Titolo originale | Ahlat Agaci |
Titolo internazionale | The Wild Pear Tree |
Anno | 2018 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Turchia, Francia |
Durata | 188 minuti |
Al cinema | 1 sala cinematografica |
Regia di | Nuri Bilge Ceylan |
Attori | Dogu Demirkol, Murat Cemcir, Bennu Yildirimlar, Hazar Ergüçlü, Serkan Keskin Tamer Levent, Akin Aksu, Ahmet Rifat Sungar, Ercüment Balakoglu, Öner Erkan, Kubilay Tunçer, Kadir Çermik, Özay Fecht, Sencar Sagdic, Asena Keskinci, Anil Durgun, Abdurrahman Tutar. |
Uscita | giovedì 4 ottobre 2018 |
Tag | Da vedere 2018 |
Distribuzione | Parthénos |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,43 su 12 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 26 ottobre 2018
Un uomo che aspira a diventare uno scrittore torna nella sua città natale per fare i conti con i debiti del padre. In Italia al Box Office L'albero dei frutti selvatici ha incassato 85,7 mila euro .
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CONSIGLIATO SÌ
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Sinan si è appena laureato e torna a casa, nel villaggio turco di Can. Il suo sogno è pubblicare il manoscritto su cui ha lungo lavorato e che racconta il suo mondo in maniera fortemente personale. Ma poichè non è un racconto spendibile a scopo turistico nessuno sembra interessato a pubblicarlo. Inoltre il padre di Sinan, il maestro elementare Idris, ha accumulato debiti attraverso le scommesse sulle corse dei cavalli e i suoi creditori si rivolgono continuamente al figlio per ottenere una restituzione.
È il rapporto fra padre e figlio il cuore della vicenda narrata da Nuri Bilge Ceylan, pluripremiato autore insignito della Palma d'Oro a Cannes per Il regno d'inverno
Ed è il malinconico resoconto di un comune destino per due generazioni nel contesto di una Turchia che sta cambiando volto e che continua a raccontarsi come democratica, anche se è popolata da poliziotti cui è data mano libera per compiere qualsiasi nefandezza. Anche il tentativo di Idris di scavare un pozzo insieme al proprio padre e al proprio figlio per trasformare la campagna inaridita in un posto verde è destinato a fallire, ennesima illusione di un uomo che ha sempre privilegiato la bellezza al denaro, a scapito di ogni pragmatismo.
Idris, nelle parole della moglie oberata dai debiti del marito, è una figura che suscita contemporaneamente rabbia e compassione, e anche suo figlio non può fare a meno di amarlo e allo stesso tempo disprezzarlo, temendo di riconoscersi nella sua caccia all'impossibile. Per questo Sinan cerca di superare l'esame di stato che gli consentirebbe di diventare insegnante come il padre e allo stesso tempo si sforza ostinatamente di raccogliere il denaro per pubblicare il suo romanzo, Ahlat Agaci (che significa "l'albero delle pere selvatiche") nella speranza di ottenere quel riscatto pubblico e privato che a suo padre è mancato.
Ma i personaggi cui Sinan si rivolge sono anche simboli della società turca contemporanea: il politico, l'intellettuale, l'imprenditore, l'imam. Ognuno ha il suo motivo per non appoggiare le richieste del ragazzo, ma imbastisce con lui lunghissime conversazioni parafilosofiche sul valore della cultura e della religione, nonchè sulla figura dell'insegnante che dovrebbe essere di esempio in un Paese che sembra avere perso la propria direzione.
Come sempre Ceylan si prende tutto il tempo per raccontare con dovizia di dettagli e generosità di dialoghi e di immagini una storia complessa che nasconde più strati di quanto la sua superficie apparentemente semplice lasci sospettare (e di quanto la censura turca autorizzi). La sua narrazione dolente crea il ritratto di due figure maschili che finiscono per coincidere nel loro essere irreprensibilmente romantiche, e per questo così poco adatte ad un mondo sempre più volto al concreto.
L'ALBERO DEI FRUTTI SELVATICI disponibile in DVD o BluRay |
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“L’Albero dei Frutti Selvatici” è l’ultima opera del regista turco Nuri Bilge Ceylan presente in questi giorni nelle sale cinematografiche italiane dove, attraverso la rappresentazione del rapporto tra un padre ed un figlio, viene ritratta la condizione della Turchia contemporanea. La storia ruota tutta intorno ad un ragazzo di circa 23/24 anni che, laureatosi [...] Vai alla recensione »
Il regista Nuri Bilge Ceylanè considerato uno dei più raffinati e sensibili tra quelli europei. I suoi film sono stati sempre segnalati a Cannes - premiato “Usak” nel 2003 - e anche quest’ultimo intitolato “Ahlat Agaci” in originale, cioè pero selvatico, ha riscosso ottime critiche e anche successo di pubblico, nonostante le tre ore di durata.
Un lungo film di parola, di dialoghi la cui intensità spinge a seguirli e non fanno rimpiangere un più rapido succedersi delle immagini. Una strategia narrativa che cattura lo spettatore perchè capace di coinvolgere su eventi della contemporaneità e sulla storia di rapporti di una famiglia turca non consueti sui nostri schermi.
Troppo lungo per come è svolto. Difficile non dormire nella prima parte. Possibile nella seconda. Mal recitato. Il tema padre/figlio poteva essere riassunto in un'ora. Faticosissimo resistere all'andare via come hanno fatto alcuni spettatori
Sarebbe ingenuo nascondere che oltre tre ore di film rischiano di scoraggiare lo spettatore non rigorosamente cinefilo. Però sbaglierebbe chi si fermasse davanti alla lunghezza monstre dell'ultimo, ennesimo, capolavoro di Nuri Bilge Ceylan, L'albero dei frutti selvatici, presentato a Cannes 2018 e nelle sale da giovedì. Perché il regista turco di Uzak, Viaggio in Anatolia, Il regno d'inverno (Palma [...] Vai alla recensione »
Passato in concorso a Cannes l'ultimo giorno del festival, tra un pubblico ormai rado e proiettato verso la premiazione il nuovo film di Nuri Bilge Ceylan (che col precedente Il regno d'inverno aveva vinto la Palma d'oro) era stato notato da pochi. Si spera che in sala ottenga l'attenzione che merita. Certo, è un film turco di tre ore. Ma, in epoca di bingewatching, si può immaginarla, mettiamo, come [...] Vai alla recensione »
Le cronache familiari di Sinan, giovane protagonista dell'ultima fatica del «Bergman del Bosforo» Nuri Bilge Ceylan, L'albero dei frutti selvatici, sono lo specchio del sentire di un'intera nazione: la Turchia di oggi, con tutte le sue inquietudini e contraddizioni, oscillante tra un irrisolto desiderio di modernità e tradizioni che faticano a tramontare, tra tenaci tentativi di emancipazione e moti [...] Vai alla recensione »
L'albero dei frutti selvatici (Il pero selvatico è la traduzione del titolo originale ben più attinente alla trama) è stato presentato quest'anno a Cannes senza troppi clamori, ma è un'opera assolutamente coerente con la ricerca e lo stile che contraddistinguono il regista turco Nuri Bilge Ceylan. Si racconta di un giovane uomo (Dogu Dermikol), che, terminati gli studi universitari, torna a casa dalla [...] Vai alla recensione »
Verrebbe voglia di mandare avanti qualcun altro, pur di non dover dire: film turco di 188 minuti (era la lunghezza dichiarata al Festival di Cannes, magari per gentilezza hanno tagliato qualcosa). Possiamo aggiungere: non era neanche male, visti i trascorsi del regista, capace all'inizio della carriera di inquadrare per dieci minuti maschi sul divano, con calzini e tv accesa.
Già l'incipit delle note di regia è fuori dal comune: "È fondamentale che ogni essere umano possa assumersi il rischio di uscire dal suo rifugio per mescolarsi agli altri". Il film non è da meno: per durata, più di tre ore; per sapienza, nei dialoghi e nella regia; per scomodità, e straordinaria inattualità. Non lo conosciamo oggi, il turco Nuri Bilge Ceylan, già Grand Prix a Cannes per C'era una volta [...] Vai alla recensione »
A prescindere dalla trama dei suoi film, Nuri Bilge Ceylan dipinge degli affreschi di un'ampiezza che sembra quasi anacronistica in tempi in cui bisogna essere brevi, in cui i tratti sostituiscono la psicologia e l'immaginario soccombe alla verità fittizia della cronaca. Il regista turco invece punta sulla durata che gli permette di cogliere, come succede nei romanzi di formazione classici, i destini [...] Vai alla recensione »
Non è una passeggiata, 3 ore e 10 nello sbandamento nevrotico e morale di una famiglia turca, specchio di crisi di valori del Paese. Un mattone? Al contrario. Questa parabola del figliol prodigo disorientato e rabbioso ha il dono di combinare intelletto e cuore, principi e dubbi, ostinazione e rassegnazione, a partire da un confronto impietoso e profondo tra padre e figlio, e non si molla mai.
Sinan si è appena laureato. Il suo ritorno al paese coincide con una serie di piccole frustrazioni che lo segnano sempre più in profondità. Il prestigio della famiglia è in caduta libera da che il padre ha iniziato a seminare debiti dappertutto, la desideratissima amica dell'adolescenza ha scelto di cedere alle nozze combinate, mentre la madre difende ostinatamente il marito con cui non condivide praticamen [...] Vai alla recensione »
Non ci sono più la Diva Calliope, il Pelide Achille e gli Achei, ma, nello spaesamento della rabbia esistenziale, restano i lutti, almeno delle illusioni e delle aspirazioni, nella Turchia d'oggi, là dove l'epica di Troia viene ricordata in piazza con il monumento in legno del mitologico cavallo. E Nuri Bilge Ceylan, nato proprio nella zona della città cantata da Omero, invoca la sua sola Musa, il [...] Vai alla recensione »
Estenuante dramma del recidivo trombone da festival Nuri Bilge Ceylon, osannato regista turco già Palma d'oro a Cannes 2014. L'aspirante scrittore Sinan torna a casa, in Anatolia, indeciso se fare il maestro elementare. Deve respingere i creditori del padre Idris, che si è giocato tutto alle corse dei cavalli. Incontra un sacco di gente e non tace nemmeno un secondo.