Andrew Dominik (Wellington, NZ, 7 ottobre 1967) cerca affannato un posto nel mondo. Fa parte di quella categoria di cineasti, anche generazionalmente omogenei, che a Hollywood tentano di costruirsi una carriera da "autori". Non è più facile, ammesso e non concesso lo sia mai stato. Scomparsi (da tempo) i produttori classici, sostituiti da amministratori delegati ed executive che maneggiano gli studios come fossero banche, i registi di talento riescono sempre meno a lavorare come vogliono. Il risultato è la peggiore crisi del cinema americano forse di tutta la sua storia. Oltre un decennio di blockbuster in serie, film indie relegati ai margini del mercato e la scomparsa graduale del "cineasta integrato", l'artista-artigiano capace di interagire con l'industria. Dominik ha talento. Lo dimostra fin da subito realizzando in Australia, sua patria d'adozione, il controverso e affascinante Chopper (2000) in Italia distribuito solo in home video. Il film che rivela Eric Bana, interprete di un criminale esistente, Mark Brandon Read detto appunto Chopper, assassino e rapinatore, forse millantatore, versatile nella scrittura (diventerà romanziere) piuttosto abile nel manipolare i media. Un ritratto, quello del regista anche sceneggiatore, molto interessante perché problematico. Dominik non nega l'attrazione per una figura nera senza però alcuna assoluzione. Prosciuga ogni aura mitica o antieroica descrivendo Chopper come un fuorilegge rivoltante. Grande performance di Bana per un personaggio che influenzerà parecchio un altro talentaccio dei nostri tempi, Nicolas Winding Refn, per il suo acclamato Bronson (2008).
Hollywood si accorge di Andrew Dominik che, negli Stati Uniti, mette in cantiere un progetto ambiziosissimo, la versione cinematografica del romanzo di Ron Hansen L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford. Prodotto dalla Warner, L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford viene presentato alla Mostra di Venezia nel 2007, la sceneggiatura è dello stesso Dominik, il bandito sudista è interpretato da Brad Pitt mentre il suo giovane omicida dallo strepitoso Casey Affleck. Il film è magmatico, tumultuoso e malickiano nella messa in scena; sceglie di aderire al punto di vista di Ford che poi, dopo avere ucciso a tradimento Jesse James, finisce per replicare a teatro la sua empia impresa, facendosi disprezzare dal pubblico di tutte le città. È, quest'ultima, la parte più interessante di un western sicuramente anomalo, preso di mira dallo studio americano che pare abbia costretto il regista a rimontarlo ben 12 volte prima di arrivare a una versione accettabile per entrambi di 159 minuti, quando il director's cut originale era di quasi quattro ore.
Sempre ispirandosi a un romanzo, "Cogan" di George V. Higgins (Einaudi), Andrew Dominik firma oggi Cogan - Killing Them Softly, gangster movie con ancora Brad Pitt protagonista. Ambientato nei bassifondi dell'Irish Mob di Boston durante la campagna elettorale di Obama del 2008, il film conferma l'ambizione dell'autore, che racconta le mutate dinamiche criminali, sempre più gratuite e violente quelle di chi vive sulla strada e invece simili alla grande finanza quelle delle varie "cupole" trasformate in comitati d'affari. Cogan (Pitt) è l'uomo che risolve problemi, ma nell'America della Lehman Brothers anche i contratti non sono più quelli di una volta. Perfino didascalico nella sua metafora (Cogan fa il verso a Obama dicendo che l'America non è "un popolo", ma "un business") ma soprattutto, ed è la sorpresa più negativa, girato con una certa sciatteria, privilegiando scelte di regia discutibilissime come l'incredibile, terrificante ralenti della sequenza al semaforo. Un passo falso, insomma.