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Rassegna stampa di Carlo Lizzani

Carlo Lizzani è un attore italiano, regista, voce narrante, produttore, scrittore, sceneggiatore, co-sceneggiatore, montatore, assistente alla regia, è nato il 3 aprile 1922 a Roma (Italia) ed è morto il 5 ottobre 2013 all'età di 91 anni a Roma (Italia).

GIAN LUIGI RONDI
Il Tempo

Impegnato, come De Santis, sul piano politico, ma più rispettoso delle esigenze del linguaggio cinematografico, Carlo Lizzani, sia che si faccia ispirare da un romanzo, come in Cronache di poveri amanti, sia che affronti i temi più scottanti della cronaca contemporanea, come nell'Oro di Roma o nel Gobbo, rivela sempre un mestiere provato e sicuro.
In Cronache di poveri amanti questo mestiere si allarga al lirismo più appassionato, carico di risentimenti e di umori; nell'Oro di Roma si lascia forse frenare da un'austerità di espressione che rasenta la freddezza; nel Gobbo, rinverdendo i temi più solidi del film poliziesco americano, instaura nel nostro cinema un genere avventuroso che, pur facendosi suggerire i suoi elementi da fatti veri, li sublima sul piano dell'avventura a largo respiro, tentando, in pari tempo, uno studio di carattere condotto in modo duro, spietato, singolarmente convincente, da cui nasce un personaggio che, se sotto certi aspetti sembra rifarsi al cliché del gangster hollywoodiano, ha però sempre in sé una precisa originalità scaturita non solo dal diverso ambiente in cui agisce (la Roma della guerra e del dopoguerra, le sevizie, la borsa nera, la delinquenza di quegli anni in cui la legge riusciva ad imporsi solo a stento), ma anche e soprattutto dallo

LIETTA TORNABUONI
La Stampa

Carlo Lizzani ha cominciato ieri a Ferrara, città-paesaggio di Ossessione, a girare quella cornice di luoghi viscontiani che inquadrerà il suo "Visconti", un documentario biografico di un'ora destinato alla televisione e ad eventi speciali, non alle sale cinematografiche, che ripercorre la vita di Luchino Visconti "uomo e artista" anche attraverso le interviste rilasciate dal regista per il cinema o la tv, attraverso testimonianze di vivi e di morti, attraverso citazioni di film. Non troppe citazioni, perché sono molto costose: se un minuto di Ludwig costa cinque milioni, un minuto de La caduta degli dei costa diciotto milioni. I luoghi viscontiani non sono cambiati, alterati? "Certo, ma non radicalmente. Voglio girare nei luoghi dell'infanzia e dell'adolescenza, a Erba, Cernobbio, Milano. A San Siro dove c'era, vecchissimo, lo stalliere che si occupava dei cavalli che Visconti metteva in corsa, e che ricordava: "Era un perfezionista, ma poi è andato a Roma...". Voglio girare a Parigi, città del tirocinio cinematografico di Visconti con Jean Renoir, della sua amicizia con Horst e con Coco Chanel; a Ferrara, dove Massimo Girotti interpretava per lui Ossessione e Florestano Vancini sedicenne spiava le riprese. Voglio girare a Roma, dove in piazza della Pilotta 19 adesso c'è una dependance dell'Università Gregoriana mentre allora c'era la redazione di "Cinema", la rivista diretta da Vittorio Mussolini che raccoglieva tanti critici comunisti. La famosa casa di Visconti in via Salaria è assai cambiata all'interno, ma il porticato e il giardino restano immutati. Naturalmente, prima di tutto ho visto e analizzato le otto ore dell'essenziale lavoro televisivo su Visconti realizzato anni fa da Caterina D'Amico de Carvalho". Lei come ricorda Luchino Visconti? "Molto bello, molto virile. Vestito un po' da milanese: ma i mocassini a Roma li introdusse lui. Molto generoso. Quando fondai la cooperativa popolare per finanziare Achtung! Banditi!,Visconti venne a Genova insieme con Girotti per il lancio, per dare una mano, e regalò alla cooperativa la sua sceneggiatura di Cronache di poveri amanti tratta dal romanzo di Vasco Pratolini. Ho lavorato con Visconti alla riduzione cinematografica di Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini: ma il copione non piacque allo scrittore, e il progetto rimase irrealizzato. Forse sono pure, remotamente, all'origine de La terra trema. Il partito comunista voleva fare un documentario per le elezioni regionali in Sicilia; Antonello Trombadori mi chiese di girarlo, ma io preferii accettare la proprosta di Rossellini di seguirlo a Berlino come assistente per Germania anno zero. Trombadori si chiese: "Perché non Visconti?", lo indusse a fare almeno dei sopraluoghi in Sicilia, e piano piano...". Di Visconti racconterà anche gli affetti privati, gli amori? "Come si potrebbe lasciare da parte l'importanza per Visconti della famiglia, della madre? Quanto agli amori userò quella discrezione dovuta a Visconti che della sua vita amorosa non ha mai detto nulla in pubblico né ha nascosto nulla. Userò un'assoluta discrezione, e nessuna rimozione". Come comincia il suo "Visconti", e come si conclude? "All'inizio c'è un'inquadratura del primo film di Visconti, Ossessione, con Massimo Girotti, poi Girotti oggi che parla del film. Alla fine c'è l'estrema intervista di Visconti e poi Alessandro D'Alatri, assistente alla regia nell'ultimo film di Visconti, L'innocente, che parla di lui".

IRENE BIGNARDI
La Repubblica

Non so da quando Il Castoro Cinema abbia smesso di pubblicare la numerazione dei suoi volumetti - che tendono sempre di più a essere volumotti di ragguardevoli dimensioni. Ma dovremmo essere dalle parti di un quarto di migliaio. E la piccola, preziosa enciclopedia del cinema - nata ai tempi di La Nuova Italia, cresciuta sotto la gestione di Renata Gorgani, arricchita lateralmente (ricordate?) dai volumetti pubblicati a suo tempo dall'Unità forma sugli scaffali dei cinefili un punto di riferimento continuo.

BARBARA PALOMBELLI

«Dobbiamo mettere uno di noi vicino a Rossellini...» L'egemonia comunista sul cinema italiano comincia forse con queste parole, pronunciate da Antonello Trombadori, uno dei più straordinari organizzatori culturali del dopoguerra. Uno di «noi» sta per uno del partito, uno di cui ci si può fidare, uno che garantisca la correttezza della «linea».
L'anno è il 1947 e la storia la racconta proprio quell'uno: Carlo Lizzani, classe 1922, romano, due nonni garibaldini, figlio di Mario, commercialista, giornalista e fotografo dilettante, di famiglia repubblicana e «tiepidamente antifascista». Siamo nella sua casa di Prati, non lontana da quell'appartamento sul lungotevere Mellini dove il regista abitava da studente, con i genitori. Succede a molti, quando la vita si avvia al tramonto, di voler tornare nei luoghi della giovinezza, ma non è certo il caso di Lizzani. Lui ha il fisico e lo spirito di sempre: telefono, fax e cellulare suonano in continuazione e anche insieme, sta preparando un'autobiografia che accompagnerà la retrospettiva promossa dall'Università di Pisa per l'anno prossimo, cura la sua Storia del cinema italiano, arrivata alla sesta edizione, fissa incontri, appuntamenti, riunioni, sempre giocando con la cagnetta cocker Camilla, il fazzoletto rosso al posto del collane, pronta per accompagnarlo in battaglia. «Mio padre non immaginava che fra il 1942 e il 1944 da casa erano passati tutti i capi del Partito comunista clandestino: perfino Luigi Longo, alla vigilia dell'8 settembre. Avevo spacciato Trombadori, Mario Alicata, Pietro Ingrao, più grandi di me, per assistenti universitari. Finché un giorno, mio padre incrociò Giorgio Amendola che, con il suo fisico imponente, quasi non entrava dalla porta. “E questo chi è?” domandò, inventai che si trattava di un produttore cinematografico... Dopo l'8 settembre, piombarono a casa come furie Maurizio Ferrara, Vasco Pratolini, Emilio Vedova, Giulio Tuncato, a chiedere armi. Mostrai le mie uniche armi nascoste: i manifestini di Alicata.»

GIAN PIERO BRUNETTA

«Una vera e propria vocazione al film medio» viene definita da Miccichè la caratteristica generale di Carlo Lizzani: in realtà gli anni Sessanta consentono al regista, finora legato a esperienze produttive anomale, di individuare uno spazio all'interno della produzione in cui mettere a frutto le proprie competenze. Lizzani rinuncia a progetti ambiziosi e tuttavia riesce a realizzare non pochi titoli, che gli consentono di seguire una linea coerente di interessi ideologici, culturali, sociologici, storici ed espressivi.
La sua attività è scandita da un titolo l'anno e questo rende difficile distinguere opera da opera. Anche il ventaglio di scelte e interessi è ampio, con una prevalenza in direzione sociologica e di ricostruzione storica. Lizzani non lavora solo nell'intreccio: il personaggio, il dato di cronaca, la serie di eventi storici gli interessano nella misura in cui riesce a spostare il fuoco dell'attenzione dall'intreccio allo sfondo e a mostrare, in un rapporto ora deterministico, ora dialettico, l'influenza del contesto.

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