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Parlami di me, esordio alla regia di Brando De Sica

Il giovane regista parla del suo rapporto con il padre, degli studi in America e dei suoi progetti futuri.
di Désirée Colapietro Petrini

Il nepotismo
Brando De Sica (41 anni) 10 marzo 1983, Roma (Italia) - Pesci.

sabato 25 ottobre 2008 - Incontri

Il nepotismo
Possibile che in Italia, se hai dentro di te una passione e un amore così grande verso il cinema e sei figlio di... sei guardato come uno privilegiato o come uno che dovrebbe cambiare mestiere? Non capisco perché se entriamo in una farmacia o in un ristorante e troviamo la terza o quarta generazione a portare avanti l'attività rimaniamo piacevolmente colpiti dalla lunga tradizione che diventa di fatto un marchio di garanzia. Nel nostro mondo, invece, non sei guardato di buon occhio, o comunque intorno hai tantissimi pregiudizi. Perché i miei figli, un domani, non possono fare altrettanto? Io trovo sia una cosa bellissima pensare che qualcuno, entrando nelle nostre case, possa dire: "Qui si fa cinema dal 1901". Brando De Sica, figlio e nipote d'arte, alla prima domanda sul nepotismo che ieri gli è stata posta alla conferenza stampa del suo film Parlami di me (prodotto dalla mamma Silvia Verdone insieme a De Laurentis e interpretato dal padre Christian), è andato dritto al punto e ha difeso con lodevole determinazione la passione che ha per il cinema e la laurea in tasca con cui è tornato dalla prestigiosa università di Los Angeles. Più che un lungometraggio tradizionale, in effetti, il suo sembra piuttosto un'esercitazione di regia di fine anno su quello spettacolo del padre voluto da Maurizio Costanzo ed Enrico Vaime, portato in scena a teatro e molto amato dal pubblico. Eppure poco importa se il venticinquenne De Sica non ha confezionato il classico film che ci si aspetta a un concorso cinematografico.

L'incontro con Lynch
L'incontro con i giornalisti è andato avanti senza che nessuno prendesse particolari posizioni. Tutti ad ascoltare con interesse i racconti di un ragazzo sì determinato ma anche sensibile, a cominciare da quelli sulla sua esperienza a stelle e strisce: "In America mi mancava molto la mia fidanzata Lavinia, con cui sto da otto anni, così come i miei sei cani e ovviamente i miei genitori. C'è stato un momento in cui ero deciso a tornare indietro e lasciare tutto. Finché è successa una cosa incredibile: stavo andando all'Università. Erano le otto del mattino. Ad un certo punto, dalla porta d'emergenza, esce David Lynch, proprio lui, il regista del dubbio! Mi sono presentato e ho scambiato con lui due chiacchiere. Gli ho detto di questo pensiero martellante che avevo di tornare in Italia. Lui mi ha suggerito di seguire la lezione di sceneggiatura durante la quale iniziò a parlare di meditazione trascendentale. Ne rimasi colpito e mi feci dare l'indirizzo dell'amica che la praticava. Mi convinsi a restare. Fu allora che Isabella Rossellini mi diede in regalo un curioso gioco: un pollo smontato e le istruzioni per rimontarlo. Mi confidò che David Lynch, anziché fare l'amore, passava il tempo a smontare i polli".

Il rapporto con il padre
Della sua collaborazione con il padre, invece, ha detto: "Mia sorella ed io siamo cresciuti con i film di papà, che per noi era come un cartone animato. Una saga, quella di Natale, che compie quest'anno 25 anni e che se ci pensiamo ha di gran lunga superato quella di James Bond. Pensavo che dirigerlo sarebbe stato un gioco, un po' come nel passato era stato con mia madre e mia sorella che chiamavo a recitare nei miei corti. Credevo si prendesse delle libertà e invece è meticoloso, rispettoso del suo lavoro e ci tiene ad essere sempre molto preparato. Come artista, è davvero molto rigido". "Anni fa avevo visto un cortometraggio di mio figlio. Mi colpì molto", ha raccontato Christian De Sica. "Quando Brando mi ha parlato della sua idea di fare questo film, ho accolto con entusiasmo la sua proposta. In fondo lo apprezzavo molto come regista di corti e video, era uno della famiglia, lo spettacolo aveva avuto un grandissimo successo (280 repliche e 11 milioni di euro di incassi). E poi, nella mia vita, sono sempre stato il figlio di Vittorio De Sica. Da oggi, e lo dico con soddisfazione, sarò il padre di Brando".

Il nonno Vittorio
A proposito del nonno Vittorio, il giovane autore ha detto: "Purtroppo non l'ho conosciuto. Nel film ho voluto cristallizzare l'incontro che ebbe con papà a Parigi poco prima di morire: è una sorta di lettera d'amore per lui. Non ho avuto, come tanti nipoti, la fortuna di avere il classico nonno che si mette al loro fianco a leggere favole. Le mie favole sono oggi i film che ci ha lasciato, da Umberto D a I bambini ci guardano. Orson Welles diceva: 'Ogni film è meraviglioso perché racconta l'uomo che c'è dentro'. Certo, mi manca. Ed ho voluto dedicare questo film a mia nonna. Un modo per voler dire quanto bene voglio anche a lei".

Progetti futuri
Premesso che ho una particolare passione per l'horror, da due anni sto approfondendo la mia conoscenza sulle indagini di Michele Giuttari sui delitti del mostro di Firenze. Sono rimasto affascinato e terrorizzato da quelle del terzo livello. Dietro a Pacciani si muoveva una vera e propria setta che commissionava omicidi. Ecco, sto scrivendo un film su questa storia, sulla pista esoterica, sui mandanti e sul mondo occulto".

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