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Eldorado Road, una pellicola fuori dal tempo

Dopo il successo ottenuto al Festival di Cannes arriva in Italia il nuovo film di Bouli Lanners.
di Marianna Cappi

Il film
Bouli Lanners (Philippe Lanners) (58 anni) 20 maggio 1965, Moresnet-Chapelle (Belgio) - Toro. Regista del film Eldorado Road.

mercoledì 27 agosto 2008 - Incontri

Il film
Presentato alla 40° "Quinzaine des Realisateurs" del Festival di Cannes 2008 Eldorado Road, dopo aver fatto incetta di premi, è ora "sulla strada" della distribuzione internazionale e sarà visibile in Italia a partire dal 29 agosto.
Il regista belga Bouli Lanners non aveva intenzione, inizialmente, di interpretare il ruolo del protagonista, ma a un certo punto ha dovuto ammettere che la parte di Yvan, il collerico commerciante d'auto che si ritrova un ladro in casa e, invece di spaccargli il muso, lo accompagna in un lungo viaggio in macchina verso il confine francese, gli somigliava molto. Scrivendo il film, aveva ritratto se stesso e il suo modo "agrodolce" di guardare alla vita.

Il film si può definire una commedia, ma è permeato da una forte malinconia. Qual è la ragione di questo tono?
Bouli Lanners: Non so da dove venga, ma c'è una malinconia sistematica in tutto quello che faccio. È qualcosa che ha a che vedere con le persone della mia vita e della mia famiglia che non ci sono più. Purtroppo ho avuto un'infanzia felice e questo fa sì che io senta ancora di più la loro mancanza. Però la malinconia mi piace, anche se oggi è diventato un sentimento più violento rispetto al passato, ma io lo mescolo con l'ironia e la comicità.
A parte i film dei fratelli Dardenne e poche altre eccezioni, in Italia è raro vedere dei film provenienti dal Belgio. È un problema di produzione o di distribuzione?

Bouli Lanners: In Belgio, tra francofoni e fiamminghi c'è una sorta di muro di Berlino in tutti i campi e così è nel cinema, dove ci sono due realtà produttive e distributive molto diverse. I film di lingua olandese hanno grande successo locale, hanno le loro star e fanno strappare molti biglietti nelle Fiandre, ma molto raramente vengono distribuiti all'esterno, perché si tratta di una cultura piuttosto chiusa e fiera di esserlo. Il Belgio francofono, invece, si è sempre sentito il fratellino minore della Francia e nessuno andrebbe mai a vedere un film belga che non sia stato in qualche modo "riconosciuto" prima là. In realtà non so perché in Italia non arrivino i nostri film. Solo quest'anno, a Cannes, c'erano cinque autori belgi: una buona rappresentanza. Sono felice, comunque, che il mio film arrivi e che stia tenendo molto bene da oltre 5 settimane in Belgio e da 3 in Francia, dove abbiamo dovuto triplicare il numero delle copie in circolazione. La critica l'ha davvero premiato, da sinistra, da destra e anche da parte cattolica.

Nel film è possibile leggere una denuncia del mondo odierno, in particolar modo della tanto sbandierata comunicazione globale, che ci lascia invece più soli di prima. È corretto?
Bouli Lanners: Non so se denuncio apertamente, ma di certo critico il mancato rapporto tra le persone. Non a caso nel mio film nessuno ha un cellulare né altri mezzi di comunicazione. Volevo che fosse una pellicola un po' fuori dal tempo, come d'altronde sono io. Anche il fatto che Yvan venda auto d'epoca va letto in questo senso. Di nuovo la nostalgia, la malinconia.

Un tema centrale, nel film, è quello della droga. Perché ha scelto di raccontare proprio questo problema?
Bouli Lanners: Non volevo fare un film sulla tossicodipendenza ma abito a Liegi e sono circondato da gente che si droga e da drogati che vengono a morire nella mia città, dove vige una certa tradizione di tolleranza. La droga fa parte del quotidiano di Liegi. Tutti siamo stati derubati e aggrediti più di una volta e tutti abbiamo amici con problemi di droga e amici che sono morti per lo stesso motivo. È una sorta di macchia che ci portiamo sulla pelle. Dunque non avevo scelta: se avessi fatto il film negli anni Settanta, il mio co-protagonista sarebbe potuto essere un sindacalista o un metalmeccanico, ma ho fatto il film oggi, nella mia città, e non potevo sfuggire da questa realtà. Raccontando un tossicomane ho voluto rivelarne il lato umano, perché tutte le persone con problemi di tossicodipendenza che ho conosciuto avevano una grande umanità e ferite profonde e sensi di colpa, soprattutto nei confronti della propria famiglia.

Eldorado Road è costruito come un road-movie. Un omaggio al cinema americano o una sfida, per poter dimostrare che si può fare il genere anche nel piatto Belgio?
Bouli Lanners: Entrambi. Volevo rompere l'immaginario legato al Belgio grigio e piovoso e ho pensato di farlo trasponendo l'immaginario americano nella mia terra, ma il film è belga al cento per cento: non sono mai stato in America. C'è anche da dire che amo moltissimo i road-movies ma non si può fare un vero road-movie in Belgio: dopo due ore di macchina ci si ritroverebbe in un altro stato!

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