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Platoon on the bay: il Giffoni e la guerra. Quella vera

Al festival arrivano i militari in missione in Afghanistan.
di Ilaria Ravarino


martedì 19 luglio 2011 - News

Sono il Capitano Longo Fulvio, ufficiale della Brigata Folgore». Così si presenta il Capitano Fulvio Longo, entrando in divisa nella sala delle Antiche Ramerie insieme a sei commilitoni per una masterclass del Giffoni Film Festival che con il cinema non ha nulla a che fare.
Applausi disciplinati all'ingresso dei militari, attesi da una quarantina di ragazzi di qualche anno più piccoli degli uomini in divisa. Ma nelle ultime file c'è maretta. «Io me ne vado – dice a mezza voce una giurata - non mi faccio violenza. Questa è una marchetta schifosa». I suoi compagni si guardano indecisi. Altri se ne andranno, dopo circa un'ora. Ma solo perché altrove, nella cittadella del cinema, Paola Cortellesi sta sfilando sul red carpet: «Non sono in polemica, però io di queste cose non capisco niente – dice un fuggitivo – preferisco non parlarne». Strano incontro, quello con i militari impegnati in Afghanistan. Nella sala delle Ramerie vibra un silenzio irreale. C'è interesse autentico, quando sullo schermo sfilano le immagini del video che la Folgore ha portato ai ragazzi. Le prime sequenze mostrano mezzi militari in colonna, «una bella immagine del tramonto afghano» dice il Capitano, e una giurata nota l'ironia volontaria: «Non ci posso credere», dice senza trattenersi. Ma rimarrà sino alla fine. Sul video scorrono altri pezzi della vita dei militari. L'esercito afghano sui mezzi occidentali. L'esercito italiano sui mezzi americani. I bambini, «le uniche vere vittime del conflitto», e le bestie «che là hanno un vero valore. Meglio curare una capra che regalare un televisore». Ma il silenzio dei giurati nasconde anche il disagio. Le prime domande sono timide, si avvicinano al problema. E piano piano monta la polemica, fino al primo degli interrogativi. Diretto: come può una missione che usa le armi essere anche una missione di pace? A smorzare il tenore degli interventi non basta l'intervento strappacuore di un giovane giurato in collegamento con il «papi» generale a Herat. Non basta nemmeno l'accorato appello di un suo coetaneo afghano che prega i militari di restare per proteggere il suo paese e «continuare a insegnare». I ragazzi vogliono risposte. Sulla necessità della guerra. Sulla missione. Sulle modalità di esportazione della democrazia. Longo prova: «Non vogliamo imporre la nostra cultura. La nostra non è una guerra. Andiamo lì a debellare un fenomeno come può essere, in Italia, la camorra o la mafia. Con la differenza che in Afghanistan manca un governo tanto forte da contrastare i talebani». Ma ai ragazzi non basta. E allora: «Noi siamo semplicemente il braccio del governo, non prendiamo decisioni. Noi compiamo solo il nostro dovere. Se non siete d'accordo prendetevela con i politici, con quelli che sono stati votati».
Strascichi della giornata, resa dai militari la più intensa dall'inizio del Festival, potrebbero ripercuotersi anche sulla giornata di oggi. Sul tappeto rosso infatti, oltre a Vittoria Puccini e Carla Signoris, ci sarà anche l'attore Ascanio Celestini, lucida mente pacifista in masterclass con gli stessi ragazzi che ieri hanno discusso con la Folgore. Sul versante cinematografico, oltre all'anteprima serale de Il signore dello zoo di Frank Coraci e alla premiazione dei film "Elements +3", anche le due storie di bullismo David & Kamal di Kikuo Kawasaki e Spud di Donovan Marsh, e il drammatico Brother, del venezuelano Marcel Rasquin, su calcio, povertà e violenza nei quartieri poveri di Caracas.

I giurati raccontano: Francia e Afghanistan

Si diceva che i bambini dell'Afghanistan, per la prima volta al festival di Giffoni, non conoscessero l'inglese. Solo qualche parola, niente di più, e che per questo fosse impossibile parlargli. Invece Yasin parla un inglese impeccabile, come i suoi compagni di viaggio. E non è affatto un bambino: ha 16 anni e li dimostra tutti, accendendosi come un fiammifero mentre una bella ragazza, in mezzo all'intervista, gli sorride e lo saluta da lontano. Quando diventa serio, però, pare davvero un adulto. L'unica cosa che non ha è un cognome. Preferisce tenerlo nascosto. Elisa Idee ha un anno meno di lui. È una ragazza molto timida e graziosa. Serissima. Si presenta all'appuntamento con un'amica, che l'aspetta poco lontano, e si sforza con successo di parlare italiano. Guardandola negli occhi, profondi e intelligenti, dà l'impressione di essere una di quelle ragazze che, superate le tribolazioni dell'adolescenza, andrà molto lontano.

Da dove vieni?
Elisa: Dal Soissons, nel nord della Francia.
Yasin: Da Kabul.

Che lavoro fanno i tuoi genitori?
E: Papà è morto. Mamma è un'infermiera.
Y: Papà è morto. Mamma lavora in un ospedale.

Che lavoro vorresti fare da grande?
E: Il medico.
Y: L'ingegnere.

Qual è il tuo film preferito?
E: Un film francese: Je vais bien, ne t'en fais pas.
Y: Un film americano, A walk to remember.

L'attore preferito?
E: Jim Carrey.
Y: Hilary Swank.

Ti piacciono i film d'amore?
E: Non molto. Le storie di quei film mi sembrano un po' troppo semplici.
Y: Moltissimo. Come si fa a non amare le storie d'amore?

Sei mai stato innamorato?
E: Sì. Qui.
Y: No.

Cos'è l'amore?
E: L'amore è dimenticare tutti i tuoi problemi. Vivere nell'istante: carpe diem.
Y: L'amore è qualcosa che lega le persone, è una specie di colla. Anche l'amicizia è amore.

Ti piacciono i film horror?
E:No. Mi mettono paura, e non mi piace.
Y: Sì. Non mi fanno paura. Quando vado a dormire a casa mia vedo le montagne, e le trovo più spaventose di qualsiasi film.

Il mostro più spaventoso?
E: Un dittatore come Hitler.
Y: La guerra.

Cosa faresti con la bacchetta di Harry Potter?
E: Rivedrei mio padre.
Y: Impedirei ai talebani di farmi del male.

Un pregio e un difetto dell'Italia:
E: Mi piace il fatto che la gente sia molto aperta, che faccia amicizia facilmente. Ma il volume della voce degli italiani è altissimo.
Y: La gente che ho conosciuto al Giffoni è meravigliosa. Ma ogni tanto mi annoio un po'.

Un pregio e un difetto del tuo paese:
E: Mi piace la nostra cultura, mi piace sentirmi francese. Ma non amo i nostri politici.
Y: Tutto il paese è molto bello, a parte Kabul. Non mi piace il fatto che non ci sia la pace.

Vinci l'Oscar. A chi lo dedichi?
E: Alla vita, in generale.
Y: Al Giffoni che mi ha dato questa opportunità.

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