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Rassegna stampa di Jacques Becker

Jacques Becker è un attore francese, regista, sceneggiatore, è nato il 15 settembre 1906 a Parigi (Francia) ed è morto il 21 febbraio 1960 all'età di 53 anni a Parigi (Francia).

PIETRO BIANCHI

Jacques Becker ci ha lasciato, a soli cinquantaquattro anni, ucciso da quel male che, più che un’autentica malattia, ha tutti i caratteri dell’assassinio a opera di ignoti, il cancro. Aveva appena finito Le trou (Il buco), un film singolare, senza donne, quasi ascetico che, pur ammirandolo in molte parti, qualcuno ha trovato prolisso, se non noioso. È giunto poi il celebre scrittore André Malraux, braccio destro di De Gaulle per la cultura, a scegliere per il Festival di Cannes L’America vista da un francese di François Reichenbach, ponendo Le trou, e anche A bout de souffle di Jean-Luc Godard, in seconda linea. Ironica, intelligente; ma girata in assoluta malafede, L’America vista da un francese non vale certo come opera d’arte Le trou. Ancora una volta la politica ha prevaricato sulle ragioni della cultura: la Francia della bomba atomica e della visita a Krusciov ha voluto avvertire gli Stati Uniti, attraverso il «pamphlet» di Reichenbach che non ammette tutele intellettuali o politiche. La «grandeur» insomma, adesso che è giunto il «grande Charles», resta francese.
Le trou ha, nella lingua originale, un duplice significato. Vuoi dire «Il buco», ma vuol dire anche un luogo piccolo, angusto, senza luce. Anche da noi del resto si dice:sto in un buco, per indicare qualcosa di limitato e molesto. L’osservazione era necessaria per la buona intelligenza dell’opera che nasconde un simbolo dietro i fatti esposti con minuzioso realismo. Anche su questo termine di realismo bisognerà intendersi bene. È vero che Becker ha mostrato le celle, gli uffici, i corridoi della prigione della Santé a Parigi con grande scrupolo; ma il film ha tuttavia un valore espressionistico tanto i limiti fisici in cui si svolge il racconto vengono dilatati a favore di una visione romantica, sebbene tenera e pietosa, delle cose del mondo.

FRANçOIS TRUFFAUT

Aveva inventato un suo proprio ritmo. Amava la velocità in auto, i pranzi molto lunghi, girava film di due ore su soggetti da quindici minuti, parlava per delle ore al telefono.
Era scrupoloso e riflessivo, di una delicatezza infinita. Amava filmare minuziosamente le cose insignificanti, un biglietto di lotteria o un gilet smarrito, ma ha superato i suoi limiti volontariamente e coraggiosamente molte volte alla fine di Casque d’or, in Montparnasse 19 e in Le trou.

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