Parasite |
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Un film di Bong Joon-ho.
Con Song Kang-ho, Lee Sun-kyun, Yeo-jeong Jo, Choi Woo-Sik.
continua»
Titolo originale Parasite.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 132 min.
- Corea del sud 2019.
- Academy Two
uscita giovedì 7 novembre 2019.
- VM 14 -
MYMONETRO
Parasite
valutazione media:
3,99
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un tema forte penalizzato dal virtuosismodi ZararFeedback: 13464 | altri commenti e recensioni di Zarar |
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mercoledì 13 novembre 2019 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Apologo sulla società post-industriale con i suoi errori e orrori, questo film è stato accolto con un entusiasmo a mio parere eccessivo. Non che l’opera non abbia aspetti interessanti. Il messaggio che il regista sud-coreano Bong Joon-ho vuol trasmettere, incrociando storie e personaggi della misera famiglia di Ki-Taek e della ricchissima famiglia del signor Park, tocca sicuramente un nervo scoperto: non solo viviamo in una situazione di insostenibile ingiustizia sociale, ma si crea una generale perversione e una infelicità diffusa, perché i pochi ricchi sempre più ricchi sono distrutti da nevrosi e oscuri fantasmi; i molti poveri sempre più poveri per parte loro non sanno più che cosa sia coscienza di classe, non hanno orizzonti alternativi; vivacchiano ai margini della società dei consumi, telefonino in mano, finché non colgono l’opportunità di una vita: fare i parassiti del ricco epulone, come scarafaggi in una dispensa ben fornita, usando la furberia e l’inganno per lucrare sulle nevrosi e le paure dei ricchi e la loro oscura volontà di farsi perdonare la ricchezza. E per questo non esitano a schiacciare senza pietà altri miserabili concorrenti, in una spirale sempre più feroce. Ma gli equilibri sono troppo precari, la lotta fra poveri presenta le sue vendette, il gioco diventa facilmente pericoloso e la commedia si trasforma prima in insensata caricatura e da un attimo all’altro in dramma, e infine in follia e horror. Possiamo considerare dunque questa storia estrema una audace metafora delle forme deformate dell’odierno conflitto sociale e della disumanizzazione e ferocia dei nostri tempi. Altro elemento a favore del film è la fotografia, che crea luoghi perfetti per il loro valore simbolico, conducendoci dalle altezze di luce nitida e dallo stile levigato e algido del mondo dei ricchi al formicolante e lurido mondo sotterraneo dei poveri, attraverso una fuga di vicoli a scala che segnano una vera e propria discesa agli inferi (vedi la scena bellissima della corsa dall’alto in basso sotto una bomba d’acqua che travolge la città). Con tutto ciò il film non convince fino in fondo. Non c’è coerenza e vera ‘necessità’ nello svilupparsi della narrazione. Il percorso dalla allegra truffa all’horror alla Tarantino del finale suona più come la sperimentazione virtuosistica di registri e cifre stilistiche diverse che come l’articolarsi di una parabola che scivola inesorabile verso il dramma. I segnali sotto traccia che dovrebbero sottilmente indicare i passaggi sono più curiosi che inquietanti; manierismo ed estetismo il più delle volte distraggono e diluiscono l’allarme. Infine il regista sembra non aver deciso fino in fondo che fare degli attori, se ridurli a puri stereotipi e marionette di una storia a tesi unica protagonista o dare loro umanità e profondità psicologica: nel dubbio non sono né carne né pesce, ed è impossibile provare una qualche empatia nei loro confronti. Viene alla mente, a contrasto, il film Un affare di famiglia di Hirokazu Kore'eda, che, pur affine per qualche verso, ha ben altro equilibrio e ben altro livello espressivo.
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