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Jodie Foster: lady vendetta a New York

Il buio nell'anima raccontato dalla voce dei protagonisti.
di Marzia Gandolfi

Il film

lunedì 17 settembre 2007 - Incontri

Il film
Dopo Patrick Braden, l'eroe jordiano che desiderava essere donna e fare colazione su Plutone (Breakfast on Pluto, 2005), Neil Jordan torna sulla terra e volta al femminile la vendetta "giusta" alla Charles Bronson. Il suo giustiziere ha il volto di Jodie Foster, giornalista radiofonica e quasi sposa del fidanzato David Kirmani, il Said "perso" sull’isola della Fox. Picchiati a Central Park da due sbandati, Erica sopravvive al compagno e decide di farsi giustizia da sola. Filmando l'America e abbracciando il cinema della paura e della paranoia post 11 settembre, il regista irlandese affronta il trauma dell'aggressione e la consapevolezza dolorosa della relatività della nozione di giustizia e di chi pretende di agire in suo nome. La giustizia "imperfetta" messa in atto dalla protagonista incontrerà l'investigatore "noir" di Terrence Howard che, impotente davanti alle cicatrici profonde inferte a Erica e alla "volontà" della polizia di lasciare impuniti i colpevoli, finirà per avallare l'agire illegale della donna. Attraverso il percorso della protagonista femminile, Jordan evidenzia il paradosso attorno a cui ruota Il buio nell'anima: colmare il vuoto della giustizia presuppone un atto che la rinnega.

Oltre il thriller, oltre il genere
Con Il buio nell'anima non volevamo soltanto produrre un buon thriller, ci piaceva occuparci dello studio dei personaggi, per questo insieme a Neil, Jodie e Terrence abbiamo cercato di approfondire i caratteri dei protagonisti, di capire le trasformazioni che attraversano, di osservare che cosa può accadere a una persona che viene colpita in maniera così violenta. Da una parte c'è l'Erica di Jodie Foster, che ha subito un grave lutto, dall'altra c'è l'investigatore di Terrence Howard, che invece incarna lo spettatore. Sean Mercer siamo noi che guardiamo, noi che stiamo dalla parte giusta, dalla parte della legge. Erica e Sean faranno nell'epilogo una scelta estrema. Abbiamo realizzato il finale in questa maniera intenzionalmente, perché volevamo che il pubblico comprendesse che la violenza può corrompere chiunque, anche una persona per bene come Erica. Ci auspichiamo che lo spettatore lasci la sala sentendosi a disagio e domandandosi che cosa sarebbe accaduto se fosse capitato a loro.

New York: vendetta e paura
Arrivati a New York ho girato circa tre o quattro mesi alla ricerca di luoghi che non fossero frequentemente fotografati, per il mio film volevo delle locations insolite e con l'aiuto dei miei collaboratori ho cercato di trasformare questa città in una specie di set esistenziale, dove calare il dramma di una vendetta. Perché il mio film è questo: una storia di vendetta e di violenza. In un certo senso ho affrontato il bisogno americano di regolare i conti, il fascino che l'America prova nei confronti della violenza e del "far pagare". È un'esigenza, è un sentimento che mi ha sempre lasciato perplesso. Il senso della paura poi è reale e palpabile a New York, è qualcosa che pervade le città degli Stati Uniti e in tempi recenti anche diverse città europee, penso a Londra. Quello che io non avevo intenzione di fare, né ho cercato di fare, è stato tentare una riflessione politica. Da subito, a interessarmi è stato il modo in cui il desiderio di vendetta si impadronisce di una persona, trasformandola radicalmente.

Recitando Erica
Quando creo i miei personaggi non mi ispiro mai alle mie performance precedenti, prendo appunti dalle cose reali e quotidiane piuttosto che dai film. Quello che fin dall'inizio mi ha attirata di Erica Bain, e che era già contenuto nella sceneggiatura, è la profonda trasformazione a cui va incontro dopo la morte dell'amato compagno. Mi piaceva l'idea di interpretare un personaggio che a un certo punto della sua vita diventa qualcuno altro, un'estranea che lei stessa non conosce né riconosce più. Questa trasformazione la rende per certi aspetti più umana, per altri più bella ma al contempo mostruosa. Per tutte queste ragioni ho insistito per interpretarla.

Il "the end" secondo il regista
Col mio finale una delle domande che ho voluto sollevare è stata: "Perché togliere la vita a una persona con la pistola di un poliziotto è una cosa legittima e invece non è legale farlo con quella di un cittadino? Questa è la prima questione. L'altra, come ho già detto, è la vendetta, che aleggia ormai in tutto il mondo. Molte persone la praticano rimanendo impuniti, facendola franca. Guardiamo Tony Blair, è uscito tranquillo dal parlamento e non gli è successo niente, qualcuno gli ha mai detto o fatto qualcosa?

Il "the end" secondo l'attrice
Abbiamo sicuramente discusso molto su come chiudere il film e su quale finale realizzare, ma quando Neil ci ha mostrato l'ultima stesura che aveva scritto, nessuno ha avuto più niente da ridire e lo abbiamo infine girato. Erica è un personaggio profondamente triste che chiede soltanto di essere fermata nella sua discesa all'inferno, magari proprio da una persona che rispetta e a cui vuole bene, come Mercer. Ma pur desiderando la punizione, Erica non viene punita e così procede a uccidere, a farsi giustizia fino a trasformarsi e diventare estranea a se stessa. Questo è un film sofisticato, noi speriamo che la gente, uscendo dal cinema, continui a dibattere sulla questione etica sollevata. Il suo messaggio ricalca quello espresso dai film degli anni '70, come Taxi Driver o Un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Quello che vorrei è che il pubblico entrasse nel mio personaggio, si immedesimasse, sperimentasse quello che Erica è e sente. Noi non vogliamo dire allo spettatore questo è giusto e questo è sbagliato, piuttosto lasciare che al termine della proiezione si ponga delle domande, discutendo su ciò che Erica ha fatto. Perché questo film affronta problemi sociali profondi.

Al di là della legge (dell'uomo)
In ogni società esiste la legge scritta dall'uomo, quella che seguiamo noi bravi cittadini. Noi ci mettiamo seduti a tavolino, scriviamo la legge, poi la facciamo approvare, chiediamo il sigillo e infine la applichiamo. Poi c'è la legge della natura, quella delle emozioni e dei sentimenti, positivi o negativi che siano. Molto spesso nella vita ci troviamo a cavallo fra queste due linee, esattamente come il mio personaggio che, arrivato sul confine, decide di comportarsi in maniera decisamente umana. Ci sono stati dei momenti in cui non capivo come volesse agire il mio poliziotto, ne ho parlato a lungo con Jodie perché non sapevo cosa lui volesse fare o si sentisse di fare. Diciamo che se si consente a una persona o a un personaggio di camminare lungo questa linea di confine è molto facile cadere da una parte o dall'altra.

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