Anche celebre San Luca e Putto reggifestone a Palazzo Carpegna
ROMA, 21 OTT - Il celebre San Luca che dipinge la
Vergine, nella pala tradizionalmente attribuita a Raffaello (che
nella composizione ritrae anche se stesso) scelto già dal
Cinquecento dall'Accademia Nazionale di San Luca come propria
icona, che per la prima volta si specchia nel San Luca
realizzato invece un secolo più tardi, nel 1623, da Antiveduto
Gramatica solitamente conservato nella chiesa dei Santi Luca e
Martina. Quanto Raffaello si può leggere nelle opere dei tanti a
lui successivi e, soprattutto, quanto un'istituzione come
l'Accademia ha contribuito a costruire, custodire e diffondere
il mito del "divin pittore" tra Cinquecento e Novecento? Ruota
intorno a queste due domande la mostra "Raffaello. L'Accademia
di San Luca e il mito dell'Urbinate", nuovo appuntamento delle
attività patrocinate dal Comitato Nazionale del Mibact per le
celebrazioni dei 500 anni della morte di Raffaello Sanzio, che
fino al 30/1 riunisce nella sale di Palazzo Carpegna 55 opere
tra collezione e importanti prestiti. "Una mostra - racconta il
presidente dell'Accademia di San Luca, Francesco Cellini - che è
un orgoglio, anche se purtroppo non potrà essere vista da quante
persone avremmo voluto". "Una mostra necessaria - aggiunge il
segretario generale, Francesco Moschini - austera, severa, di
studio, senza cadute nella spettacolarizzazione". Tra i
capolavori esposti nelle cinque sezioni a cura dello stesso
Moschini, Valeria Rotili e Stefania Ventra, anche il Putto
reggifestone attribuito a Raffaello, giunto in Accademia
attraverso il lascito testamentario del pittore Jean-Baptiste
Wicar nel 1834, oggi a tu per tu con la più celebre delle sue
copie, eseguita da Gustave Moreau nel 1858. O, per raccontare
Raffaello nella didattica accademica, le incisioni dalle Stanze
Vaticane di Giovanni Volpato e l'album inciso da Giovanni Folo
su disegno di Vincenzo Camuccini, dedicato all'ultima opera del
Maestro, la Trasfigurazione. (ANSA).
(ANSA)