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Scrittori al cinema: Ritorno alla vita di Wim Wenders

Il cinema in movimento. Di Roy Menarini.
di Roy Menarini

In foto James Franco in una scena di Wim Wenders - Ritorno alla vita.
James Franco (James Edward Franco) (46 anni) 19 aprile 1978, Palo Alto (California - USA) - Ariete. Interpreta Tomas nel film di Wim Wenders Wim Wenders - Ritorno alla vita.

lunedì 28 settembre 2015 - Approfondimenti

Perché è così difficile rappresentare le creatività al cinema? Se la creatività si esprime attraverso gesti, performance, azioni è tutto più semplice.
Quando Martin Scorsese ci mostra Nick Nolte al lavoro davanti al cavalletto, in Lezioni dal vero (episodio di New York Stories) a noi pare quasi di annusare la pennellata sulla tela, e lo stesso vale per la forza quasi fisica che Turner mette nel dipingere durante l'omonimo film di Mike Leigh. Ovviamente si può dire la stessa cosa per i musicisti - e in questi mesi Whiplash ci ha fornito una prova, sia pure spettacolarizzata, di quel che significa diventare un grande batterista jazz.

Più problematico quando la creatività è di tipo compositivo. Per il cinema è difficile far capire che cosa si muove nelle emozioni, nel cervello umano e nelle nostra capacità cognitive nei lavori di elaborazione più lenta e non performativa, problema in cui è incappato anche il Leopardi di Martone, ne Il giovane favoloso - e non a torto qualcuno ha detto che proprio Creatività è il personaggio mancante di Inside Out della Pixar.

Il problema con gli scrittori al cinema è esattamente questo. Lo spettatore deve semplicemente "fidarsi" del fatto che il protagonista possieda un grande talento. È più semplice raccontarne la crisi, con il foglio bianco davanti agli occhi o il taccuino scarabocchiato di cose che non serviranno. Cliché che non riesce a scalfire nemmeno Wim Wenders, con il suo interlocutorio Ritorno alla vita. Il film, in verità, sfiora un tema importante: quanto contano i momenti bui nella maturazione artistica di uno scrittore? Il protagonista, interpretato da James Franco, causa suo malgrado di un terribile lutto in una famiglia di sconosciuti, si trova umanamente segnato e al tempo stesso esperienzialmente arricchito dalla tragedia. Quasi senza confessarlo, a sé o agli altri, è lui che esce meglio dal disastro: ne è la causa involontaria, ma il dolore (proprio e altrui) lo porta a uscire da una crisi artistica che lo avrebbe probabilmente bloccato ancora per lungo tempo.

Sia pure originale, il tema è però risolto senza alcun ausilio di spiegazioni per lo spettatore. In che modo un uomo introverso e talvolta arido, come il personaggio principale, si trasforma in un grande scrittore? Che romanzi ha scritto e che cosa contengono di così importante? In quale spazio inaccessibile si cela la scintilla del talento? Senza mettere in scena la creatività, da un lato, e il bagaglio culturale e personale che lo scrittore getta nei propri libri, dall'altro, rimaniamo inevitabilmente a bocca asciutta. Ecco un altro esempio dei problemi che il cinema, pur dopo 120 anni di vita, sembra portarsi appresso. Le mancate soluzioni sono anche la garanzia del grande spazio che ha ancora davanti a sé.

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