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Sam Esmail, l'uomo dietro il successo di Mr. Robot

Il regista è l'assoluto protagonista di una seconda stagione che conferma la straordinaria ambizione della serie e una coerenza stilistica unica. Dal 30 marzo su Premium Stories.
di Andrea Fornasiero

martedì 21 marzo 2017 - Celebrities

Classe 1977, americano figlio di genitori egiziani, Sam Esmail esordisce con il lungometraggio Comet nel 2014. Non ha successo né al botteghino né per la critica, ma dà inizio alla collaborazione di Esmail con Anonymous Content, la stessa compagnia che produrrà Mr. Robot per la basic cable USA Network nel 2015. La serie si segnala da subito per lo stile visivo molto personale, tanto che prima del finale della stagione un fan diffonde su Vimeo il video No Rules for Composition (Mr. Robot) che analizza la tendenza alle inquadrature decentrate in Mr. Robot. Nel video di montaggio lo schermo è diviso in nove riquadri e si susseguono varie scene in cui i personaggi non sono praticamente mai al centro, apparendo spesso schiacciati sotto il peso di un vasto sfondo uniforme.

"La ragione per cui penso che questa composizione dell'immagine funzioni è puramente istintiva. Film o serie che adottano questa composizione mi comunicano un senso di inquietudine, come se le persone inquadrate fossero sconnesse. Ed è questo che voglio mostrare nella mia serie: il dilagante distacco tra le persone è uno dei nostri temi principali"
Sam Esmail

Prima di continuare l'analisi stilistica è però opportuno tornare sulla straordinarietà di questa situazione. In Tv si tende ad attribuire l'autorialità allo "showrunner", comunemente inteso come una figura che assomma le caratteristiche di produttore, sceneggiatore e supervisore del montaggio. Nella prima stagione Esmail non è infatti regista dell'episodio pilota, ossia quello che di solito determina il taglio stilistico di una serie ed è più spesso affidato a un regista di nome, che in questo caso è il danese Niels Arden Oplev di Uomini che odiano le donne.

Il suo pilot è elegante nella messa in scena e molto fitto nel montaggio, ma il fuoco prospettico è prevalentemente frontale, con personaggi o dettagli posizionati vicino al centro dell'immagine. A ordinare la messa in scena generale della serie non è dunque il pilot quanto piuttosto il secondo episodio, diretto infatti da Sam Esmail e molto più eccentrico nell'uso degli spazi.


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In foto una scena di Mr. Robot.
In foto una scena di Mr. Robot.
In foto una scena di Mr. Robot.

Tanto difficile che Esmail ha voluto curare di persona la regia dell'intera seconda annata, una caso unico nella scena americana visto che è anche lo showrunner e firma la sceneggiatura della gran parte degli episodi. Gira così fuori sequenza per ottimizzare i tempi e le location, cosa piuttosto comune al cinema ma impossibile in una serie Tv dove ogni puntata ha più o meno un regista diverso. Esmail ha fornito ai suoi attori la sceneggiatura dell'intera seconda stagione prima delle riprese e ha poi lavorato così velocemente da aggiungere scene strada facendo, tanto che gli episodi sono diventati 12 contro i 10 previsti. Un'estensione per altro simile a quella di The Young Pope che Sorrentino ha scritto e diretto e che da un progetto iniziale di 8 episodi si è allungata a 10 puntate. L'esperimento ha avuto successo ed Esmail, oltre ad aver mantenuto la regia di tutti gli episodi per la terza stagione ha ottenuto anche di avere più tempo tra le due annate, infatti la prossima non inizierà in estate bensì a ottobre.

"Sono così preciso riguardo l'aspetto visivo della serie che preferisco non imporla a qualcun altro. I registi della prima stagione sono stati davvero molto pazienti con me, perché la serie è molto particolare nello stile ed è difficile mantenere quel tipo di coerenza estetica e allo stesso tempo lasciare libertà ai vari registi di fare il loro lavoro. È una cosa difficile da negoziare"
Sam Esmail

Tornando allo stile di Mr. Robot e alla già rilevata preferenza accordata al décadrage: si tratta di una predilezione già presente in Comet, del resto le due opere condividono un protagonista più o meno dissociato dalla realtà. Ma se Comet è interamente dal punto di vista del personaggio principale, Mr. Robot è più corale e dà spazio anche a figure che hanno un rapporto ben diverso con il mondo, decisamente più integrato o addirittura dominante come nel caso di Price. Anche per loro vale però la regola del decentramento, dunque non si tratta di una strategia estetica per rendere la condizione mentale di Elliot, quanto piuttosto di una prospettiva obliqua che rappresenta sia una visione del mondo spiazzante e sovversiva, sia una precisa sensibilità del regista.


In foto una scena di Mr. Robot.
In foto una scena di Mr. Robot.
In foto una scena di Mr. Robot.

È del resto personale anche l'origine della serie, che oltre a riprendere certo cinema degli anni 90 (vedi articolo sulla prima stagione) ha a che fare con la famiglia dell'autore. I cugini di Esmail hanno infatti partecipato in prima persona alla rivoluzione avvenuta in Egitto e, com'è noto, i movimenti della Primavera Araba hanno fatto largo uso di strumenti informatici per costituire una forte rete di protesta sociale. Anche la cultura hacker non è affatto sconosciuta all'autore che è finito nei guai ai tempi dell'università per aver invaso "per scherzo" l'account e-mail di una studentessa. La rappresentazione delle operazioni informatiche è trasposta con un rigore mai visto in Tv e al cinema. Solitamente le immagini sullo schermo vengono realizzare in post-produzione e gli attori digitano a cose a caso sulla tastiera, ma Esmail ha voluto che le schermate fossero invece reali e attive sul set.

"Sono cresciuto con Taxi Driver e Arancia Meccanica e credo che la voce over crei una relazione intima tra il personaggio e il pubblico che semplicemente non si può raggiungere con un dialogo tra due attori in una scena, è impossibile".
Sam Esmail

Oltre alla voce over, che per altro era presente anche in Comet, Esmail caratterizza la serie per le interruzioni improvvise, che risultano tanto più evidenti quando arrivano al termine di sequenze di spicco, come alcuni elaborati piani sequenza (a partire da quello che apre la seconda stagione) o come una intensa sequenza in split screen all'inizio del quinto episodio. Mr. Robot si segnala insomma per una costante frattura delle convenzioni formali del racconto, perfettamente allineata al tema rivoluzionario della serie.


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