Roma, 1944. La città è stata liberata e il egista Roberto Rossellini e lo sceneggiatore Sergio Amidei hanno in mente una storia. Espandi ▽
Roma, 1944. La città è stata liberata, un gruppo di cineasti cerca di fare un film. Il regista Roberto Rossellini (Ghini) e lo sceneggiatore Sergio Amidei (Giannini) hanno in mente una storia che non ha nulla a che fare con quelle di moda, romantiche e rassicuranti. Si tratta di una vicenda di grande realismo e il film si intitolerà
Roma città aperta. Rossellini e Amidei cercano un produttore, non c'è pellicola e gli attori sono diffidenti. Alla fine Anna Magnani accetta il ruolo della protagonista Pina, dopo il rifiuto di Clara Calamai. Il film è pronto, ma non trova distribuzione, la censura lo accusa di comunismo, disfattismo, di tutto. Ma ci pensa un ufficiale americano a portare la pellicola oltreoceano e a farla proiettare in una manifestazione. Comincia così la leggenda di uno dei titoli che hanno fatto la storia del cinema italiano nel mondo. Chi ha conosciuto Rossellini e Amidei dice che avevano personalità diverse da quelle espresse dagli attori. Nonostante molte critiche (incomprensibilmente) cattive, Lizzani ha lavorato bene. Suggestive, dolci e nostalgiche le situazioni di confezione del film: un coreografo gay che farà il comandante nazista, un giornalista che farà il partigiano. E poi la grande sequenza della morte di Pina. Risulta forse strana la rappresentazione di un Rossellini persino troppo domestico, minimale, senza assolutamente appeal. Se il maestro italiano era davvero così non si riesce a capire come abbia potuto conquistare la divina Ingrid Bergman.