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Impotenti esistenziali, le ipocrisie dell'Italietta

Giuseppe Cirillo racconta il suo primo film alla fine delle riprese.
di Marianna Cappi

Piccole incomprensioni

lunedì 12 gennaio 2009 - Incontri

Piccole incomprensioni
Giuseppe Cirillo, al primo incontro con il mezzo cinematografico, si butta anima e corpo, mettendo in scena se stesso senza nemmeno ricorrere ad uno pseudonimo, complice l'urgenza di criticare gli eccessi di perbenismo e l'ipocrisia che osserva attorno a sé. Il film, che inizialmente doveva intitolarsi "Piccole incomprensioni" –perché, a detta del regista, siamo tutti un po' incompresi e ciononostante non ci va di comprendere nessuno - ha poi preso il titolo definitivo di Impotenti esistenziali.
Tra gli attori protagonisti, il maestro dell'erotismo in pellicola Tinto Brass, mentre in ruoli minori figurano anche Sandra Milo, Alvaro Vitali e Don Backy. La fine delle riprese è un'occasione per ascoltare Cirillo, in attesa dell'uscita in sala prevista per fine marzo. Produce e distribuisce Elite Group International.

Chi sono gli impotenti esistenziali di cui si fa portabandiera nel film?
Scrivendo la sceneggiatura ho pensato alle ingiustizie e alle vessazioni che è costretto a subire il cittadino: la donna derubata in strada, il poliziotto che rischia la vita fuori dallo stadio, la madre che non si può permettere le medicine per il figlio, il disoccupato, chi muore sul lavoro. Il titolo sfrutta un doppio senso, perché normalmente il termine "impotente" è associato alla sfera sessuale, per cui fa sorridere, ma sull'impotenza esistenziale c'è ben poco da ridere.

A che genere appartiene la sua opera prima?
La definirei una commedia atipica. Dal punto di vista del contenuto è atipica perché racconta la storia dell'incontro e dell'amore tra Giuseppe, uno studioso, e Francesca (Antonella Ponziani), una donna sposata ad un marito triste, che diventano complici nel sovvertire tutte le regole che imprigionano un'unione. Per quanto riguarda il tono, invece, è una commedia atipica perché non si esime dal lanciare un serio monito: se non cambiamo, perderemo la possibilità di comunicare. Pensate, per esempio, al fatto che negli ultimi 20 anni è già stata soppressa una delle forme di comunicazioni meno maliziose e più importanti: il sorriso. È un fenomeno raccapricciante, come e più della crisi economica, anche se non fa notizia. L'atipicità del film, infine, sta anche nella scelta di non far prevalere l'esito della storia d'amore ma di riservare il centro della scena all'ingiustizia esistenziale. L'Italia è un paese pieno di inibizioni; la Tailandia e il Guatemala sono molto meno retrogradi di noi. Quando Carmelo Bene parlava di "Italietta" lo faceva per esortarci a muoverci.

Come mai ha voluto Tinto Brass come attore?
Ho scelto Tinto Brass perché incarna il rifiuto della sessualità stereotipata e prevedibile, ma gli faccio fare una parte agli antipodi del suo modo di essere. Interpreta un editore che attacca il professor Giuseppe, dalle pagine del suo gazzettino pomeridiano, per le lezioni che quest'ultimo tiene sul profilattico, le malattie a trasmissione sessuale, le gravidanze indesiderate (sono un credente e un antiabortista ma assolutamente a favore dell'uso del preservativo). Ma il figlio, che ha assistito ad una lezione a scuola e si è lasciato attrarre dalle idee del professore, si finge malato di AIDS per mettere alla prova il padre, il quale cade nella trappola e cambia atteggiamento, anche nei suoi articoli.

Ha ricevuto dei consigli di regia, sul set, da Tinto Brass?
No, è rimasto nel suo ruolo di attore, non ha mai cercato di fare il regista, però si è concesso come pensatore. A mio avviso è un uomo molto profondo, che possiede un senso quasi cinico di ciò che è essenziale nella vita. Quel che dice e che fa sono spessi dei modi per bypassare argomenti su cui sa che sarebbe utopistico combattere.

Come mai ha scelto di esprimere le sue idee attraverso il cinema?
Non escludo che lo farò anche con il teatro, ma il cinema mi è sembrato da subito il veicolo più immediato e il più adatto per lanciare un messaggio in una maniera simpatica e più facilmente accettabile. Nel mio film mi metto in scena ma non come attore, piuttosto come comune cittadino.

Recentemente, ha sollecitato il sindaco di Roma all'apertura di tre case chiuse "simulate" nella capitale. A quale scopo?
Lo scopo è quello di creare dei luoghi in cui fare prevenzione con un pizzico di ironia. Al posto delle meretrici ci sarebbe i manichini, come in una sorta di museo del sesso. Il bordello di una volta non solo era un luogo in cui la salute delle donne era costantemente controllata, ma era anche un circolo e la visita maschile non sempre presupponeva l'atto sessuale. Come dice Brass, abbiamo bisogno di recuperare il tempo da dedicare a queste cose, che la contemporaneità ha ridotto drammaticamente.

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