Titolo internazionale | Marina Abramovic In Brazil: The Space In Between |
Anno | 2016 |
Genere | Eventi, Avventura, Biografico, |
Produzione | Brasile |
Durata | 97 minuti |
Regia di | Marco Del Fiol |
Attori | Marina Abramovic, Dorothy W. Cooke, Narcisa Cândido da Conceição, Itamir Damião João de Deus, Aldaci Dos Santos, Florentina Pereira Dos Santos, Maya Parvati Bastos Duarte, Zezito Duarte, Andy Grace, Rudá Iandé, Denise Maia, Matheus Miranda Mattos. |
Uscita | lunedì 3 ottobre 2016 |
Distribuzione | Nexo Digital |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,98 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 30 maggio 2022
Marina Abramovic intraprende un percorso spirituale nel Brasile di medium, sciamani, lscoprendo percorsi artistici e antropologici. In Italia al Box Office The Space in Between: Marina Abramovic and Brazil ha incassato 146 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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"I like to live in the space in between. Is one of the most creative spaces for an artist to be/mi piace vivere in quello spazio nel mezzo. É uno degli spazi più creativi per un artista" dice Marina Abramovic durante il film, a metà del suo viaggio in Brasile. Un viaggio che l'artista racconta attraverso un documentario vivido in cui avverte gli spettatori, proprio come incipit di una storia, che una sciamana brasiliana le rivela di avere un potere e uno scopo precisi: insegnare agli esseri umani di sopportare - e superare - le pene fisiche. E il rito corale della guarigione inizia proprio dalle prime, violente scene, in cui uno stregone cura i malati attraverso atti crudi e dolorosi.
Superati i primi minuti del film, come in un rituale di iniziazione, la Abramovic da spettatore diventa un medium alla scoperta di un mondo affascinante e pauroso, quello dei saggi, degli erboristi, degli stregoni e degli sciamani di questa terra straordinaria.
Da Chapada a Salvador de Bahia, da Curitiba fino a San Paolo, The space in between racconta, con uno stile documentaristico asciutto e classico, i cibi, le musiche, i traumi e le magie di quei luoghi e persone; i riti spirituali e magici, i falò notturni e le terapie, spesso dolorose, attraverso le parole e le rivelazioni dei personaggi incontrati nel viaggio. E Marina è in mezzo: è quel guru di cui già ha reso testimone il suo pubblico dalle più recenti performance al Moma "The artist is present" (2010), fino alla mostra "terapeutica" al PAC di Milano, "The Abramovic Method" (2012); è quella donna alla quale inizialmente si fatica a credere - soprattutto se ignari del suo percorso artistico che l'ha resa sicura e sempre in ricerca di quella guarigione dello spirito dell'uomo. Penso all'Abramovic di "Rhythm 0" (1974), la performance a Napoli - grande luogo di sperimentazione artistica e umana, dove sono passati tanti grandi della cultura internazionale - in cui l'artista serba aveva messo a disposizione, ben ordinati su un tavolo, strumenti di tortura e una pistola, che il pubblico poteva utilizzare per provocarle dolore. Un progetto in cui il corpo della donna diventava un campo di battaglia per la psiche umana.
Fino a dove ci si può inoltrare? Dov'è il punto di non ritorno? Questo è il nodo che Abramovic intende ripercorrere e sciogliere in Brasile: l'artista non è quel falso guru che parla in terza persona che ci propone Sorrentino ne La Grande Bellezza. Non ci vuole la retorica vuota (e non sviluppata) di The Square per comprendere di cosa tratta l'arte contemporanea. Quello di cui il pubblico ha bisogno è capire - o non capire - perché una persona dedica la sua esistenza a vedere e, di conseguenza, indicare agli altri, le cose da un'altra prospettiva. Se si è disposti a farlo allora questo documentario è una prova di resistenza dove, una volta oltrepassato il pregiudizio nei confronti di questa donna dall'apparenza non più umana, si percepisce che quei lunghi "pisolini" in cui è nuda nei boschi, in balia di pietre e minerali, o dove si sottopone a sofferenze e shock fisici - alternati da sketch in cui si mette in gioco in maniera ironica e scene collettive alla David Lynch (cita lei) - possono davvero essere delle azioni di guarigione. Secondo l'artista siamo "liberi di andare ovunque vogliamo, di seguire le idee e che il destino è un flusso". Allora si che si può controllare il tempo, restando per un po' "nel mezzo".
Partendo dal presupposto che penso che le performance della Abromovic stiano all'arte come il letame al cioccolato, il film è un'accozzaglia di ciarlatani, santoni, stregoni e rinascite spirituali finto new age che neanche wanna marchi sarebbe riuscita a far passare per credibili durante le sue televendite. Il momento più emozionante del documentario è la sequenza dedicata alla sua evacuazione involontaria [...] Vai alla recensione »