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Horror Frames: The Zombie Diaries e i reality zombeschi

Gli zombie sono i mostri più ricorrenti dell'horror moderno.
di Rudy Salvagnini

Una scena del film horror The Zombie Diaries.

martedì 30 novembre 2010 - News

A parte il recente ritorno in grande stile dei vampiri in versione romantico-melodrammatica, non c'è dubbio che sono gli zombie i mostri più ricorrenti dell'horror moderno. Film produttivamente di serie A (28 giorni dopo, L'alba dei morti viventi, Io sono leggenda) e soprattutto di serie B (la maggior parte, per non parlare delle serie minori) affollano da decenni schermi e videoteche proponendo zombie lenti, veloci o anche semplicemente di buon passo. Le più svariate cinematografie si impegnano a profusione sull'argomento e anche la tipologia degli zombie si è allargata ricomprendendo non più solo i classici morti viventi, ma anche coloro che per le cause più svariate - spesso virali - si comportano come zombie anche senza essere tecnicamente morti: se ne vanno cioè in giro con brutte facce, il cervello spento e l'intento di "divorare gli esseri che vivono", come diceva la frase di lancio di La notte dei morti viventi alla prima uscita. Ci sono film di zombie puramente horror e ce ne sono molti altri che puntano invece sulla commedia, accompagnandola sempre però con robuste dosi di splatter: è il sottogenere della commedia zombesca che tanti film ha sfornato negli ultimi anni (da Benvenuti a Zombieland a Zombie Strippers a molti altri).
Ma c'è anche un filoncino di reality zombie movies che cerca di trasmettere la drammaticità dell'impatto dell'orda degli zombie attraverso la massimizzazione della quotidianità. Gli esempi più importanti sono Diary of the Dead - Le cronache dei morti viventi di George A. Romero e i due Rec della coppia spagnola Balaguerò-Plaza. È ora in uscita anche da noi in dvd, a distanza di quattro anni dalla realizzazione, un altro appartenente alla categoria, The Zombie Diaries, un film inglese dal budget minuscolo che segna il debutto di una giovane accoppiata di registi britannici: Kevin Gates e Michael Bartlett. I tratti distintivi del filone ci sono: montaggio scomposto di filmati apparentemente girati da troupe televisive o amatoriali, inquadrature di fortuna e, naturalmente, gli zombie. La storia è piuttosto classica, con la consueta invasione di zombie e gruppi di sprovveduti intenti a fronteggiarla perché le autorità ne hanno subito perso il controllo.
Un'epidemia virale che rende zombie sta colpendo alcune parti del pianeta. In Gran Bretagna non è ancora arrivata e il Governo mette in atto un piano per bloccarla. Naturalmente però non è facile. Una troupe televisiva percorre la campagna inglese filmando e intervistando gli abitanti per conoscerne le opinioni riguardo al pericolo incombente. Mentre sono in giro, apprendono che Londra è improvvisamente precipitata nel dramma. Poi incontrano degli zombie e capiscono che il contagio è ormai inarrestabile. Un mese dopo, altri scampati al contagio percorrono la campagna alla ricerca di oggetti utili alla sopravvivenza, ma naturalmente trovano anche zombie a volontà. Il film è presentato come l'assemblaggio di tre diversi videodiari ("The Outbreak", "The Scavengers", "The Survivors") che pur raccontando in parte storie diverse appartengono alla medesima situazione e si collegano tra loro attraverso personaggi ricorrenti. La struttura narrativa particolare è interessante ed è stata adottata anche da Signal di Bruckner, Bush e Gentry con risultati non eccezionali, ma sicuramente migliori. In The Zombie Diaries la storia è infatti piuttosto risaputa e non riesce a trovare un'angolatura o un punto di vista sostanzialmente nuovo che caratterizzi in modo almeno in parte originale l'esposizione dell'ennesimo contagio zombesco. Richiami agli ormai classici film di Romero e a molte altre pellicole - su tutte, 28 giorni dopo - testimoniano dei gusti dei registi, ma non della loro capacità di rielaborarli in qualcosa di autonomo. Sotto il piano formale, il film - proprio per l'impronta che ha voluto darsi - è il festival delle riprese traballanti, delle zoomate, dei repentini movimenti di macchina e dei dialoghi accuratamente improvvisati.
Il che fa sorgere spontanea una riflessione: perché mai quando si vuole far pensare a riprese fatte da singoli videoamatori (ma anche da esperti professionisti come l'operatore della troupe televisiva) bisogna muovere in continuazione la camera sino a suscitare il mal di mare nello spettatore? Neanche il più sprovveduto dei videoamatori ormai filma in questo modo. è una tecnica comunque ormai spesso adottata per dare concitazione e tensione anche al di fuori dei reality movie - un esempio tra i tanti è il recente La casa della peste - ma è facile quanto spesso inefficace. Più inventivo, sotto il profilo della ricerca di realismo, l'uso di telecamere fisse di sorveglianza, come si vede soprattutto in Paranormal Activity 2. Non che risolva problemi creativi, ma almeno non dà luogo a riprese squinternate.
Tornando a The Zombie Diaries, va detto che non mancano elementi positivi: l'ambientazione rurale è azzeccata e suggestiva e il finale non è male, riuscendo a fornire una chiusa adeguata ed efficace alla narrazione. I registi sono esordienti: hanno ampi margini di miglioramento e potranno dimostrarli nel seguito di cui è annunciata la realizzazione.

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