Da evidenziare che per la prima volta in questa serie dietro la camera da presa vi sia una regista.
di Marco Castelli, vincitore del Premio Scrivere di Cinema
Lo scrittore spagnolo Javier Cercas ha scritto, nel suo libro "Soldati di Salamina", come "la novella è forma, e perciò non esistono temi esauriti, ma forme esaurite di affrontarli." Stante che un discorso relativo alla filmografia può solo vedere rafforzata questa opinione (basti il riferimento al recente La La Land) si potrebbe, fedeli a questa affermazione, dare una chance al quinto e forse ultimo capitolo di Underworld. Purtroppo in questa franchise il senso di pesantezza nei temi e nelle scene si rivela in realtà per tutta la durata del film.
Abbiamo visto licantropi misteriosi ed affascinanti (Wolfman con Benicio del Toro) e vampiri adolescenziali (la saga dei vari Twilight), tutti nobili o meno nobili: servivano ancora queste storie adolescenziali e combattimenti dei quali ormai, ai tempi della realtà virtuale, si fa fatica anche ad apprezzare il lato atletico?
Si potrebbe considerare degno di nota che per la prima volta in questa serie sia una regista ad essere dietro la camera da presa, se non fosse che lo sguardo e la sceneggiatura non si distanziano in molto notevole da quello dei suoi predecessori uomini.