Titolo originale | Tong-jeung |
Anno | 2011 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 104 minuti |
Regia di | Kyung-Taek Kwak |
Attori | Sang-woo Kwone, Ryeo-won Jeong, Dong-seok Ma, Min-jun Kim . |
MYmonetro | 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 27 marzo 2012
Dopo la perdita della sua famiglia quando era un ragazzo, Nam-soon non riesce più a provare dolore, ne' quello fisico, ne' quello emotivo.
CONSIGLIATO SÌ
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Lui, Nam-soon, non prova dolore fisico e recupera crediti, lei, Dong-hyun, è malata di emofilia e piena di debiti. Tragedie del passato e del presente per due vite condannate all'infelicità che riescono, nell'amore, a ritrovare un barlume di senso dell'esistenza. Forse effimero.
Per una volta il titolo internazionale, Pain, vale più di mille parole e sintetizza nel migliore dei modi un autentico tour de force emozionale, in cui anche i più restii a liberare la propria emotività saranno messi a dura prova dai ripetuti attentati strappalacrime al loro aplomb. Non è nuovo il cinema coreano all'utilizzo dello spadone in luogo del fioretto e men che mai Kwak Kyung-taek, l'autore del celebratissimo Friend, epopea sulla vita gangster e di variazioni sul tema in odore di machismo, mai all'altezza di quell'exploit. Benché in un certo senso Love del 2007 rappresentasse la prima svolta, Pain è un deciso balzo nel vuoto per Kwak, alle prese con un genere per lui inusuale; per compierlo il regista si affida alla sceneggiatura di Kang Pool, talentuoso autore di manhwa (sempre più spesso godono di una trasposizione cinematografica, come in Moss di Kang Woo-suk) che è solito pubblicare online. Padrone dei ritmi della narrazione e di una fisicità non comune (purissimo cinema "dei corpi" il suo), il regista riesce, anche nel melò più esasperato, a colpire l'attenzione soprattutto per le incredibili violenze a cui è sottoposto il martire Nam-soon, l'uomo in grado di sopportare i colpi vibranti delle spranghe di metallo ma che per piangere ha bisogno della sua amata. Un personaggio caricaturale e inverosimile, fumettistico appunto: una sorta di Unbreakable con un cuore, oltre che un senso di colpa destinato a tormentarlo in eterno.
Pain attraversa molti momenti contrastanti. La trattazione dei sentimenti per larghi tratti rimane sul crinale tra il sapiente ricorso a espedienti tipico del melò orientale, avvalendosi di quei curiosi e delicati particolari che in fondo rendono speciali le storie d'amore (lei che piange in vece sua, lei che prova dolore in vece sua, lui che perde sangue dove lei non può e mille finti qui pro quo sul di lui iniziale rifiuto e sul di lei intuito) prima di scadere in eccessi e prolissità in cui emerge eccessivamente la grevità della mano di Kwak.
Gli ingredienti del melò sono tutti rispettati, forse - vedi anche il coevo Always di Song Il-gon- fin troppo, con un'esasperazione dei topoi che finisce per nuocere all'originalità del film. Un peccato, perché ancora una volta i personaggi erano ben tratteggiati e il masochistico spirito di sacrificio coreano era ottimamente incarnato dalla figura Nam-soo, l'uomo che non conosce il dolore. Mentre, dopo Castaway on the Moon, Jeong Ryeo-won ritorna con un'altra caratterizzazione tragica di ragazza "interrotta", ruolo che - evitando il typecasting in agguato- dimostra di padroneggiare con maestria e forte trasporto emotivo.