theconformist
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martedì 20 dicembre 2011
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humor coen, ma il film non raggiungie mai un apice
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Il professor Gopnik (Stuhlbarg) insegna fisica all'univeristà, è un ebreo praticante ed un uomo dai modi garbati, troppo educato e timido per tener testa alle bizzarrie della sua famiglia: figlio che fuma erba e figlia che vuole rifarsi il naso (troppo ebreo); moglie che lo vuole lasciare per mettersi con un viscido (ma amabile all'occorrenza) uomo serio; fratello psicolabile e malato di gioco (ma genio della matematica).
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Il professor Gopnik (Stuhlbarg) insegna fisica all'univeristà, è un ebreo praticante ed un uomo dai modi garbati, troppo educato e timido per tener testa alle bizzarrie della sua famiglia: figlio che fuma erba e figlia che vuole rifarsi il naso (troppo ebreo); moglie che lo vuole lasciare per mettersi con un viscido (ma amabile all'occorrenza) uomo serio; fratello psicolabile e malato di gioco (ma genio della matematica). Sul professore continueranno a piovere disgrazie su disgrazie, e così l'impresa di diventare finalmente un "uomo serio" parrà complicarsi suo malgrado sempre più. Deciderà cosi' di rivolgersi a dei rabbini per ottenere preziosi suggerimenti, ma da questi non otterrà alcuna risposta concreta, solo borbottii e frasi indecifrabili. Humor da risata a denti stretti e alcune scene indimenticabili, si ha pero' la sensazione che questa commedia amara firmata Coen Brothers non raggiunga mai un apice, risultando un film intelligente e ben diretto quanto piatto.
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fabal
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martedì 19 agosto 2014
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i denti del nichilista
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C'è una bella differenza tra il fare "d'autore" e quello "di maniera". Il primo fa della forma uno stile, il secondo un vizio. I Coen continuano a sfornare un cinema brillante, che fin dalle prime battute non lascia dubbi di paternità. Regia, soggetto, sceneggiatura, montaggio: tutto è curato da Joel ed Ethan, e tutto è indubbiamente "d'autore". Lo stile è inconfondibile, ma la regia resta asciutta. Niente piani sequenza pomposi, niente manie di protagonismo dietro la cinepresa. E' questo l'andamento di A serious man, opera impegnativa ma brillante, sempre in bilico tra il tragico e il comico.
Larry Gopnik è l'ennesima vittima di una sceneggiatura al limite del nichilismo, sostenuta da un montaggio che tramite i flashback offre spunti di riflessioni a gogò, da quelli religiosi a quelli astrofisici.
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C'è una bella differenza tra il fare "d'autore" e quello "di maniera". Il primo fa della forma uno stile, il secondo un vizio. I Coen continuano a sfornare un cinema brillante, che fin dalle prime battute non lascia dubbi di paternità. Regia, soggetto, sceneggiatura, montaggio: tutto è curato da Joel ed Ethan, e tutto è indubbiamente "d'autore". Lo stile è inconfondibile, ma la regia resta asciutta. Niente piani sequenza pomposi, niente manie di protagonismo dietro la cinepresa. E' questo l'andamento di A serious man, opera impegnativa ma brillante, sempre in bilico tra il tragico e il comico.
Larry Gopnik è l'ennesima vittima di una sceneggiatura al limite del nichilismo, sostenuta da un montaggio che tramite i flashback offre spunti di riflessioni a gogò, da quelli religiosi a quelli astrofisici. Squisita la digressione circa i denti del "non ebreo", coltissima metafora sul mistero messianico, a cui nemmeno i più quotati rabbini sono in grado di dare spiegazioni. Figurarsi dunque se gli si chiede quale sia il senso della vita o delle disgrazie che martellano il povero Larry Gopnik. Interpretato dal bravo Michael Stulhbarg, il protagonista di A serious man ricorda il Woody Allen di primo e secondo canto, quello per cui ogni sfiga è accompagnata dall'accettazione sarcastica della vita.
Inutile perdere il sonno per cercare il nesso tra la sequenza iniziale sul dybbuk e la conclusione: la catastrofe, annunciata da un finale neanche troppo aperto, è nell'aria fin dalle prima battute. Anche il personaggio di Sy è un falso deus ex machina, e le sue apparizioni oniriche non sono concessioni al profetismo.
A serious Man sembra una riproposizione di L'uomo che non c'era senza delitti né scene violente. Ma mentre il barbiere innescava attivamente la spirale di sventure con un piano da strapazzo, Gopnik si limita a subire la realtà. E' un uomo che non c'è, o forse c'è nella sua passività. Il protagonista afferma il proprio essere very serious subendo il sadismo della regia, così come l'uomo qualunque subisce gli eventi interrogandosi altrettanto seriamente se via sia o meno un burattinaio intelligente.
Meno d'impatto rispetto ai noir più famosi dei Coen, A serious man mantiene il tono della commedia amara da principio alla fine, piacevole e colta, sebbene con qualche punto morto. Inevitabile che qualche spettatore non avvezzo alla poetica dei Coen ne faccia notare l'inconsistenza di fondo.
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silviafalco
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giovedì 11 febbraio 2010
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un inno alla sfortuna
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L'interpretazione è soggettiva perché nessuno la sa dare in senso assoluto. Io ci ho visto una presa in giro della religione, di tutti coloro che cercano nei rappresentanti della fede una risposta ai loro interrogativi esistenziali, ma alla fine una risposta nessuna la sa dare. Bisogna accettare la vita così come viene e basta. E poi Larry... Che uomo sfortunato! Ci sono il trionfo della malvagità e la difficoltà per il protagonista di realizzarsi, di sentirsi amato e apprezzato, di condurre una vita serena. Non gli viene data la possibilità di parola, lui non viene ascoltato e non sa farsi ascoltare. Capitano tutte a lui! Lui che forse ha ancora un animo puro vive circondato da persone menefreghiste ed egoiste che mirano solo al proprio tornaconto, dalla moglie e Sy Ablemann al figlio, alla figlia, allo studente coreano.
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L'interpretazione è soggettiva perché nessuno la sa dare in senso assoluto. Io ci ho visto una presa in giro della religione, di tutti coloro che cercano nei rappresentanti della fede una risposta ai loro interrogativi esistenziali, ma alla fine una risposta nessuna la sa dare. Bisogna accettare la vita così come viene e basta. E poi Larry... Che uomo sfortunato! Ci sono il trionfo della malvagità e la difficoltà per il protagonista di realizzarsi, di sentirsi amato e apprezzato, di condurre una vita serena. Non gli viene data la possibilità di parola, lui non viene ascoltato e non sa farsi ascoltare. Capitano tutte a lui! Lui che forse ha ancora un animo puro vive circondato da persone menefreghiste ed egoiste che mirano solo al proprio tornaconto, dalla moglie e Sy Ablemann al figlio, alla figlia, allo studente coreano. Tutti i problemi gravano sulle sue spalle, e nessuno sembra motivato ad alleggerirlo, anzi, tutti lo sovraccaricano ancora di più. Larry è un uomo profondamente sfortunato, fino a che si comporta come un uomo serio a tutti gli effetti, tutti gli vanno contro, nel momento invece in cui si adegua al comportamento egoistico ed irrispettoso delle regole che adottano tutti gli altri, viene punito. Penso che sia il racconto della sfortuna di quest'uomo elevata all'ennesima potenza.
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simone 75
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mercoledì 17 febbraio 2010
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la tragica commedia della vita
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I fratelli Coen approfondiscono il loro viaggio nei meandri della vita, scavando a fondo nelle miserie delle umane vicissitudini. A serious man è una continua ricerca, è la rappresentazione degli affanni quotidiani cui si viene sottoposti anche inconsapevolmente, è la domanda delle domande, è la disperazione dell’insensatezza, e al contempo il risvolto comico della medesima. Larry Gopnik cerca ostinatamente un perché, cerca il motivo o la regia che si cela dietro la sua difficile esistenza, dietro gli eventi che ne minano la dignità e l’equilibrio psichico, e punta agli Oracoli come a miraggi, in una scala di rivelazioni che possa quasi avvicinarlo al dvino. Ma Larry non trova nulla, se non la conferma di una casualità che tutto domina, se non ulteriori dubbi mascherati da aneddoti inconsistenti.
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I fratelli Coen approfondiscono il loro viaggio nei meandri della vita, scavando a fondo nelle miserie delle umane vicissitudini. A serious man è una continua ricerca, è la rappresentazione degli affanni quotidiani cui si viene sottoposti anche inconsapevolmente, è la domanda delle domande, è la disperazione dell’insensatezza, e al contempo il risvolto comico della medesima. Larry Gopnik cerca ostinatamente un perché, cerca il motivo o la regia che si cela dietro la sua difficile esistenza, dietro gli eventi che ne minano la dignità e l’equilibrio psichico, e punta agli Oracoli come a miraggi, in una scala di rivelazioni che possa quasi avvicinarlo al dvino. Ma Larry non trova nulla, se non la conferma di una casualità che tutto domina, se non ulteriori dubbi mascherati da aneddoti inconsistenti. La giostra di avvenimenti e di personaggi, assurdi e fantastici, che ruota attorno al protagonista non può che accrescerne l’insicurezza, fino a farne crollare ogni residuo morale, fino a mostrare come i singoli eventi siano tutto e niente al tempo stesso. Le vite degli individui appaiono esposte ad ogni tipo di intemperie, in una vastissima gamma che va dalla notizia che destabilizza improvvisamente un momento di rinascita individuale, al tornado che oscura prima il cielo, poi la possibilità di un chiarimento a lungo anelato, e infine il film, e la nostra visuale su di esso. In fondo siamo tutti Larry Gopnik.
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garancebp
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venerdì 22 agosto 2014
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heisenberg e gli airplane per i "seri" coen
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L’uomo serio dei fratelli Coen si chiama Larry Gopnik, ebreo, professore universitario di fisica in corsa per il posto di ruolo, marito di una donna che lo lascia all’improvviso per un altro brav’uomo, padre di due figli dediti a spinelli e shampoo, fratello di un uomo malato e giocatore, cliente di costosi avvocati a causa di liti di confine. La seria pazienza di Giobbe che si richiede al povero Larry è messa a dura prova dall’impressionante caterva di guai che tentano di minarlo e più volte lo portano sull’orlo di un crollo, e proprio nella resa di questa caleidoscopica serie di vicissitudini i Coen realizzano un mix perfetto di ataviche questioni ebraiche e nevrotiche ansie borghesi del Mid West americano degli anni ’60.
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L’uomo serio dei fratelli Coen si chiama Larry Gopnik, ebreo, professore universitario di fisica in corsa per il posto di ruolo, marito di una donna che lo lascia all’improvviso per un altro brav’uomo, padre di due figli dediti a spinelli e shampoo, fratello di un uomo malato e giocatore, cliente di costosi avvocati a causa di liti di confine. La seria pazienza di Giobbe che si richiede al povero Larry è messa a dura prova dall’impressionante caterva di guai che tentano di minarlo e più volte lo portano sull’orlo di un crollo, e proprio nella resa di questa caleidoscopica serie di vicissitudini i Coen realizzano un mix perfetto di ataviche questioni ebraiche e nevrotiche ansie borghesi del Mid West americano degli anni ’60. “Accogli con semplicità tutto quel che ti accade”, recita la saggezza ebraica in apertura del film, ma può una mente rassegnarsi a ricevere senza tentare di scovare un perché in quello che Hashem, Dio, gli butta addosso, senza cercare di mettere ordine nel caos della sua storia? In una sequenza chiave, finemente intellettuale e visivamente efficace, i Coen ci mostrano un sogno, o meglio un incubo, di Larry: il professore si vede nell’atto di spiegare, davanti a una grossa lavagna tutta imbrattata di calcoli, il principio di indeterminazione di Heisenberg, che “dimostra che non possiamo mai sapere davvero cosa accade”, per poi invece rivendicare per bocca di Sy Ableman, l’uomo che “si è scopato sua moglie di brutto”, l’esistenza di un senso “sottile e astuto, ma che alla fine della fiera è convincente”, che immagina, forse soltanto spera, possa trovarsi in Hashem, il quale viene a configurarsi nelle fattezze e nei pensieri terreni del rabbino più saggio, Marshak. Altri due rabbini precedentemente consultati avevano fallito con Larry: il primo consigliava di preservare uno stupore fanciullesco negli occhi con cui si guarda il mondo, la meravigliosa opera di Hashem; il secondo di dedicarsi gli altri e fare il proprio dovere. Eppure tutto ciò non basta, Larry lo sa. Ma quando anche lo spettatore freme ormai per ricevere il segreto, il grande Marhak si rifiuta di parlare con Larry. Parla soltanto più tardi a suo figlio Danny, che ha appena celebrato il Bar mitzvah, e lo fa per recitare i versi e i nomi dei membri dei Jefferson Airplane, ascoltati dal lettore musicale confiscato tempo addietro al ragazzo. Quando alla fine le cose sembrano essere tornate al loro ordine e la famiglia è ricomposta e il posto di ruolo è praticamente in tasca, ecco l’ultimo tiro mancino di Hashem-Coen: la telefonata concitata di un medico, un uragano in arrivo. E ora? Proprio non si riesce a portare a termine qualcosa in vita, neanche a finire di pagare l’erba degli spinelli, proprio non c’è nulla da fare? Forse una cosa ancora sì, forse la “risposta” è in quei versi che hanno scandito il film tra un lamento ebraico e l’altro, forse è davvero saggio il rabbino Marshak: Quando la verità si scopre essere falsità e tutta la speranza dentro di te se ne va… Don’t you need somebody to love?
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carmine antonello villani
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lunedì 28 dicembre 2009
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la precarietà della condizione umana per i coen
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Per i fratelli Coen la vita è un mistero, trovare un senso ai mille accadimenti sembra una contraddizione in termini quando le tragedie arrivano come un fulmine a ciel sereno. “A serious man” racconta l’impossibilità di trovare le risposte ai dubbi di un ebreo che assiste impotente alla sua rovina per mano di parenti, amici e colleghi di lavoro. Tra rabbini e consigli a buon mercato un professore del Midwest cerca invano d’interpretare gli eventi che lo travolgono, eppure non c’è alcuna ragione al caotico succedersi dei fatti perché in meno che non si dica una notizia inaspettata può davvero cambiare la vita. Fotografia della provincia americana degli anni ’60, “A serious man” è una storia intrisa di cupo pessimismo: laddove la religione non viene in soccorso dei fedeli anche la speranza è destinata a svanire.
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Per i fratelli Coen la vita è un mistero, trovare un senso ai mille accadimenti sembra una contraddizione in termini quando le tragedie arrivano come un fulmine a ciel sereno. “A serious man” racconta l’impossibilità di trovare le risposte ai dubbi di un ebreo che assiste impotente alla sua rovina per mano di parenti, amici e colleghi di lavoro. Tra rabbini e consigli a buon mercato un professore del Midwest cerca invano d’interpretare gli eventi che lo travolgono, eppure non c’è alcuna ragione al caotico succedersi dei fatti perché in meno che non si dica una notizia inaspettata può davvero cambiare la vita. Fotografia della provincia americana degli anni ’60, “A serious man” è una storia intrisa di cupo pessimismo: laddove la religione non viene in soccorso dei fedeli anche la speranza è destinata a svanire. Nulla è più falso della convinzione di poter trovare una spiegazione a qualsiasi cosa, la cabala e la Torah non riescono a prevedere i fenomeni che si susseguono in maniera imprevedibile. I Coen si fanno beffa dei dogmi e delle tradizioni ebraiche quando la fede sfocia nella superstizione, mentre la comunità di una cittadina diventa un pretesto per una riflessione profonda sulla precarietà della condizione umana. E Michael Stuhlbarg, nei panni di Larry Gopnik, la rappresenta in maniera straordinaria grazie a una regia molto matura. Ed ad un finale foriero di tristi presagi.
Carmine Antonello Villani
(Salerno)
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gertrude
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sabato 11 settembre 2010
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una felicità inattaccabile
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“Ho sempre cercato di essere un uomo serio.” Con queste parole Larry Gopnik un professore di fisica ebreo, cerca di far timidamente fronte a tutti i guai che gli stanno capitando. Un alunno sudcoreano cerca di corromperlo per passare un esame minacciandolo per diffamazione, la figlia pensa solo ai capelli e a rubare i soldi al padre per rifarsi il naso, il figlio fuma spinelli, il fratello drena la ciste occupando continuamente il bagno e riempie un quaderno di calcoli probabilistici, e quel che è peggio si sente dire dalla moglie che vuole il get (il divorzio rituale) per potersi sposare nella fede con il vedovo Sy Ableman.
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“Ho sempre cercato di essere un uomo serio.” Con queste parole Larry Gopnik un professore di fisica ebreo, cerca di far timidamente fronte a tutti i guai che gli stanno capitando. Un alunno sudcoreano cerca di corromperlo per passare un esame minacciandolo per diffamazione, la figlia pensa solo ai capelli e a rubare i soldi al padre per rifarsi il naso, il figlio fuma spinelli, il fratello drena la ciste occupando continuamente il bagno e riempie un quaderno di calcoli probabilistici, e quel che è peggio si sente dire dalla moglie che vuole il get (il divorzio rituale) per potersi sposare nella fede con il vedovo Sy Ableman.
Una sfilza infinita di guai tale che Larry non può fare altro che rivolgersi a dei rabbini i quali però non danno alcuna risposta ai suoi interrogativi e sulla volontà di Hashem. Ed è qui che la genialità grottesca dei Coen emerge per comunicare che ,nonostante tutto quello che noi possiamo fare per raggiungere quella che pensiamo essere la felicità, nonostante tutto quello che noi possiamo fare per diventare delle persone “serie”, siamo sempre nelle mani di un Dio la cui volontà non sempre è dalla nostra e che non è possibile comprendere.
La vicenda è preceduta da un prologo che si svolge in un shetl polacco completamente distaccato dalla storia ma che è al contempo la chiave del racconto poiché ha a che fare con la stessa tematica.
Finito il prologo, lo spettatore viene catapultato nel MidWest 1967 al suono dei Jefferson Airplane per osservare il malcapitato Larry coi suoi problemi e le sue preoccupazioni. Il finale aperto con un uragano in arrivo ci lascia sperare che il protagonista sia in grado di superarli ma di questo, persino i registi, nessuno può esserne sicuro.
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cineamatore
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mercoledì 13 ottobre 2010
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i fratelli restano indipendenti
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Il duo di Minneapolis torna al lavoro mettendo in scena una personale commedia nera che divide il pubblico e conferma il fortissimo stilismo e la capacità autoriale dei Coen...A serious man racconta le vicende di Larry Gopnik,un tranquillo professore del Minnesota,che si trova a confrontarsi con una serie di rocambolesche disavventure che lo porteranno a mettere in discussione e ad interrogarsi su quello che prima considerava ordinario,tutto ciò analizzato in ottica grottesca dove le lunghe e statiche inquadrature sono accompagnate da un sottofondo quasi paranoico che ipnotizza lo spettatore rendendolo partecipe all irrequietezza del protagonista...Una miscela di cinismo grottesco e inquietudini estistenziali disegnano il personaggio principale che ha tanto le sembianze di un Fantozzi ebraico,con la differenza che il prof.
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Il duo di Minneapolis torna al lavoro mettendo in scena una personale commedia nera che divide il pubblico e conferma il fortissimo stilismo e la capacità autoriale dei Coen...A serious man racconta le vicende di Larry Gopnik,un tranquillo professore del Minnesota,che si trova a confrontarsi con una serie di rocambolesche disavventure che lo porteranno a mettere in discussione e ad interrogarsi su quello che prima considerava ordinario,tutto ciò analizzato in ottica grottesca dove le lunghe e statiche inquadrature sono accompagnate da un sottofondo quasi paranoico che ipnotizza lo spettatore rendendolo partecipe all irrequietezza del protagonista...Una miscela di cinismo grottesco e inquietudini estistenziali disegnano il personaggio principale che ha tanto le sembianze di un Fantozzi ebraico,con la differenza che il prof.Gopnik cerca di capire e sconfiggere le ingiustizie che invadono la sua vita consultando gradualmente tre padri spirituali che rimandono al mittente i dubbi aumentando l'ansia e il desiderio di dar risposta ai suoi vuoti.
Dal mio punto di vista la proposta dei Coen è assolutamente irresistibile e da considerare la più personale del regista a due teste,in quanto contiene molti elementi auto-biografici;in effetti l'obbiettivo è quello di descrivere una realtà ebraico-americana degli anni 60 ,in cui gli stessi sono cresciuti,sottolineando il ritmo di vita lento e ordinario condotto dagli ebrei che hanno come massima ambizione quella di diventare "Uomini Seri".
Film riuscitissimo perche riesce a mescolare perfettamente angoscia e oppressione con colta ironia ottenendo un gradevole e delicato risultato
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teo '93
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lunedì 1 novembre 2010
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i coen più spiazzanti e spietati di sempre
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Minnesota. Panorama desolante di un’America di fine anni ’60. Larry Gopnik è un professore di fisica ebreo che si ritrova repentinamente alle prese con delle situazioni imbarazzanti e imprevedibili: la moglie decide improvvisamente di affrontare un divorzio costringendolo a vivere in un motel, il figlio ha dei problemi alla scuola ebraica, il fratello è affetto da disturbi psicologici, un alunno tenta di corromperlo convincendolo ad “accettare il mistero”. Alla luce della sua opprimente esistenza, l’unica soluzione plausibile gli sembra quella di rivolgersi a tre rabbini emeriti nella comunità ebraica, autorità religiose attraverso cui sarà (quasi) sicuro di poter aspirare finalmente a quella felicità alla cui utopia si è sempre aggrappato inutilmente…
Scegliendo un taglio più intimistico delle loro precedenti opere, i Coen rispolverano le loro origini filmiche (e di vita) in un racconto spiazzante sin dalla prima bizzarra sequenza in un villaggio polacco molto avvezzo a credenze e superstizioni.
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Minnesota. Panorama desolante di un’America di fine anni ’60. Larry Gopnik è un professore di fisica ebreo che si ritrova repentinamente alle prese con delle situazioni imbarazzanti e imprevedibili: la moglie decide improvvisamente di affrontare un divorzio costringendolo a vivere in un motel, il figlio ha dei problemi alla scuola ebraica, il fratello è affetto da disturbi psicologici, un alunno tenta di corromperlo convincendolo ad “accettare il mistero”. Alla luce della sua opprimente esistenza, l’unica soluzione plausibile gli sembra quella di rivolgersi a tre rabbini emeriti nella comunità ebraica, autorità religiose attraverso cui sarà (quasi) sicuro di poter aspirare finalmente a quella felicità alla cui utopia si è sempre aggrappato inutilmente…
Scegliendo un taglio più intimistico delle loro precedenti opere, i Coen rispolverano le loro origini filmiche (e di vita) in un racconto spiazzante sin dalla prima bizzarra sequenza in un villaggio polacco molto avvezzo a credenze e superstizioni. Più vicini a capolavori irriverenti come “Fargo” che alla coralità un po’ sottotono del più recente “Burn after reading”, questa volta i due fratelli tessono un racconto intimo e ombroso, costruito in un clima angustiante e glaciale, in cui un umorismo sottile e arguto quanto perfidamente tenebroso fa da contraltare ad un pessimismo radicale. “A serious man” è il mirabile esempio di un cinema in cui i personaggi vengono alla luce sprofondando nel turbine angosciante della loro esistenza. E i loro tormenti acquistano vigore grazie ad una costruzione volutamente ridondante, scandita costantemente dalle note mistiche della Torah ebraica e da ricorrenti inquadrature e movimenti di macchina. Una storia dissacratoria in cui il cinismo e l’idiozia sembrano avere incarnazioni nei singoli personaggi. “A serious man” è soprattutto il racconto di una vittima della passività sprezzante di coloro che gli sono intorno e della monotonia affatto consolatoria in cui sguazza da umile precario. Un martire che si affaccia brevemente alla vita e che se le la vede immediatamente privata (vedi la superba scena in cui, intento a riparare l’antenna sul tetto di casa, scorge per caso la vicina che prende il sole nuda, ne contempla per un attimo la vista per poi essere rispedito a terra da un improvviso giramento di testa). La narrazione è genialmente sospesa tra “mera percezione” e folle realtà, tra angoscia onirica e brutale risveglio al presente. Il motore dei dialoghi e dei rapporti tra i personaggi è strettamente intrecciato all’incomunicabilità che spadroneggia fra di essi. Un’incomunicabilità che fa rima con sordità mentale ed egoismo sfrenato, in cui la religione è un’illusione incolmabile che lascia senza risposta dubbi e angosce dei suoi fedeli, quasi a dimostrare che si può vivere esclusivamente accettando il “mistero” che ci è intorno senza capirne il significato. Teoria inquietante, che i Coen denunciano schernendo a denti stretti superstizioni e balordaggini. La loro regia predilige da sempre un mordace distacco dai suoi personaggi, allontanando persino in noi spettatori la giustificabile sensibilità nei confronti delle loro gracilità, in quanto sarebbe, alla luce della spietatezza della realtà a cui sono sottoposti, una sensibilità vacua, fragilissima, destinata quindi a essere “spazzata” (come testimonia la glaciale sequenza finale) nel turbine di un’angoscia perpetua.
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gianmarco.diroma
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mercoledì 5 gennaio 2011
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when the truth is found to be lies
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When the truth is found to be lies: quando la verità è trovata per essere smentita o per essere falsa. Quando cioè le cose sembrano finalmente andare bene, quando cioè la vita del "serious man" Larry Gopnik sembra finalmente riallinearsi sui giusti binari (giusti nel senso di in linea con la morale da buon ed osservante ebreo qual'è il protagonista dell'ultima fatica dei fratelli Coen), ecco scatenarsi di nuovo la volontà di Dio, attraverso la voce di un medico che deve annunciare l'esito di una serie di analisi e l'occhio di un ciclone che sta per abbattersi su tutto e tutti. Sembrava la verità di Dio potesse esprimersi nel finale del film attraverso un happy end, ed invece niente! Tutto si blocca! Sembra di avere a che fare con la Sfinge di Edipo.
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When the truth is found to be lies: quando la verità è trovata per essere smentita o per essere falsa. Quando cioè le cose sembrano finalmente andare bene, quando cioè la vita del "serious man" Larry Gopnik sembra finalmente riallinearsi sui giusti binari (giusti nel senso di in linea con la morale da buon ed osservante ebreo qual'è il protagonista dell'ultima fatica dei fratelli Coen), ecco scatenarsi di nuovo la volontà di Dio, attraverso la voce di un medico che deve annunciare l'esito di una serie di analisi e l'occhio di un ciclone che sta per abbattersi su tutto e tutti. Sembrava la verità di Dio potesse esprimersi nel finale del film attraverso un happy end, ed invece niente! Tutto si blocca! Sembra di avere a che fare con la Sfinge di Edipo. Tutto rimane un enigma. L'enigma della vita e di come la fede s'inserisce nella vita e dialoga con essa. Di come avere fede non sia una questione di risposte, bensì di domande a cui non seguono necessariamente delle risposte (si veda la storiella del dentista). Nessuna risposta quindi: ma solo un nonsense generalizzato ed esteso a tutti i livelli (dal rabbino al giovane studente indisciplinato). Se in Burn After Reading o in Non è un paese per vecchi questo nonsense inghiottiva ogni singolo personaggio del film gettandolo in un gioco al massacro (che in Burn After Reading si muove sulla sottile linea della commedia mentre in Non è un paese per vecchi sui toni del dramma epico) qui non c'è spazio neppure per la violenza umana. La morte arriva con estrema naturalezza ed in maniera improvvisa, prendendosi gioco delle aspettative dei protagonisti del film (l'avvocato che muore d'infarto mentre sta per dare una tanta agognata buona notizia a Larry). La violenza della natura nega sé stessa per farsi danza macabra ai danni di coloro che compongono il puzzle di questo gioco. I guai che coinvolgono il serio Larry Gopnik rimangono solo ed esclusivamente guai: non diventano né tragedie, né drammi. Non ci è nulla di eroico nella vita di Larry Gopnik. Non ci sono battaglie da vincere, perché, come già detto più volte non ci sono risposte necessarie e perché il cinema dei fratelli Coen non è mai stato un genere di cinema consolatorio. La differenza rispetto ad altri film dei due fratelli di Minneapolis è che in questo è possibile vivere una sorta di esperienza guardando il film. C'è una coerenza formale che unisce gli accadimenti del film con il loro essere raccontati. In questo senso questo film è un'esperienza: come la vita non si sa dove ci stia portando, allo stesso modo questo film procede senza che vi sia un reale (apparente) perché. Il perché è la vita stessa, il film stesso (!!!), il suo dispiegarsi e il suo essere proiettato direttamente su uno schermo in una sala buia, in contatto diretto con il nostro subconscio.
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