Titolo originale | Hwajang |
Anno | 2014 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 89 minuti |
Regia di | Im Kwon-Taek |
Attori | Ahn Sung-Ki, Kim Ho-jung, Kim Qyuri, Gyu-ri Kim, Park Jeong-sik Han Yi-jin, Shim Yu-Seung. |
MYmonetro | 2,18 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 17 marzo 2015
Il film è basato su un romanzo scritto da Kim Hoon.
CONSIGLIATO NÌ
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Mr Oh è rimasto vedovo ed è certo che la moglie sospettasse una sua infedeltà. Ricordi e senso di colpa si affastellano nella mente di Oh, uniti all'attrazione insopprimibile per la giovane collega Choo Eun-joo.
Giunto al ragguardevole primato del centoduesimo film, Im Kwon-taek sceglie di intraprendere la via del minimalismo, cercando di sfuggire a ogni tentazione di sensazionalismo o di eccesso. La storia, tratta da un romanzo di Kim Hoon, rappresenta un classico esempio di come agiscano le curiose coincidenze della vita e l'insondabilità dei sentimenti: Im si sofferma sul tema, riflettendo sulla possibilità e sull'opportunità di una seconda chance. Può un uomo innamorarsi di un'altra donna quando la propria moglie sta morendo? È possibile (e giusto) entrare nei suoi pensieri senza demonizzarlo? Domande meritevoli di una risposta ponderata e stimolante, che Im non sembra in grado di articolare con un linguaggio adeguato alla materia.
Pur non essendo mai stato un autore incline a insistere sui personalismi e su una propria inconfondibile cifra stilistica, suscita sconcerto constatare come il regista di Ebbro di donne e di pittura si sia appiattito su uno stile a tratti quasi televisivo. Le sequenze oniriche in cui il protagonista sogna il corpo voluttuoso della collega, esempi di soft-core patinato e photoshoppato, così come le musiche extra-diegetiche, invadenti e inutilmente didascaliche, che accompagnano i mutamenti di animo del protagonista, costituiscono peraltro (e non da oggi) i più tipici difetti della produzione mainstream sudcoreana.
Che si supporrebbe lontana dal cinema dell'autore di Beyond the Years, mentre in Revivre è come se fossero le tendenze più deteriori del gusto corrente ad aver prevalso sullo stile del regista, anziché il contrario. Nella disarmante sensazione di vuoto autoriale irrompe occasionalmente un tentativo di scuotere lo spettatore, che porta a esiti talora incerti talaltra quasi ingiustificabili: tra questi ultimi spicca la misoginia della scena di sesso con ricorso al Viagra tra Oh e la moglie malata, inframmezzata dai sogni erotici di Oh, ossessionato dal corpo di Choo.
Se la volontà era di scioccare, allora ben altra qualità registica avrebbe dovuto sostenerla. Non è infatti (solo) un problema morale ad affliggere Revivre, è la netta sensazione di assistere al rapido decadimento di un maestro.