabbini (che non lo aiuteranno). I guai si susseguono rapidamente ed il professore li accetta quasi passivamente, non cercando mai di trovare le cause, di vedere oltre o di combatterli. Sicuramente uno dei messaggi più importanti del film è che tutto diventa futile ed effimero davanti alla morte o alla mancanza di salute, tutti questi guai divengono quasi superflui nell'ultima scena. Il film non ha una narrazione lineare ed inizia con un prologo totalmente avulso da tutta la storia, gli spettatori sono più storditi da questo che dal presunto happy-ending che poi bruscamente non si verifica.
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America, 1967: Larry Gopnik è un professore di fisica la cui vita viene lentamente ed inesorabilmente stravolta da innumerevoli avvenimenti che lo inducono a cercare di interpretare una presunta e intrinseca volontà di Hashem in questi fatti, recandosi da tre rabbini (che non lo aiuteranno). I guai si susseguono rapidamente ed il professore li accetta quasi passivamente, non cercando mai di trovare le cause, di vedere oltre o di combatterli. Sicuramente uno dei messaggi più importanti del film è che tutto diventa futile ed effimero davanti alla morte o alla mancanza di salute, tutti questi guai divengono quasi superflui nell'ultima scena. Il film non ha una narrazione lineare ed inizia con un prologo totalmente avulso da tutta la storia, gli spettatori sono più storditi da questo che dal presunto happy-ending che poi bruscamente non si verifica. I fratelli Cohen sicuramente non ci hanno abituati alla stabilità descrittiva, ma questo film è riuscito magicamente a non coinvolgere ed a anestetizzare la maggior parte delle persone recatesi nelle sale cinematografiche, sperando in un capolavoro che non c'era.
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(di francesco2)
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