1899

La Kerberos è una grande nave che, nel 1899, viaggia verso l'America. Tra i passeggeri spicca la dottoressa Maura, che ha studiato il cervello umano, ma ci sono anche: una coppia omosessuale in fuga; una cinese che si spaccia per giapponese; un ricco francese affetto da tremori e che nasconde molti segreti. Non manca nemmeno un clandestino nero, mentre la seconda classe è dominata da una famiglia dal fervente cattolicesimo, dove la madre sostiene di sentire la voce di Dio. La Kerberos lungo la rotta si imbatte in un segnale della Prometheus, un'altra nave della stessa compagnia scomparsa mesi prima. Pur con poca speranza di ritrovare superstiti, il capitano tedesco Eyk, si dirige verso la Prometheus, che però è abbandonata - con la sola eccezione di un silenzioso bambino e della sua piccola piramide di pietra nera...

1899 È la nuova serie degli autori di Dark, i tedeschi Jantje Friese e Baran bo Odar. Il loro è di nuovo un ambizioso enigma, che però questa volta ha meno interesse per i personaggi e li travolge subito con un artificioso intreccio.

Il che è doppiamente un peccato, visto che non si tratta di persone dei nostri giorni o di periodi vicini come gli anni 80 di Dark, bensì di un momento storico meno esplorato e che avrebbe meritato tutt'altro approfondimento. Così come l'idea della nave deserta alla deriva, che ha basi reali per esempio nel celebre caso della Mary Celeste e in quello più recente della Sam Ratulangi, aveva la forza narrativa per reggere senza problemi un'intera stagione di indagini e misteri. Invece la prima esplorazione è tanto approssimativa che nemmeno ci si cura di non aver trovato il registro del capitano di bordo - infatti ci tornerà in episodi successivi.

Del resto è presto chiaro che la realtà a cui si assiste in 1899 non va presa alla lettera e dunque gli autori per primi non si interessano un granché a esplorarla in modo coerente. Siamo così nella tipica serie puzzle in stile Lost, però con tutta la seriosità teutonica di una coppia di autori che non ama l'ironia.

Ogni cosa è tragica o drammatica, epperò al tempo stesso, nonostante una situazione da subito grave e via via ancora più di crisi, il solo personaggio che potrebbe spiegare agli altri cosa sta succedendo si guarda bene dal farlo. Avesse una valida ragione per questa reticenza andrebbe anche bene, ma quando finalmente inizia a rivelare informazioni il suo precedente alone di mistero appare immotivato - e lo stesso vale per il silenzio del bambino. Ci sono anche elementi che rimangono inspiegati ancora a fine stagione, forse destinati a essere ripresi e illuminati nelle annate a venire, ma che risultano qui solo dei vicoli ciechi alla fine inutili, un gioco di prestigio tra i generi dove per un attimo la vicenda si tinge di giallo e thriller, ma senza un senso ulteriore.

Un altro problema di 1899 è che in fondo il mistero che propone non è poi così imprevedibile e sorprendente, tanto che la rivelazione conclusiva non è affatto inedita ed è anche un boomerang, perché rende assolutamente pretestuosa l'ambientazione nel 1899.

Che in futuro gli autori trovino un modo per far tornare tutti i conti è alla fine poco rilevante: rimane una prima stagione ambientata, diciamo così, in un periodo storico ben poco approfondito, con personaggi da subito costretti a preoccuparsi di un mistero metafisico che nulla ha a che fare con l'anno a cui la serie è intitolata. Certo ognuno di loro è al centro di qualche flashback, con tanto di inquadrature ossessionate dagli occhi di nuovo in stile Lost, ma a parte per Maura nessuno degli altri acquisice una tridimensionalità.

Con questo non si vuole dire che 1899 sia da buttare. I due autori, lei sceneggiatrice e lui regista, sono tenuti in alta considerazione da Netflix, che gli ha dato i fondi per realizzare una produzione imponente. Inoltre i soldi incassati per Dark sono stati investiti da Bo Odar in una compagnia che ha una virtual production stage, ossia la stessa tecnologia di schermi LED dello Stagecraft usato per The Mandalorian.

La colonna sonora vanta poi costosi brani di culto in coda a ogni episodio e il cast è nutrito e molto cosmopolita, capeggiato dall'inglese Emily Beecham, dal gallese Aneurin Barnard e ovviamente dallo Jonas di Dark: Andreas Pietschmann. Queste qualità però rendono ancora più un peccato che le ambizioni della narrazione a puzzle abbia finito per mangiarsi tanto i personaggi quanto il periodo storico. 