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Operazione Valchiria: parlano Tom Cruise e Bryan Singer

Protagonista e regista del film raccontano il noto attentato a Hitler.
di Marianna Cappi

Uccidere Hitler per salvare la Germania
Tom Cruise (Thomas Cruise Mapother IV) (62 anni) 3 luglio 1962, Syracuse (New York - USA) - Cancro. Interpreta Colonello Claus von Stauffenberg nel film di Bryan Singer Operazione Valchiria.

mercoledì 28 gennaio 2009 - Incontri

Uccidere Hitler per salvare la Germania
La storia è vera, anche se la fantasia nel rievocarla non difetta. L'impresa fu eroica e il film che la narra ne rispetta il tono. A capo dell'Operazione Valchiria c'è Tom Cruise, nei panni del colonnello Von Stauffenberg, l'uomo che organizzò l'ultimo e il più pericoloso attentato alla vita di Adolf Hitler, quello che per pochissimo non andò a segno e non riscrisse la storia d'Europa e del mondo. Il regista Bryan Singer e il fedele sceneggiatore Christopher McQuarrie si misurano con un thriller di straordinaria suspence, che duella fino all'ultimo con un finale scritto in partenza e gioca ad ogni momento con la prevedibilità, uscendone vincitore.

Il film ha un impianto molto classico. Come giustifica questa scelta?
Singer: La storia vera possiede di per sé l'impianto di un thriller ed è stata dunque sceneggiata come un thriller, guidato dai personaggi. Mi premeva, in questo caso, che lo stile non prendesse il sopravvento sulla storia, che resta la cosa più importante.

L'uscita del film è stata preceduta in Germania da una serie di polemiche non sopite. Avete riscontrato molte difficoltà durante il tournage?
Singer: Poche. Abbiamo avuto un finanziamento dal governo tedesco, abbiamo girato dove volevamo, siamo stati sostenuti dalla troupe tedesca e dalla gente. Contrariamente a quanto si è letto nella stampa.
Cruise: Volevamo fare un film per il pubblico, perché i film sono fatti per il pubblico. E volevamo rispettare la Storia, renderle omaggio. A Berlino, la prima del film è stata salutata con dieci minuti di standing ovation. Non abbiamo mai incontrato i problemi. Le polemiche sulla stampa si spiegano solo perché consentono titoli più interessanti.

Il film fa del conte Von Stauffenberg un eroe della resistenza, ma altre fonti storiche dicono che fu un antisemita, un nazista, un aristocratico conservatore che non considerava Hitler all'altezza del suo compito
Singer: Non è del tutto vero. Il popolo tedesco era in uno stato di caos alla vigilia del nazionalsocialismo. Stauffenberg veniva da una famiglia aristocratica e fu tra i primi ad inorridire di fronte alle epurazioni che Hitler stava compiendo nel governo e nell'esercito, tanto che parlava già nel 1938 della necessità di assassinarlo.
McQuarrie: Stauffenberg fu mandato in Africa (dove lo troviamo all'inizio del film, ndr) proprio a causa delle sue esternazioni, perché diceva apertamente quello che pensava. Ho scritto questo film sulla base di ricerche storiche, non per compiacere qualcuno. Se dalle mie ricerche avessi appreso che Stauffenberg era un antisemita e un nazista, avrei scritto un altro film, ma nulla di ciò mi risulta. In ogni caso, è una figura che è sempre stata oggetto di critiche, si è detto tutto e il contrario di tutto su di lui, ma io mi sono attenuto alla Storia e al carattere di un uomo che davanti a tutti aveva il coraggio di dire che bisognava eliminare quel "figlio di puttana" di Hitler.
Dopo sessant'anni di semplificazioni – o di "ignoranza informata", come dico io- il mito è diventato verità, ma la storia, se analizzata come merita, rivela tutta la sua complessità.

Cosa l'ha colpita di questo personaggio?
Cruise: Quando leggo una sceneggiatura lo faccio da spettatore, perché i film e il cinema mi piacciono. In questo script c'era una straordinaria tensione e mi ha riportato al tempo in cui, da bambino, giocavo con gli amici a uccidere i nazisti e Hitler. Da allora mi sono sempre chiesto perché nessuno lo avesse mai fatto davvero. Del personaggio mi è piaciuta la sua complessità, il fatto che amasse la sua famiglia e il suo lavoro ma fosse anche un uomo tormentato e coraggioso al punto da portare la bomba personalmente, un uomo che parlava apertamente ma non poteva parlare davvero ai suoi cari o li avrebbe messi in pericolo. Il film pone una domanda cruciale a tutti: "Che cosa avrei fatto al suo posto?"

Dopo la caricatura del produttore esibita in Tropic Thunder e, ora, il ritorno nell'uniforme di un eroe, cosa la stimola ancora come attore?
Cruise: Cerco la varietà più ampia, i ruoli più diversi tra loro. Oggi fare questo lavoro mi piace ancora di più, mi stimola la sfida: posso fare questo ruolo? Posso farlo funzionare? È questo che mi chiedo quando leggo una sceneggiatura. Mi piacciono tutti i generi e sono sempre alla ricerca di qualcosa di speciale. Volevo lavorare con Bryan Singer, che trovo un regista e un narratore eccezionale. Volevo lavorare con Kenneth Branagh e per fortuna ora ne ho avuto l'occasione. Ho lavorato su Tropic Thunder mentre stavo girando Operazione Valchiria, per cui è stato abbastanza strano (ride), ma almeno sapevo che, alla fine Valchiria, mi sarei fatto anche una grande risata.

Cosa le piace nelle donne?
Cruise: Sono stato cresciuto dalle donne, da mia madre e da tre sorelle, per cui ho sempre assistito a ciò che ha dovuto fare mia madre per mantenerci e ho sempre amato e rispettato le donne. La loro forza e la sensibilità, l'eleganze e l'intelligenza, come profumano, come baciano, la loro magia, sono cose che mi affascinano ancora tanto anche da adulto. Vedendo come i loro fidanzati trattavano le mie sorelle, da ragazzino, ho sempre saputo che io non avrei mai fatto così. Le donne sono un dono.

Cosa ne pensa del debutto di suo figlio Connor nel film di Gabriele Muccino?
Mi ricordo quando Gabriele ha fatto il provino a Connor. Io e Will Smith siamo entrati ma Gabriele ci ha mandato fuori, ad aspettare nel corridoio. Cinque, dieci, quindici minuti. Ero nervoso. Poi Gabriele è uscito e ha detto: "È bravo. La parte è sua". Sono stato orgoglioso perché Connor era orgoglioso di sé e perché Gabriele non gli avrebbe mai dato la parte se non se la fosse meritata. Connor è un bambino speciale. Non so cosa vorrà fare in futuro ma cerco di appoggiare i miei figli nei loro sogni. Stanno vivendo il sogno che avevo io da ragazzino, di girare il mondo e conoscere popoli diversi: è qualcosa che apre la mente e ti consente di guardare alla vita e all'umanità in un modo diverso.

Cosa pensa dell'apertura del presidente Obama all'Islam?
Cruise: Viviamo in paesi diversi ma in un unico mondo, per cui l'apertura e la comunicazione sono necessarie. Supporto ogni passo di Obama, compreso quello che sta facendo per la trasparenza e per la comunicazione. A volte le cose vengono distorte e non è facile trovare la verità nella gran massa delle informazioni, ma più comunicazione c'è e meglio è. Sempre.

Stauffenberg è un uomo che ha amato il suo paese al punto da rischiare la propria vita per lui. Come si è sentito nell'interpretarlo?
Questo è l'elemento che fa il dramma nel film, però non credo che amasse solo il suo paese ma il mondo, ed è questo che mi accomuna a lui. Siamo tutti genitori che amano i propri figli e abbiamo figli che hanno bisogno di noi. Lui ha vissuto in tempi estremi, io -fortunatamente- non ho mai dovuto confrontarmi con una tale decisione e una tale pressione, ma mi sono chiesto profondamente cosa pensasse il mio personaggio, ho cercato di entrare nella sua testa. È il mio metodo.

Come si scrive un film di cui si conosce già il finale?
McQuarrie: Ho cercato di vederci un'occasione anziché un ostacolo, perché conosciamo l'esito ma non sappiamo come e quando avverrà. Quello che ci ha stupito, in realtà, è che molti, purtroppo, non sapevano proprio come è andata a finire.

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