Al contrario di quanto molti affermano, non ho trovato in "Parasite" solamente una critica sociale.
Il film certo sembra partire con una marcata distinzione tra "ricchi" e "poveri", ma pian piano tutti i personaggi vengono trascinati via dalla forza degli eventi, nessuno escluso. L'interpretazione del film può certo fermarsi ad una critica dal basso verso l'alto, ma sarebbe riduttivo.
In ultima analisi, il film parla dell'impossibilità di cambiare il proprio destino, di riuscire a prendere il controllo della propria vita. Non si pensi che questo sia un inno all'immobilismo sociale, quanto più una posizione filosofica ben precisa del regista: la vita non può mai essere sotto il controllo dell'uomo, poiché tutti i piani, prima o poi, sono destinati a sfuggire di mano.
E per sottolineare questa posizione il regista non cerca mai il contatto empatico tra spettatore e personaggio, come nel teatro di Brecht: emblematica in tal senso la scena finale in cui viene mostrato in maniera nuda e cruda il ragazzo dei Kim che viene quasi ucciso con una pietra in testa, senza un minimo di accompagnamento musicale.
La messa in scena è spoglia e asettica, funzionale ad un film in cui tutti sono vittime e tutti sono carnefici. Nessuno è senza colpa: i ricchi di vivere nella loro bolla, i Kim di essersi illusi di poter volgere le cose a proprio favore e a spese altrui. Anche la vecchia badante e suo marito appena intravedono la possibilità di uscire dal bunker (sia fisico che metaforico), si dimostrano sadici e privi di pietà verso i Kim (la scena del video-ricatto).
Il finale, con la lettera dal padre al figlio e viceversa, è uno dei momenti più toccanti dell'intero film, e sta a significare, nonostante il destino avverso, la sopravvivenza della speranza e della fede, come unica arma contro l'ingiustizia del mondo.
Bong Joon-ho è magistrale nel mettere in atto un film tanto complesso: è raro vedere una tale capacità tecnica di regia al servizio di una maturità artistica e filosofica tanto sviluppata.
Un plauso va fatto ovviamente anche agli attori, alla sceneggiatura e alla scenografia, che hanno saputo rendere magnificamente le atmosfere e lo spessore del film.
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