Advertisement
Cinema come digitale retrò

Il cinema in movimento di Roy Menarini.
di Roy Menarini

In foto una scena del film.
Chris Hemsworth (40 anni) 11 agosto 1983, Melbourne (Australia) - Leone. Interpreta Nicholas Hathaway nel film di Michael Mann Blackhat.

lunedì 16 marzo 2015 - Approfondimenti

L'insuccesso di Blackhat negli Stati Uniti e su territorio europeo non deve essere rubricato semplicemente come inevitabile scacco per un film (e un cineasta, Michael Mann) troppo raffinato nel contesto dei thriller contemporanei e dunque troppo straniante per il pubblico dei multiplex. Certamente, lo stile astratto e l'estetica iperrealista dell'autore hanno contato nel rendere Blackhat un UFO nella produzione di oggi, cui si aggiunge - rispetto ai ben più pubblicizzati Nemico pubblico e Miami Vice - una natura da b-movie abbastanza percepibile: il budget (70 milioni di dollari) su cui Mann ha potuto contare è la metà di Miami Vice e i due terzi di Nemico pubblico. E si vede.
Detto questo (e detto che, sebbene i picchi di Manhunter o Heat siano ben lontani quanto a furia metropolitana e romanticismo noir), Blackhat è sempre un bel vedere. E un vedere decisamente digitale. Sebbene Mann abbia dichiarato che per lui il digitale è un mezzo come un altro e che un film come L'ultimo dei Moicani lo realizzerebbe anche oggi (potendo) in pellicola, per i cinefili rimane l'artista della ripresa informatica. Mai come nelle sue opere il digitale è diventato, da tecnica, una vera e propria estetica. Se Nemico pubblico stupiva perché nessuno aveva mai girato un gangster movie classico con lo stile di una ripresa digitale dal vivo, stavolta il digitale è persino al centro della narrazione - alcuni snodi della quale sono talmente artificiosi e buttati via da far pensare a una dichiarazione di disinteresse verso il plot (non verso i personaggi, però) da parte dell'autore. Blackhat parla di sistemi informatici che governano il pianeta e - pur senza le ambizioni, per esempio, di un romanzo come "Il cerchio" di Dave Eggers - si offre come noir sull'homo digitalis e sulle forme di genere oggi.
Quello che però i più attenti scoprono è che con Blackhat Mann sembra inaugurare un nuovo corso: il primo esempio di uso del digitale rétro. L'immagine pixelata, bagnata, iperrealista, di Mann è la stessa dei suoi ultimi film, precedentemente citati. Molto diversa dai registi che oggi stanno proponendo cinema e Tv come arte del digitale, ovvero (principalmente) David Fincher e Steven Soderbergh. Nei loro film, e in The Knick (il Soderbergh televisivo), il digitale è utilizzato nella sua forma più nitida e definita, per ottenere un equilibrio formidabile tra potenza della narrazione e nuove forme di rappresentazione dello spazio e degli oggetti. In Mann, invece, trionfa il digitale di dieci anni fa, sporco, camera a mano, con gli aloni che sfumano l'inquadratura, con le scene d'azione che sembrano documentari sul set (quindi al contempo una sequenza di movimento e il making of della sequenza stessa), senza nessuna intenzione di riconciliare al nuovo quello che era - per Mann - fin dall'inizio una sorta di new wave tecnico-stilistica. E come tale da portare avanti.
Ecco perché possiamo definire Blackhat il primo grande film retro-digitale.

Gallery


{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati