Nato in una famiglia di tipografi, B. partecipa giovanissimo alle lotte rivoluzionarie quando è studente in medicina, divenendo poi pugile e aiutomacchinista teatrale. Si iscrive al VGIK, la scuola di cinematografia dell'Urss, dove è allievo di Lev Kulešov. Assieme a Pudovkin e a Ejzenštejn fa parte del collettivo di Kulešov ed esordisce come attore nel film Neobychajnye priklucenija Mistero Vesta v strane bol' ševikov (Le strane avventure di Mister West nel paese de ibolscevichi, 1924), dove è Jeddy il cowboy. Più tardi è nel cast di Potomak CingišChana (Tempeste sull'Asia, 1928) di Pudovkin e di Živoj trup (Il cadavere vivente, 1929) di Fëdor Ozep. Con quest'ultimo nel 1926 collabora alla regia e alla sceneggiatura di Miss Mend,un film di spionaggio comico-brillante. È il primo passo della sua carriera di regista, caratterizzata da un sottile umorismo che dà un tocco personale all'osservazione minuziosa della realtà contemporanea. La sua vena intimista (sempre temperata dall'ironia) si fa strada sin dal primo film che dirige da solo, Devuška s korobkoj (La ragazza con la cappelliera, 1927) una satira della mentalità piccolo-borghese ancora diffusa nella Russia post-rivoluzionaria, che prende lo spunto dalla crisi degli alloggi. Poi B. tenta
- con scarso successo - di adeguarsi alla tendenza epico-celebrativa che domina nel cinema sovietico e realizza Maskva v oktiabri (Mosca in ottobre, 1927), una commemorazione discutibile e modesta. Che B. esprima il meglio di se stesso nella descrizione della vita quotidiana, lo dimostrano i film successivi, Dom na Trubnoj (La casa sulla Trúbnaja, 1928) e soprattutto Okraina (Sobborghi, 1933). In quest'ultimo, che è il suo film più noto, B. ritorna con nuovo spirito alla rivoluzione d'ottobre e la colloca sullo sfondo per lasciare spazio alla vita di una piccola città di provincia in contrapposizione con i grandi sconvolgimenti della storia. Regista tutto sommato ai margini del grande filone del cinema sovietico, alieno dalle suggestioni ideologiche del realismo socialista, con il quale si scontrò negli ultimi anni della sua carriera, B. riuscì nelle sue opere più compiute a fondere la vena satirica con un tono di affettuosa partecipazione ai drammi della piccola gente: in questo senso potrebbe anche essere definito il René Clair sovietico. Di Clair possedeva la sensibilità nella direzione degli attori, la precisione persino eccessiva del linguaggio (impeccabili sempre le sue inquadrature), l'attenzione rigorosa ai ritmi del montaggio. Tutto questo accompagnato - a cominciare da Okraina - da un uso del suono di particolare efficacia e sobrietà. Clairiano è il ritratto di ragazza che si trova al centro di U samogo sinego morja (In riva al mare più azzurro, 1935), una commedia che, ignorando la poetica realistica dominante, si attarda nella descrizione di un amoretto senza importanza. Tra i film del dopoguerra occorre segnalare Podvig radzvedcika (L'impresa della spia, 1947), tipico sberleffo barnettiano all'enfasi celebrativa ufficiale: si raccontano le mirabolanti imprese di un agente segreto che, durante il conflitto, riesce a far fallire una trama nazista e, addirittura, a catturare un generale, quasi che il protagonista fosse la reincarnazione del Barone di Münchhausen. Evidente sino all'ultimo, anche nei film che più risentono delle esigenze del committente, la grande lezione teorico-pratica di quell'inventore del linguaggio visivo, e soprattutto del ritmo del racconto cinematografico, che era stato il suo maestro Kulešov. Lavorò fino al 1963. Due anni dopo si suicidava: se non era più in grado di fare film interessanti - lasciò scritto - era meglio rinunciare a vivere.
Da F. Di Giammatteo, Nuovo dizionario universale del cinema. Gli autori, Editori Riuniti, 1996, Roma
