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Robert Redford, l'ultimo divo

ONDA&FUORIONDA di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto una sche di The Truth.
Robert Redford (Charles Robert Redford Jr.) (87 anni) 18 agosto 1936, Santa Monica (California - USA) - Leone. Interpreta Dan Rather nel film di James Vanderbilt Truth - Il prezzo della verità.

domenica 18 ottobre 2015 - Focus

Robert Redford è a Roma a presentare Truth, il film di cui è protagonista, con Cate Blanchett, diretto da James Vanderbilt, sceneggiatore al suo esordio. Il titolo inaugura la Festa del cinema di Roma. In conferenza stampa Redford ha raccontato molto di se stesso e ha tranquillizzato tutti "l'anno prossimo avrò ottant'anni, ma non ho alcuna intenzione di smettere". Ritengo Robert Redford l'ultimo vero divo del cinema, americano e non. È lui che ha preso il testimone di Paul Newman, principe della generazione precedente, al quale lo aveva passato Gary Cooper, sovrano a sua volta del primo gruppo di giganti del "parlato". Certo c' è da dibattere su questa scelta perentoria, ma i tre nominati, al di là della loro qualità artistica, hanno mandato indicazioni che toccavano l'intelligenza e il cuore, che facevano l'educazione intellettuale e sentimentale di tanta gente. Cooper era il papà e il marito perfetto di tutti i giovani, e di tutte le donne, l'eroe impeccabile. Newman era il ribelle che affrontava la realtà del dopoguerra, le stagioni dei diritti civili e della decadenza dell'impero americano. Redford si è sempre applicato sulla verità - Truth appunto - e sulle immani denunce anche a scapito dell'immagine del suo Paese, che comunque ama visceralmente, lo ama dalle sue radici, quelle del west, infatti a Roma si è definito un eterno uomo del west. Confesso di avere un rapporto "personale" con Redford. Certi suoi film, come attore o regista, fanno parte della mia cultura e della mia emulazione. Quando in Come eravamo fece la parte di Hubbel Gardiner, uno scrittore, io ero un ragazzo incantato che sognava di fare lo scrittore. E la suggestione fu alta. Nel film, firmato da Sydney Pollack, l'alter ego dell'attore dall'altra parte della macchina, Redford percorre la sua parabola che raramente è un happy end: scrive un romanzo ma si fa catturare da Hollywood, peccato grave, per poi finire a lavorare per la televisione, peccato dei peccati. Era una delle sua denunce. Ho detto "rapporto" personale, un altro titolo è Il Grande Gatsby, uno dei miei libri culto. Se io, nel 2014 ho resuscitato l'eroe tragico di Fitzgerald col romanzo Il ritorno di Gatsby, credo che quell'idea folle mi venisse anche da Robert che dava corpo e volto a quel personaggio. Redford possiede quella facoltà non misurabile che è di certi divi: ci sono momenti in cui diventi lui. Se ti dà un'indicazione la segui. Il 1937, l'anno di Redford, ha visto nascere Dustin Hoffman, Jack Nicholson, Warren Beatty e Jane Fonda: dunque annata americana strepitosa. Nicholson e Hoffman, rispetto a Redford presentano maggiori registri artistici, "diventano" il personaggio che fanno. Redford è sempre se stesso, secondo lo stile dei giganti prima di lui: anche Cooper e Wayne erano sempre se stessi. Ma se Redford ti dà un'indicazione la segui, se te la dà quel mattoide di Nicholson magari ci pensi su. Grande intelligenza quella di Redford, e grande capacità di invenzioni ed evoluzioni, sempre nella chiave della sopra "Truth". In Corvo rosso non avrai il mio scalpo di Pollack, l'attore fa un cacciatore che si isola dalla civiltà per affondare letteralmente nella natura. Nei Tre giorni del condor, (Pollack), l'attore smaschera un complotto della Cia, rischiando la vita. Nel Cavaliere elettrico, (sempre Pollack), è un campione dei rodei che libera, fra le montagne, un purosangue sfruttato da una multinazionale del cibo. In Quiz Show (sua direzione) scoperchia la corruzione del business della televisione. In Conpirator (di Redford) rilegge in chiave diversa la tragedia dell'assassinio di Lincoln. Nel nuovo film è Dan Rather, il giornalista americano che denunciò lo "scarso impegno" di George W. Bush durante la guerra del Vietnam. La campagna giornalistica si basava su fonti ambigue e a perdere non fu Bush, che alle presidenziali ebbe la meglio sul rivale Kerry, ma Rather che dovette dimettersi e di fatto chiudere la sua carriera. Dunque ancora un volta una denuncia senza lieto fine. Truth non può non richiamare un altro film di giornalismo d'assalto come Tutti gli uomini del presidente (Pakula), dove Redford e Hoffman, sono nei panni di Woodward e Bernstein, i cronisti del Washington Post che denunciarono il Watergate e determinarono la caduta del presidente Nixon. Hanno chiesto a Redford quali sono i suoi film preferiti sul giornalismo. Ha risposto: L'asso nella manica, Quinto potere e Diritto di cronaca. Che sono esattamente i miei prediletti. E che Robert Redford continui ad essere e a fare i film. Molti.

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