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Storia 'poconormale' del cinema: puntata 128

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema. Di Pino Farinotti.
di Pino e Rossella Farinotti

L'autoritratto di Vincent Van Gogh a confronto con una scena del film di Minnelli Brama di vivere, interpretato da Kirk Douglas.
Kirk Douglas (Issur Danielovitch Demsky) 9 dicembre 1916, Amsterdam (New York - USA) - 5 Febbraio 2020, Beverly Hills (California - USA). Interpreta Vincent van Gogh nel film di Vincente Minnelli Brama di vivere.

venerdì 19 agosto 2011 - Focus

Francisco Goya y Lucientes (1746-1828) è un artista perfetto per il cinema. Per cominciare la sua genesi, la cultura spagnola, con tutta la violenza, i colori, la storia e la consapevolezza: nessun artista, come quello spagnolo, ama le proprie terra e radice. Non vorrebbe essere nato altrove. Goya ha frequentato i potenti e gli artisti, ha fatto ritratti a principi e a contadini. Ha visto passare momenti importanti e tragici di storia spagnola e l'ha vissuta con la passione della sua vicenda personale. La sua pittura è irresistibile e precedeva il tempo. I volti disfatti, i corpi stravolti, le azioni collettive, i gruppi inermi come in un girone dell'inferno, erano ben oltre il figurativo. Quando nel 1808 Napoleone invase la Spagna, gli spagnoli non furono un popolo facile da sottomettere. Movimenti di rivolta, violentissimi, si formavano dovunque. E ancora più violenta fu la repressione. Goya dunque c'era dentro. E uno spirito come il suo non poteva non assumere quella violenza e quella sofferenza a modo suo. Così, nel 1813 compose uno dei più drammatici quadri dell'arte spagnola e del mondo: "La fucilazione sulla montagna del Principe Pio" (Prado di Madrid).

Passione
Carlos Saura, regista, spagnolo: non è improprio dire che per cultura, passione e violenza –entrano in gioco i soliti aggettivi- presenta molti punti di contatto con Francisco Goya. Una passione a un'affinità che ha tradotto nel film Goya, del 1999, appunto. Il regista segue il pittore attraverso buona parte della sua vita e i quadri ne dettano le vicende. I protettori potenti, le donne, molte, il tormento che trasmetteva nei suoi lavori. Va anche detto che Saura, che ha passato parte della sua vita sotto il regime franchista, sapeva cosa significa dover mediare e doversi difendere. Ricostruisce sul set le grandi opere del pittore e le anima. L' opera del Principe Pio è una sequenza di alcuni minuti e rappresenta la fucilazione come punto d'arrivo. Non meno importante del regista è il direttore della fotografia, Storaro nientemeno. Senza nessun vincolo di cinema e di realtà, l'italiano esplode senza limiti. Raramente pittura e cinema si sono combinati con tanta efficacia.

Vincent
Nel luglio del 1890 Vincent Van Gogh dipinse il "Campo di grano con volo di corvi". È forse la sua opera più conosciuta. Fa parte della mitologia dell'arte. Morì poco, forse subito dopo, a 37 anni. La tradizione vuole, e probabilmente è vero, che quello sia il suo ultimo quadro. Certo è un'opera dalle molte, tragiche indicazioni. Se fosse davvero l'ultima il cerchio della vita dell'artista più tormentato si chiuderebbe alla perfezione. "I corvi" è davvero una composizione finale, come il compimento di un destino. Oltre non c'è più niente. Il cielo è scuro e pieno di violenza, il sentiero è diviso in tre e chissà quale sarà il percorso giusto, i corvi sono segnale di tragedia, magari di morte.
Nel 1956 Vincente Minnelli diresse Brama di vivere. È la storia di Van Gogh.
Così come Goya e Saura sono quasi omologhi, Minnelli e Van Gogh hanno lo stesso nome ma non possono essere più diversi. Vincent amava punirsi, prostrarsi, ogni azione non produceva, ogni speranza era frustrata. Voleva fare il pastore protestante, come suo padre, ma non ne aveva la vocazione, le donne lo respingevano, il mondo lo teneva da parte. Solo suo fratello Theo gli rimase sempre vicino. Si mescolava ai minatori e ai contadini, non aveva mai un soldo, girava di notte disperato. Ogni cosa, piccola cosa quotidiana, diventava ostacolo o ragione di infelicità. Credeva che il mondo intero tramasse contro di lui. Vincent sapeva solo... dipingere.
Vincente era uno dei principi di Hollywood. I suoi film traboccavano di eleganza, spettacolo, un kitsch di grande classe. Niente di reale. Basti pensare a film come Un americano a Parigi, Gigi, Il bruto e la bella, I quattro cavalieri dell'apocalisse. Protagonista era sempre lo stile o la ricchezza.
Pittore e regista un denominatore comune lo avevano, il colore. Fulgido, intenso, esponenziale. Solo che in Minnelli erano i vasi di fiori sulle tavole o gli arredi del Plaza o del Ritz. In Van Gogh era il sole sulla multicolore pianura di Arles, i corsi d'acqua olandesi con quei ponti, i cieli tormentati e in movimento degli autunni del nord.

Verità
Ma quando Vincente raccontò la storia di Vincent, ne fece contemporaneamente un capolavoro di cinema e di verità. Riuscì a combinare le due chimiche, grande spettacolo e grande realtà, il mezzo era la combinazione delle due culture del colore. Van Gogh lo fa Kirk Douglas. Uno degli uomini più belli del cinema trasformato in un brutto pieno di arte. Come aveva fatto Saura con Goya, anche Minnelli riproduce gran parte di dipinti di Van Gogh. Dai Mangiatori di patate, alla Piana di Arles, e poi i Girasoli, le stanze povere, le piazze e gli edifici, i ritratti e gli autoritratti, I Cipressi, L'Uliveto, La notte stellata. A altri. Riesce anche, il regista, a dare anche una lezione di tecnica pittorica rilevando un dibattito sul colore fra Van Gogh e Gauguin (Anthony Queen). Minnelli non ha dubbi sui "Corvi". Per lui è l'ultima opera. Vincent è lì ai bordi del campo e viene aggredito dagli uccelli. La sua spatola porta colpi veloci, spaventati, rabbiosi. Il sentimento sale, diventa angoscia. Davvero non c'era spazio, e tempo, per un'opera successiva.

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