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Storia 'poconormale' del cinema: Hollywood, cambiano i tempi

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema secondo Farinotti.
di Pino Farinotti

Eroi diversi: sedicesima puntata
Rita Hayworth (Margarita Carmen Dolores Cansino) 17 ottobre 1918, New York City (New York - USA) - 14 Maggio 1987, New York City (New York - USA). Interpreta Gilda Mundson Farrell nel film di Charles Vidor Gilda.

venerdì 12 giugno 2009 - Focus

Eroi diversi: sedicesima puntata
Una major poteva non vantare la stessa opulenza di un'altra, i segmenti dello spettacolo erano diversi. Diversi erano i colori dell'evasione, ma la qualità era sempre altissima. E comunque ciascuna delle sorelle seppe scegliere un'identità, e in quelle seppe prevalere. E seppe scegliere e imporre i propri eroi diversi. Fra gli eroi della Columbia spicca Frank Capra nei suoi anni migliori, con titoli come Accadde una notte e Mister Smith va a Washington. Negli anni cinquanta emerse un altro autore che fece testo, Elia Kazan che nel 1954 diresse Marlon Brando in Fronte del porto, titolo da vertice delle classifiche e da contenuti inesplorati per il cinema americano. Anche Orson Welles fu ospitato dalla compagnia col suo film più controverso, La signora di Shangai, con Rita Hayworth. I due allora erano sposati e il loro rapporto era tale da far dire a Orson "grandi film sono nati dalla collaborazione di persone che si detestavano". Qualche anno prima Rita era stata protagonista di un titolo-manifesto degli anni quaranta, Gilda, un autentico fenomeno come solo i film possono diventare quando invadono il sogno collettivo: la prima bomba H venne chiamata Gilda; molte mamme del mondo occidentale misero quel nome alle loro bambine. Dunque se a quella major doveva appartenere un'identità, si trattava di "impegno", ma unito a una cifra spettacolare che non guastava. Un titolo esemplare in questo senso è Picnic, tratto da una pièce complessa, piena di indicazioni e simboli, ma resa irresistibile, resa cinema dall'appeal di William Holden. Dunque titolo d'autore che batteva i record di incassi. Non è mai stato semplice. Non solo autori, non solo titoli mitologici. Voglio ricordare un nome certo non "classico" ma di grande identità. E' Randolph Scott, l'attore protagonista di 100 western senza mai cambiare espressione. Monocorde, statico, sempre uguale a se stesso, comunque modello importante. Un eroe dei cosiddetti bmovies. Ma aveva un suo pubblico, fedelissimo, tanto da permettergli di diventare uno degli uomini più ricchi di Hollywood.
Horror
Un'altra sorella era la Universal. L'identità primaria che si era costruita era l'horror. Titoli che diedero popolarità, e anche nobiltà, al genere che, nell'epoca recente, sarebbe diventato il preferito delle nuove generazioni. Gli eroi di quel cinema si chiamavano Bela Lugosi e Boris Karloff. Negli anni cinquanta la Universal diede a un autore la possibilità di evolvere il melò, facendone un genere di enorme successo. Era Douglas Sirk, che avrebbe fatto da riferimento, in certe chiavi parziali, a grandi autori nei decenni successivi. E poi il west. Un grande attore, James Stewart, e un autore non convenzionale, Anthony Mann, furono gli artefici di una serie di western che qualificarono il genere. Non più l'eroe invincibile e senza macchia che da solo tutelava la collettività, ma un uomo con le legittime debolezze che otteneva giustizia a caro prezzo, dolorosamente. Alcuni dei titoli sono: Là dove scende il fiume, Terra lontana, Winchester '73, L'uomo di Laramie.
E c'erano sorelle minori, non major, ma di grande qualità. La R.K.O. per esempio, che "inventò" Fred Astaire e Ginger Rogers. Qualità altissima, grande musica e grande danza nel sogno bianco e nero. Perfetti, tuttora non migliorabili. E ancora: la R.K.O. produsse, nel 1941, quello che viene considerato il più grande film di ogni epoca: Quarto potere, di Orson Welles. Produzioni selezionate, ma che qualità!
Il più importante indipendente, un cavaliere solitario che stava soltanto alle proprie regole, ignorando i codici consolidati di quell'ambiente difficile, era David O. Selznick. Al quale si devono, fra i molti altri, titoli come Via col vento e Notorious.
La guerra
Dopo la guerra cambiò la chimica e la qualità del movimento. Il momento più alto delle major copre l'arco fra la fine degli anni trenta e la metà dei cinquanta. Una forte corrente di opinione, compresa la mia, ritiene che quella stagione sia forse la più bella e amata dal pubblico del mondo. "Bello" va inteso in senso lato, forse generico, ma per il cinema è appropriato. La tecnica aveva raggiunto un livello corretto –certo, lontano dalle possibilità di oggi- e nei contenuti il sentimento si integrava col melò, col dramma e con… un'ingenuità necessaria, e coi discorsi seri. Il lieto fine si confrontava col fine non lieto. Sapevano convivere. Anche se il primo prevaleva. Soprattutto quel cinema era distante dalla realtà. Era la sua più bella prerogativa. Il cinema vicino alla realtà stava per arrivare. Nel bene e nel male. Finita la guerra nel '45, i figli d'America che erano stati in Europa e nel Pacifico, tornando, aveva cambiato molte opinioni. E molti gusti. Erano davvero mutati i sentimenti. L'isolata felice America si era confrontata con altri paesi e altre realtà. Il lieto fine poteva sempre funzionare naturalmente, era la prima grande opzione del cinema. Ma una certa generazione di autori e di attori, in quel senso, avevano, appunto, cambiato idea. Lo consideravano inadeguato, alle nuove storie da raccontare, e ai nuovi film da girare.
Actor's Studio
Nel 1947 a New York nasceva un movimento straordinario, decisivo, che avrebbe cambiato le cose secondo quanto scritto sopra. Avrebbe cambiato le storie e il metodo di recitarle. Era l'Actor's Studio, la cui figura fondatrice principale era Elia Kazan, affiancato qualche anno dopo dal "teorico" Lee Strasberg. Si parla di teatro e di cinema. Il nuovo metodo di recitazione consisteva nel richiamare a livello di coscienza le esperienze reali. Un attore diventava il personaggio, non solo lo rappresentava. Detto naturalmente in termini elementari. Tuttavia quell'esercizio, per sua natura, significava memoria, consapevolezza, dolore, non lieto fine. Della prima generazione di talenti facevano parte Marlon Brando, Paul Newman, Montgomery Clift, James Dean, Julie Harris, Lee Remick, Geraldine Page. Gente che avrebbe cambiato il cinema e chi ci andava, soprattutto se era giovane.

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