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Il dolce e l'amaro: non c'è niente da ridere

Il gangster movie di Porporati racconta la mafia attraverso lo sguardo di un uomo qualunque.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Il film

martedì 4 settembre 2007 - Incontri

Il film
Il secondo film italiano in concorso a Venezia (oltre a Nessuna qualità agli eroi di Paolo Franchi, presentato lo scorso venerdì, e L'ora di punta di Vincenzo Marra, atteso giovedì) racconta la storia di Saro Scordia (Luigi Lo Cascio), un ragazzo cresciuto nella mafia che viene chiamato a unirsi all'organizzazione. "Volevamo servirci della storia di Saro" spiega il regista Andrea Porporati, "non per raccontare la mafia ma piuttosto un certo tipo di persone e di scelte che la vita ti offre per poi seguire passo passo le conseguenze di queste scelte". In attesa dell'uscita del film (l'appuntamento è per domani nelle maggiori sale italiane), abbiamo incontrato il regista e gli interpreti de Il dolce e l'amaro.

Come ha scelto il punto di vista narrativo?
Porporati: Volevo raccontare di un uomo qualunque di cui tutti potessero seguirne lo sguardo da vicino. Una persona capitata lì perché nata in un certo posto e da una certa famiglia, che se invece fosse nata e cresciuta da un'altra parte avrebbe fatto altre cose. Ci piaceva ripercorrere la strada battuta da film come Mafioso con Alberto Sordi che racconta la storia tragicissima ma anche comica di un tizio qualunque. La ricetta narrativa è la stessa che potevano avere i film italiani di una volta. Modelli irraggiungibili che abbiamo cercato di eguagliare.

I toni da commedia in qualche modo vogliono ridicolizzare la mafia?
Porporati: Il tono comico di alcune scene è voluto, ma l'intento non era quello di ridicolizzare la mafia. C'era una serie di situazioni che si presentavano a chi fa quella vita, che è ricca di contraddizioni. Come ad esempio quando dalla Sicilia vanno a fare una rapina a Milano, ma nessuno li capisce. Le suggestioni e gli aneddoti che abbiamo utilizzato provengono dalla vita reale. E poi in fondo le contraddizioni sono anche l'anima del comico.

Quanto ha dato al suo personaggio, cosa ne pensa e come si è preparato per la risata finale?
Lo Cascio: L'attore viene chiamato in corsa quando la storia è già chiara. Il personaggio era completo e non c'è stato bisogno di aggiungere nulla. Il personaggio che interpreto è inventato, e in ogni caso l'attore deve sospendere ogni tipo di giudizio quando si prepara a una parte. Mi sono anche divertito a ritrarre un personaggio cattivo, proprio perché si trattava di finzione. Andrea ogni tanto mi diceva, "mi fai paura… però mi piaci!". La risata finale è stata molto faticosa, prima di tutto perché non c'era niente da ridere e poi perché c'è voluta una giornata intera per tirarla fuori.
Fabrizio Gifuni: L'obbiettivo di Andrea è di creare dei mostri! Tant'è vero che nel suo primo film ero un parricida…
Andrea Porporati: Dal punto di vista della sceneggiatura i cattivi sono i più interessanti da esplorare.

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