Saranno in molti a confrontare il Batman di Nolan con quello di Burton. Questo paragone, però, non dovrebbe essere fatto a priori, perché quelli dei due registi sono due modi diversi di concepire il personaggio e il mondo che lo circonda. Per capire cos’è Batman per Burton bisognerebbe chiedersi: come sarebbe Gotham se fosse deformata, eccessiva? Ovviamente apparirebbe gotica, irreale, come l’abbiamo vista nei suoi film. E Joker come apparirebbe? Grottesco, clownesco, come lo era quello di Nicholson. Il Batman di Burton, quindi, non cerca il realismo, anzi, deforma la realtà e i personaggi che agiscono al suo interno, sottoponendo il tutto ad una stilizzazione quasi cartoonesca che risente dell’espressionismo tedesco nel cinema degli anni Venti, tramite l’uso della scenografia, dei costumi e del trucco. Il Batman di Nolan, al contrario, si affida al realismo. Per entrare nella sua visione bisognerebbe domandarsi: come sarebbe Batman se esistesse veramente? Un miliardario che può permettersi di vestirsi da pipistrello e avere una macchina che sembra un carro armato. E Gotham come sarebbe? Simile a Chicago, luogo in cui il film è stato girato. E Joker? Non un clown, ma uno psicopatico, un vero killer fuori di testa. L’espressionismo (Burton) e il realismo (Nolan), come in pittura, sono correnti entrambe valide e non si può dire quale delle due sia la migliore. La preferenza personale, poi, è un’altra cosa. Nolan sceglie la via del noir, il suo film non ha nulla da spartire con le dozzinali pellicole attuali sui supereroi, ma è in realtà girato come se fosse un thriller, genere nel quale il regista è un maestro (si vedano i suoi ottimi film precedenti). Non a caso fa spesso uso di un abilissimo montaggio alternato, per gestire un ritmo che prende molto le distanze da quello degli episodi burtoniani. “Il Cavaliere Oscuro”, come lo stesso Batman, è un film che indossa un “costume”: è infatti un noir mascherato da film commerciale. Dietro il travestimento del grosso spettacolo si cela il vero marchio di un regista, un’elegante storia di crimine metropolitano (con influssi anche da Michael Mann) e gangsteristico. Forse fare un film di Batman è per Nolan solo una scusa per fare qualcos’altro. I personaggi sono dotati di spessore psicologico, elemento piuttosto raro in produzioni di questo tipo. I registi di altri film tratti da fumetti sono ossessionati dalla fedeltà ai fumetti stessi, pure nello stile visivo, e finiscono per realizzare “fumetti animati” più che film, con personaggi bidimensionali che si riducono a massacrarsi e a dire frasi retoriche d’effetto (come in “300”). Nolan sa bene che al cinema i “Clang!” e i “Bang!” non bastano, e anziché fotocopiare su celluloide i fumetti, dà un suo tocco alla sua opera facendone tutto quello che un film dovrebbe essere, anche se tratto da un fumetto: un film, e non un fumetto. Come detto prima, il Joker di Nicholson è molto diverso da quello del povero Heath Ledger, che ci regala un’interpretazione indimenticabile, viscerale, e toccante. Forse per Nicholson è stato più semplice diventare Joker, in fondo è come fare la parte, un po’ caricata, di se stesso, cioè quella di un mattacchione, e mentre vediamo il suo Joker continuiamo a vedere “Jack Nicholson che fa Joker”. Quando invece vediamo quello di Ledger, vediamo il Joker vero e proprio, nella sua forma più assoluta, incontrollabile. (Continua)
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