Titolo originale | Glass Garden |
Anno | 2017 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 116 minuti |
Regia di | Shin Su-won |
Attori | Geun-young Moon, Kim Tae-Hoon, Eun-Chong Go, Jung-ki Kim, Lee Seung-chan Tae-hwa Seo. |
MYmonetro | 2,73 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 26 marzo 2018
Una ricercatrice viene tradita da un collega di cui è innamorata e decide di isolarsi andando a vivere da sola nella foresta.
CONSIGLIATO SÌ
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La biologa Jae-yeon è convinta che difetti e malattie del corpo umano si possano curare con la produzione di più ossigeno nel corpo, grazie all'iniezione di cellule in grado di effettuare la fotosintesi clorofilliana. Una tesi fantasiosa, che richiederebbe anni di studi ed esperimenti su esseri umani. Per questo il professor Jung, amante di Jae-yaeon, decide di affidare una semplificazione del progetto, di immediato utilizzo industriale, a Soo-hee, una collega di Jae-yeon. Quest'ultima diviene ben presto anche la nuova amante di Jung.
Posto in apertura dell'edizione 2017 del Festival di Busan, Glass Garden è il quarto film di Shin Su-won (Pluto, Madonna), una delle voci più autorevoli della generazione di autori successiva allo hallyu, la new wave di inizio millennio.
Si tratta ancora una volta di un'opera personale e ambiziosa, che privilegia il punto di vista dei perdenti, di chi è costretto ai margini. Il mostro contro cui combattono i personaggi di Shin assume varie forme, ma nasconde immancabilmente i connotati della diabolica competitività alla base della società sudcoreana. Una lotta spietata, condotta su basi nominalmente meritocratiche, ma nei fatti regolata da ingiustizie ataviche, dalle consuete, banali e immutabili, dinamiche di potere. Quelle di Jae-yeon e Ji-hun, lo scrittore che si interessa al caso della biologa - sono due umilianti condizioni di solitudine e il loro incontro non è mai contraddistinto dal romanticismo che accomuna gli sconfitti, bensì dall'incomprensione e dal disagio reciproco.
La fotografia di Yun Ji-woon, desaturata fin quasi ad apparire diafana, sottolinea come i colori caldi delle emozioni abbiano abbandonato le vite dei due protagonisti per sostituirli con il verde della clorofilla, luminosa e sempre più inquietante fonte di vita, man mano che la storia procede. Anche la relazione tra uomo e natura finisce per divenire in Glass Garden una relazione complessa e quasi conflittuale, che contrappone la statica serenità degli alberi all'irredimibile empietà dell'animo umano.
Un soggetto carico di suggestione, che si traduce in una sceneggiatura complessa e ricca di dettagli. La messa in scena di Shin, privata di glamour e di ritmo, quasi ad emulare la condizione di zoppia di Jae-Yeon, non fa nulla per venire incontro allo spettatore. È quest'ultimo ad adattarsi o a rimanere al di fuori di una vicenda destinata a dividere, in qualche caso a lasciare interdetti. Shin intraprende un percorso sempre più personale, in cui la coerenza della trama perde sempre più importanza rispetto al lato metafisico della vicenda. Quando lo stile della regista sarà personale e radicale al pari della sua visione del mondo probabilmente ci troveremo di fronte a un capolavoro.