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Ultimo aggiornamento martedì 20 novembre 2012
La versione originale di questo film, girato per la tv, durava quasi sei ore; al cinema se ne sono viste soltanto tre, tagliate e ricucite in modo piuttosto frettoloso, tra "buchi" narrativi e personaggi che scompaiono nel nulla. Il film ha ottenuto 6 candidature e vinto 4 Premi Oscar, ha vinto un premio ai Nastri d'Argento, ha vinto un premio ai David di Donatello, 2 candidature e vinto un premio ai Golden Globes,
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La versione originale di questo film, girato per la tv, durava quasi sei ore; al cinema se ne sono viste soltanto tre, tagliate e ricucite in modo piuttosto frettoloso, tra "buchi" narrativi e personaggi che scompaiono nel nulla. Anche in formato "condensato", comunque, la potenza narrativa di Bergman, che guarda il mondo con gli autobiografici occhi del fanciullo Alexander, è più che suggestiva e la tematica pirandelliana del labile confine tra finzione/teatro e realtà/vita è espressa con la consueta profondità. Ecco allora, come in un affresco, le vicende di una famiglia borghese d'inizio secolo.
Fanny e Alexander è la summa poetica di Ingmar Bergman. È un’ode alla fantasia, alla vita, alla molteplicità, unisce tragedia, commedia, dramma borghese, romanzo d’appendice, il fantastico, il soprannaturale, il magico, il grottesco, il sogno. La frase finale, pronunciata da Helena e tratta da Il sogno di Strindberg, chiarisce il senso del film: «Tutto può accadere, tutto è possibile e verosimile. Il tempo e lo spazio non esistono. Su una vacillante base di realtà, l’immaginazione fila e tesse nuove trame». Il film si basa su tre case-famiglie (Ekdahl, Vergérus, Jacobi), da cui si proiettano i tre temi fondamentali: teatro (arte), religione, magia. La narrazione è centrata su Alexander, alter ego di Bergman, che ricostruisce nel film il mondo perduto della propria infanzia. Alexander scruta il mondo degli adulti per tentare di oltrepassarne la facciata e di capirlo. È un sognatore: attraverso i suoi occhi, la dimensione onirica diventa realtà viva. È l’intercessore tra realtà e surrealtà: per mezzo di lui, Bergman afferma che la fantasia è un privilegio dei bambini, e degli adulti che conservano lo spirito dell’infanzia. Alexander tempra tale privilegio attraverso l’osservazione della molteplicità del mondo, e attraverso l’arte, il teatro, il cinema, rappresentato dalla lanterna magica. Il film è una riflessione sul rapporto fra teatro («il mondo piccolo», secondo Oscar) e vita («il mondo grande»); è un’apologia dell’arte come universo che permette agli uomini di liberare l’immaginazione, di vedere la fantasia diventare realtà. L’arte apre infinite possibilità di educazione, espressione, sogno. L’attitudine sognatrice di Alexander è stimolata in casa Ekdahl e in casa Jacobi, dove dominano la magia, la molteplicità, il calore luminoso della luce; ed è repressa in casa Vergérus, dove dominano il rigore, la freddezza lugubre del buio. Basilare è il tema della famiglia, il contrasto tra due modelli di famiglia, e di padri. Da una parte, gli Ekdahl, la famiglia che educa alla creatività con l’arte e la molteplicità di comportamenti e modi di pensare; dall’altra, i Vergérus, la famiglia in cui l’educazione mira all’austerità e alla mortificazione dell’animo. Da una parte, Oscar, il padre naturale, artista e uomo caloroso, poi bianco fantasma, angelo custode; dall’altra, Vergérus, il patrigno tirannico, poi fantasma diabolico. Vergérus porta al tema della religione: Bergman attacca il modello del clero protestante basato su regole repressive. Tuttavia, anche se non è possibile elevarsi alla spiritualità attraverso l’azione del clero protestante, Dio non può evitare di lasciare nel mondo degli uomini i segni della sua presenza, e l’unico modo per seguire tali segni è dato dall’amore.
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Con "Fanny e Alexander" Ingmar Bergman raggiunge forse i risultati più straordinari in tutta la sua produzione artistica. Programmato originariamente per la televisione con la durata di circa 300 minuti, il film fu poi proiettato al cinema con abbandonati tagli, ma comunque della lunghezza complessiva di tre ore. Bergman torna ad affrontare tematiche tipiche del suo cinema (la morte, il rapporto genitori-fi [...] Vai alla recensione »
“Fanny e Alexander” è un'autobiografia "sognata"; un grande affresco, nel quale più di cinquanta personaggi si muovono in una realtà che, quasi distorta dal ricordo, finisce per diventare sogno. E' un film sontuoso: nella durata; nella quantità di personaggi, nella qualità degli attori; nella fotografia; nella complessità della trama; nella varietà dei temi trattati; nei costumi; nella scenografia; [...] Vai alla recensione »
TRAMA:La storia è ambientata in Svezia nei primi anni del novecento e racconta le vicende di due giovani ragazzi figli di una nobile famiglia che,dopo la morte del padre,finiscono in balia di un vescovo orrendo...RECENSIONE:Questo film(all'epoca pensato per la televisione e la durata era di 312 minuti ridotti successivamente a 188)è considerato unanimemente il testamento cinematografico(e [...] Vai alla recensione »
Premettendo che ho visto la versione di 3h, devo dire che ho trovato questo film poco bergmaniano e molto - forse troppo - dilatato nella sceneggiatura. Si tratta comunque di un'opera maestosa e concepita quasi come fosse un testamento cinematografico, liberatorio e definitivo.
Tre ore di film che volano via come fossero un battito di ciglia, spesso tra risate, a volte con stupore, sempre, pero', lasciandoti col fiato sospeso e la bocca spalancata. Non un momento di stanca, nè nelle tirate filosofiche, nè durante le feste in famiglia che potrebbero rischiare di far calare la palpebra. Il dramma-commedia di Bergman, raggiunge vette incalcolabili di tensione, di passione, [...] Vai alla recensione »
Film manierato sullo stile dello sceneggiato televisivo che molto concede al pubblico di facili appetiti. Manca il miglior Bergman espressionista e sintetico. Quel cinema già "antico", che lui non sente più suo, evidentemente. Opera che non sostiene il livello qualitativo dell'autore. Bravi gli attori.
Un pezzo di storia della famiglia Ekdahl a Uppsala nel 1905. Una grande famiglia che fonda le sue radici nel teatro. Helen, vedova, ex attrice, è la capofamiglia che organizza e vigila sulle famiglie dei tre figli dalla sua grande casa. Alla morte di Oscar Ekdahl, il figlio che aveva preso l’eredita del teatro, Emilie sua moglie accetta di sposare il vescovo e si trasferisce da lui [...] Vai alla recensione »
Caro, grande e poco conciliante maestro Bergman. Giunto in cima alla sua montagna artistica può permettersi di fare un riepilogo dei suoi temi e quasi un'analisi delle sue ossessioni passate. Fanny e Alexander, è un repertorio bergmaniano, disteso nei ricordi di un'infanzia svedese ai primi del secolo, visto con gli occhi inediti di un bambino terribile e della sua intrepida sorella.