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La dittatura della risata

Le formule comiche di Sacha Baron Cohen ne Il dittatore di Larry Charles.
di Roy Menarini

In foto l'attore Sacha Baron Cohen in una scena de Il dittatore.
Sacha Baron Cohen (52 anni) 13 ottobre 1971, Londra (Gran Bretagna) - Bilancia. Interpreta Il dittatore nel film di Larry Charles Il dittatore.

domenica 17 giugno 2012 - Approfondimenti

Il cinema comico americano continua a rappresentare una fonte di interesse non comune. A differenza della commedia romantica e del melodramma – per citare altri due generi immortali – il comico sembra aver trovato negli anni un importante ricambio di talenti. A parte il cosiddetto brat pack (di Ben Stiller e compagnia), Hollywood ha potuto godere del talento di Judd Apatow, regista e produttore che solamente una lettura affrettata e poco analitica dei suoi film può relegare a divertimento sessista e scatologico. Il quarantenne londinese Sacha Baron Cohen, a sua volta, ha fatto della sua non-americanità il passaporto più riconoscibile per portare allo scompiglio il sistema delle attese spettatoriali in terra statunitense.
A vedere il suo ultimo film, opera pressoché perfetta nei suoi meccanismi di sarcasmo politico, si capisce come tutta la trilogia – formata da Borat, Brüno e appunto Il dittatore – poggi sull’idea di outsider, ovvero di personaggio che giunge da lontano, si incunea nella società americana e comincia a incontrarne tutte le contraddizioni. Cohen, però, che è autore (anche se non regista) dei suoi film, ed è inoltre comico fine, intelligente e sovversivo, fa di più: rendendo inaccettabili e non redimibili i suoi protagonisti, crea frizione tra loro, l’identificazione del pubblico e l’oggetto della satira, sempre e comunque gli Stati Uniti d’America.
Il funzionamento della sua comicità, in fondo, è tutta lì, una mossa a suo modo spregiudicata e geniale, attraverso la quale egli si pone nella posizione di deridere tutti, da destra a sinistra, dall’occidente al (medio) oriente, prima esasperandone gli stereotipi e poi confermandone la validità. Ne Il dittatore si alternano tutte le formule comiche possibili: da quelle più brutalmente corporee (nessun orifizio o pratica fisiologica viene risparmiata) a quelle logiche (si pensi all’esilarante legge per cui la parola "alladeen" vale per un senso e anche per il suo contrario), dai temi del doppio a quelli del rispecchiamento, fino ai momenti in cui, gettata la maschera (la barba), il dittatore spiega agli Usa quanto converrebbe anche a loro la forma della tirannia, ed elenca una serie di ingiustizie e scorrettezze che, tuttavia, l’America pratica già pur in democrazia. Un evidente paradosso satirico, che proviene dalla scuola profonda degli stand-up comedians statunitensi, quella dell’invettiva nobile e senza compromessi di Lenny Bruce, Bill Hicks, George Carlin fino a Louis C.K., divenuto di recente il più radicale e incontenibile.
Sarebbe davvero un peccato se Il dittatore venisse liquidato come forma espressiva di second’ordine – anche se, a dire il vero, persino la critica più tradizionalista sembra essersi accorta del talento e della raffinatezza contenutistica di Cohen. Inoltre, i comici italiani – televisivi e cinematografici – potrebbero imparare parecchio dalle strategie ironiche di questo film, senza venirci a raccontare che rutti e peti, in fondo, sono sempre la stessa materia, sia che si trovino in un cinepanettone sia che abitino il mondo di Sacha Baron Cohen. Il ragionamento è palesemente falso, e Il dittatore ne è dimostrazione lampante.

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