Corpse Collector

Film 2015 | Drammatico 116 min.

Regia di Dimitar Dimitrov. Un film Da vedere 2015 con Mihail Bilalov, Teodora Duhovnikova, Lydia Indjova, Stoyan Radev (II), Stefan Shterev. Cast completo Titolo originale: Subirach na trupove. Genere Drammatico - Bulgaria, 2015, durata 116 minuti. - MYmonetro 3,34 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 29 gennaio 2016

Opera corale nell'intreccio e nei linguaggi, Corpse Collector è anche la storia di un individuo e della sua affermazione come uomo.

Consigliato sì!
3,34/5
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO 3,17
CONSIGLIATO SÌ
Dramma sociale, umorismo nero, tragicommedia romantica, comico. Accade di rado di veder maneggiare così bene uno stile tanto eterogeneo.
Recensione di Fabrizio Papitto
Recensione di Fabrizio Papitto

Itso è un addetto al trasporto delle salme. Insieme al suo socio zigano Avera gira la città su un furgoncino dell'ambulanza con il quale scorta i cadaveri all'obitorio. Qui è concupito da Mimi, collega da poco divorziata, mentre questi stravede per Katya, una donna fragile e iniqua alla mercé di Rocco, mafioso in doppiopetto. Intanto un pedofilo violenta la figlia di Avera, che è deciso a farsi giustizia da solo.
Dramma sociale, umorismo nero, tragicommedia romantica, assurdo comico. Accade di rado di veder maneggiare così bene uno stile tanto eterogeneo, e lo stupore raddoppia se a farlo è un regista alla sua prima prova com'è il bulgaro Dimitar Dimitrov. Opera corale nell'intreccio e nei linguaggi, è anche, più in piccolo, la storia di un individuo e della sua affermazione come uomo. Hristo Donchev, per tutti Itso, non si è ancora emancipato dal complesso edipico che lo lega ai genitori scomparsi. La madre, morta prematuramente di cancro, viene rivissuta nelle sembianze di Katya, che egli ama senza condizioni e da cui accetta di essere umiliato tanto nella sua virilità quanto nel suo status sociale. Rifiuta parimenti la figura del padre - datosi la morte la settimana appresso la scomparsa della moglie - la cui immagine non trova posto né sulla lapide che lo commemora né nell'umile tugurio dove vive il figlio. È un uomo senza volto, un'ombra con cui fare i conti, un presenza totemica da uccidere, freudianamente, attraverso una seconda morte dalla quale rigenerarsi. Quest'ultima, con una narrazione di facile decodifica, avverrà non per caso durante la celebrazione della Pasqua cristiana.
Il resto di questo esordio che c'è da augurarsi venga notato lo fanno la nitidezza della messa in scena, la fotografia luminosa di Boris Slavkov, la qualità delle interpretazioni. Il talento mimico di Stoyan Radev nei panni del protagonista è affiancato da Teodora Duhovnikova, corpo erotico e perennemente ironico, e Lydia Indjova in un ruolo accessorio che cancella il suo debito nel finale.
Attraverso il gitano Avera (Stefan Shterev) passa invece il racconto di una società senza regole e come abbandonata a sé: ad operare nell'illegalità non è il trapiantato poco o male integrato nella comunità che lo ospita, bensì chi, perfettamente inquadrato - nonostante la meschinità di un'etica compromissoria - ha in spregio la giustizia perché, da cittadino, sente che questa non lo rappresenta o non è in grado di difenderlo, tanto più quanto egli è parte di una minoranza economicamente e culturalmente in affanno. Il pederasta così come il malavitoso (Mihail Bilalov) che vediamo mandare a morte un'intera famiglia nelle prime scene del film, commettono delitti che restano impuniti da tutti ad eccezione di questa coppia di reietti messa ai margini dallo Stato che sceglie di riscattarsi, con logiche differenti, e di farsi strumento di una vendetta feroce eppure penosa, caldissima, piena di lacrime.

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