Anno | 2016 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Cambogia, Corea del sud |
Durata | 68 minuti |
Regia di | Douglas Seok |
Attori | Kanitha Tith, Thavy Pov, Vanthoeun Bo, Dy Saveth . |
MYmonetro | 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento domenica 27 novembre 2016
Una giovane ragazza esuberante e dallo spirito libero cerca di condividere un momento di gioia con il padre ormai morente.
CONSIGLIATO NÌ
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La relazione tra il cinema cambogiano e l'era degli Khmer Rossi è ormai un genere a sé stante. Se il nome noto al mondo occidentale è quello di Rithy Panh (L'immagine mancante), negli ultimi anni altri autori di documentari e opere di finzione - Sotho Kulikar in The Last Reel, Davy Chou in Le sommeil d'or - si sono interrogati sul dramma di un pezzo di storia cancellato, così come i dischi, i film e le vite stesse di quasi tutti gli artisti dell'epoca. Il film di Douglas Seok - americano di nascita, coreano di residenza - si inserisce nel solco tracciato da questi autori, suddividendo il racconto in tracce, come se si trattasse della sequenza di un cd, e cercando ambiziosamente di mescolare pop e intimismo.
Il rimosso cambogiano fa nuovamente capolino nei panni della diva sopravvissuta al massacro, Dy Saveth, che balla in uno schermo televisivo, ispirando le mosse e lo spirito dell'irrequieta Kanitha, incapace di accettare un destino già scritto per il proprio futuro (il matrimonio) e quello di suo padre (la morte).
Tra i balli astratti di Kanitha nelle rovine del tempio e le lunghe immersioni nell'oceano immoto, il piano della narrazione lascia sempre più spazio a quello astratto e metafisico, su cui Kanitha proietta ansie e paure. Attraverso dissolvenze e sovrimpressioni di immagini, Seok cerca di comunicare le sensazioni provate da Kanitha dove le parole non basterebbero, accostando lo smarrimento della ragazza, di fronte alla malattia del padre, a quello di un Paese privato violentemente del proprio passato. Simbolismi tutt'altro che innovativi, veicolati attraverso uno stile evidentemente debitore della visionaria lentezza di Apichatpong Weerasethakul. Se il tema intrinseco alla questione cambogiana rischia di essere inflazionato e nuovi punti di vista si impongono, questi ultimi di certo non passano da Douglas Seok e dal suo stucchevole autorialismo.