Nicole Kidman (Nicole Mary Kidman) è un'attrice statunitense, produttrice, produttrice esecutiva, è nata il 20 giugno 1967 a Honolulu, Hawaii (USA). Nicole Kidman ha oggi 57 anni ed è del segno zodiacale Gemelli.
Figlia di un biochimico oltre che psicologo e di una convinta femminista. La famiglia si sposta a Washington DC per le esigenze di lavoro del capo famiglia e tre anni più tardi Nicole si trova a Sydney in Australia che diventa la sua patria adottiva. La ragazza è alta con una pelle bianca simile alla porcellana, capelli rossi e sicura di sé. Inizia a studiare mimo all'età di 8 anni dopo 5 anni di danza classica. A 10 anni il debutto a teatro e nel 1983 il primo film per la tv, Chase through the night. Al cinema debutta con un film prodotto dal regista George Miller, Bush Christmas. Ma deve aspettare il 1989 e il suo ottavo ruolo al cinema e molta televisione per ottenere la sua prima porzione di popolarità. Interpreta infatti Rae Ingram, moglie coraggiosa di Sam Neill che deve tenere testa al maniaco Billy Zane nel thriller Ore 10: calma piatta di Philip Noyce. Un film girato interamente su una barca come il film d'esordio del 1962 di Roman Polanski Il coltello sull'acqua. È il 1990 quando le porte di Hollywood si spalancano per lei con Giorni di tuono, mediocre film di Tony Scott. Questo film è importante per due ragioni, per gli incassi e per il primo incontro della futura coppia Nicole Kidman-Tom Cruise. Quando i due recitano di nuovo insieme in Cuori ribelli saranno già marito e moglie (il matrimonio avviene alla vigilia di Natale del 1990). È il 1992 ma nel frattempo la Kidman non tradisce il suo paese natale e recita in Flirting con Thandie Newton, oltre ad essere al fianco di Dustin Hoffman in Billy Bathgate di Robert Benton. Elegante e delicata, recita con consapevolezza e intelligenza. Le sue donne al cinema sono al tempo stesso fragili e forti, e si dimostrano coraggiose di fronte a ogni avversità. Nel 1993 è al fianco di Michael Keaton in My Life - Questa mia vita un melodramma da dimenticare e recita con Alec Baldwin e Bill Pullman nell'inquietante thriller Malice - il sospetto. Due anni dopo ottiene un grande successo con Batman Forever e guadagna il Golden Globe per l'eccellente interpretazione in Da morire di Gus Van Sant. Il ruolo della ragazza arrivista e senza scrupoli che arriva al delitto è reso, come richiesto da copione, in maniera satirica. Un altro ruolo importante lo ottiene grazie alla regista Jane Campion che la vuole nel suo adattamento del romanzo Ritratto di signora, opera dello scrittore Henry James. Grande interpretazione che convince Stanley Kubrick a chiamarla nel suo ultimo capolavoro Eyes Wide Shut al fianco del consorte Tom Cruise. Prima però si concede un film d'azione con George Clooney dal titolo The Peacemaker. La crisi del rapporto con Cruise inizia proprio sul set di Eyes Wide Shut dove i due devono ricorrere a un analista. Nel febbraio del 2001 è la separazione, i due hanno due figli adottivi. Apre ufficialmente il Festival di Cannes nello stesso anno con il film musicale Moulin Rouge dell'australiano Baz Lurham al fianco di Ewan McGregor e in The Hours ha il ruolo della scrittrice Virginia Woolf al fianco di Julianne Moore e Meryl Streep. Grazie a questa sua ultima interpretazione drammatica, dove appare letteralmente irriconoscibile, ottiene il premio Oscar quale Miglior attrice. Nicole si è gettata a capofitto nel lavoro, operando un'accurata scelta dei copioni e interpretando almeno un paio di must, come The Others e Dogville (dove ha tenuto testa al genio eccentrico di Lars von Trier) oltre al deludente (ma non per suo demerito) La macchia umana. Non sempre le sue scelte sono state all'insegna dell'impegno e si contano nella sua filmografia parecchi scivoloni, come My Life, Amori e incantesimi, Birthday Girl. Solo che lei rimane Nicole in ogni pellicola: eterea e inarrivabile, col suo talento e la sua esperienza è tra le poche attrici a Hollywood in grado di salvare da sola anche un pessimo film.
Con la sua fragilità da vittima inerme, con la sua faccia bianca e tesa, con i suoi occhi infinitamente stanchi e delusi, in Dogville di Lars von Trier, Nicole Kidman conferma una straordinaria versatilità. La star australiana sa ormai usare a perfezione il suo corpo lungo e sottile, la sua gran bellezza, modellandoli per i personaggi più diversi.
Sopraffatta dalla crudeltà altrui e poi capace di vendetta spietata in Dogville, è stata in Moulin Rouge una seduttrice spettacolare, in The Others una occulta infanticida composta e severa, in Eyes Wide Shut una moglie misteriosa e sensuale;è stata persino una stupida accecata dall’ambizione di diventare una diva del giornalismo tv, una borghesuccia vanesia e amorale, in Da morire di Gus Van Sant. E anche se sul set di Dogville il sadismo del regista si è scontrato duramente con l’ego della protagonista, il risultato è stato eccellente ed è un peccato sapere che la coppia non si riformerà più.
A 36anni,Nicole Kidman può fare tutto: sceglie con intelligenza accorti personaggi e film da interpretare, sa impersonare le donne più differenti con una duttilità fisica rara che le permette di attraversare il tempo (‘800, ‘900, contemporaneità), di rimanere molto elegante in tailleur, in costume da ballerina, in maglietta da biancheria intima, in paltoncini striminziti da Grande Depressione. inimitabile perché poliedrica, non cristallizzata in quell’immagine fissa indispensabile alle dive di un tempo: e perché è un’attrice davvero brava.
Ha cominciato a 22 anni, subito protagonista in Ore 10 calma piatta di Philip Noyce,thriller marino, fronteggiava da sola su una barca un bellissimo assassino psicopatico. È stata magnifica a trent’anni in Ritratto di signora di Jane Campion, dal romanzo di Henry James, in un memorabile ritratto dell’infelicità femminile È stata brava nei film accanto al marito Tom Cruise, ma con una bravura anche maggiore ha saputo gestire il comune successo di coppia più bella del mondo, la comune decisione triste di una separazione che è dispiaciuta a tutti i loro ammiratori, che amavano quell’immagine di persone giovani, belle,famose, felici.
Dopo la separazione, Nicole Kidman si è rivelata una volta di più intelligente e vittoriosa mentre Cruise entrava in quel cono d’ombra dov’è ancora, lei ha lavorato molto e benissimo, andando sempre più avanti, sempre più bella.
Da Lo Specchio, 15 novembre 2003
Un giglio bianco, una candela accesa, un dipinto di Friedrich. Una di quelle giovani signore, mamme borghesi degli anni 1945-55, composte come Grace Kelly o Deborah Kerr, vestite di seta, ben pettinate, con le perle: belle e fredde, distanti eppure materne e capaci di occultare ardori carnali. La sua unica scena veramente erotica, Nicole Kidman l’ha interpretata con un bambino di dieci anni in Birth di Jonathan Glazer: nudi, la signora e il ragazzino che sosteneva d’essere la reincarnazione del marito di lei stanno seduti insieme nella vasca da bagno, si toccano, si accarezzano piano, si fanno scorrere l’un l’altro l’acqua addosso, si fissano negli occhi, si sorridono amorosamente. Nicole Kidman ha 38 anni, è bellissima, elegantissima, brava, d’una versatilità non comune. Nata alle Hawaii da una famiglia australiana, alta, sottile, con lineamenti fini, rossa di capelli e di pelle, ha cominciato a fare cinema a 22 anni, subito protagonista in Ore 10 calma piatta di Philip Noyce, thriller marino in cui fronteggiava da sola su una barca un bell’assassino psicopatico. Sopraffatta dalla crudeltà altrui e vendicatrice spietata in Dogville di Lars von Trier, in Moulin Rouge è stata una seduttrice spettacolare, in The Others una occulta infanticida, in Eyes Wide Shut di Kubrick una moglie misteriosa. È stata persino una stupida accecata dall’ambizione dì diventare una diva del giornalismo tv, una borghesuccia vanesia e amorale in Da morire di Gus Van Sant; è stata magnifica a trent’anni in Ritratto di signora di Jane Campion dal romanzo di Henry James, un memorabile quadro d’infelicità femminile; è stata brava nei film accanto all’ex marito Tom Cruise (Cuori ribelli, Giorni di tuono). Ma non è perché sia brava, perfezionista e dì ambizioni bene organizzate, che Nicole Kidman piace. Piace perché è bella, naturalmente. Perché non è una bellezza contemporanea: la sua grazia, i lineamenti delicati, gli occhi chiari sono senza tempo e senza luogo, possono assorbire tutti gli ideali e i modelli possibili (aristocratica settecentesca, romantica ottocentesca, clone, cyborg). Piace perché le spettatrici sono convinte, spiandola sullo schermo, di poter cogliere i segreti di uno chic sublime; e perché gli spettatori possono immaginare d’essere capaci di infrangere quella corazza dì remota freddezza.
Da L’Espresso, 21 aprile 2005
Nicole Kidman è bellissima. Più bella da vicino che sullo schermo. Trovarle un difetto è impossibile. Solo lei ci riesce. «Sono troppo alta», dice. «Ogni tanto vorrei guardare il mio partner dal basso, alzando la testa verso di lui. Non mi è mai capitato». La prova che la sua vertiginosa altezza sia un problema? Quand’era la moglie diTom Cruise, e lo è stata per dieci anni, nelle serate pubbliche al fianco del marito, appariva a piedi nudi, tenendo in mano i sandali col tacco che si era appena sfilati. Ma Nicole Kidman è anche bravissima. Non oggi che ha vinto un Oscar per la sua interpretazione di Virginia Wooff in The Hours e s’è beccata premi e riconoscimenti un po’ dappertutto, ma bravissima fin da quando a14 anni esordì sulla Tv australiana nella serie Bush Christmas e subito dopo col film di Phil Noyce Calma piatta conquistò mezzo mondo. Non è un caso che Jane Campion, la regista di Lezioni di piano, quando la volle come protagonista di Ritratto di signora da Henry James, confessò: «Ci conosciamo da anni: io studiavo regia, lei recitazione nello stesso istituto. Era ancora un’adolescente ma era tanto ricca di talento che ci scambiammo la promessa di lavorare insieme». Bellissima e bravissima, dunque Nicole Kidman. In più colta, intelligente, sensibile, madre di due bambini adottati con l’ex marito Tom Cruise nonché forte di una famiglia d’origine affettuosa e partecipe che la segue sempre. È naturale, quindi, che avendo in mano tante carte da giocare, cerchi di interpretare ruoli difficili e complessi. Avere successo al botteghino non le basta vuole osare. E così, quando ha scelto di far teatro a Londra, ha fatto Blue Room, testo duro con molto nudo e molto erotismo. Mentre al cinema, dopo Eyes Wide Shut, l’ultimo film di Kubrick, La macchia umana di Benton da Philip Roth, Dogville di Lars von Trier e Cold mountain di Minghella, ha scelto l’arduo Birth di Jonathan Glazer, in concorso alla Mostra di Venezia e adesso in uscita da noi il 17 dicembre perla Eagle Pictures. Un’altra sfida La storia di un bambino e di una donna lui sostiene di essere la reincarnazione del defunto amatissimo marito di lei, che gli crede e rinuncia a un nuovo matrimonio. È stato subito scandalo: il bambino, la donna adulta, il sesso tra loro. Troppo. La Kidman s’è difesa. «Mai pensato a scene erotiche tra me e il bambino. Mai tagliato neanche un fotogramma al montaggio. Ho un figlio della stessa età del piccolo protagonista. Siamo stati attentissimi a non turbarlo». Ma non è imbarazzante fingere attrazione per un ragazzino di dieci anni? «Mi ha aiutato il fatto che lui avesse uno sguardo da uomo. Ma soprattutto mi ha aiutato entrare nella testa di questa donna. Gli psicanalisti direbbero che non ha ancora elaborato il lutto. Io più semplicemente dico che un grande amore si dimentica a fatica. La mia protagonista crede alle bugie che il ragazzino le racconta perché ne ha bisogno. Nella vita non tutto è razionale: ci sono lacune, zone d’ombra A me piace esplorarle. Continuerò a farlo, ma non troppo a lungo. Recitare mi costa una consistente perdita di energie che in futuro vorrei dedicare ad altro». Intanto, prima che il futuro diventi presente, la Kidman, sorprendendo di nuovo, ha accettato di puntare, per una volta, sul suo corpo e, forte di un contratto miliardario, è diventata la testimonial della Maison Chanel, ha girato uno spot con Baz Lhurman sul leggendario profumo Numero 5, ha sfilato in passerella accanto a Karl Lagerfeld oscurando Naomi e ottenendo pagine e pagine sui giornali. Da Lo Specchio, 11 dicembre 2004
Divorziare le ha fatto proprio bene: Nicole Kidman è sbocciata come una primavera dopo essersi lasciata con Tom Cruise. Moulin Rouge, The Others, l’Oscar per The Hours‚ Cold Mountain, La macchia umana, Dogville: nessuno è più riuscito a fermare la rossa venuta dall’Australia, ormai grande dama di Hollywood, venerata da pubblico, critici e colleghi. Il ventaglio dei suoi talenti è aperto come la ruota di un pavone, le sue scelte sono tutte ispirate. Qualsiasi cosa faccia lascia un segno, e di cose ne fa tante: non c’è stagione senza un suo nuovo film. Questa volta la signora “15 milioni di dollari” (tanto è il suo cachet per ogni film) sta per apparire nella commedia di Frank Oz La donna perfetta, che dovrebbe uscire all’inizio di giugno.
La Kidman come musa e sexsymbol dell’uomo pensante: una svolta intellettuale insospettata dopo un inizio all’insegna dell’azione, da Ore 10: Calma Piatta di Philip Noyce, con cui era approdata in America, a Giorni di Tuono (1990), il suo primo film a fianco di Cruise, fino a The Peacemaker (1996) accanto a George Clooney. Alta, slanciata, elegante, la Kidman, 37 anni e due figli, Conner 10, e Bella 12. avrebbe potuto restare sul sicuro del cinema commerciale: la strada scelta da tante altre prima di lei, da Demi Moore a Meg Ryan o Sandra Bullock. E invece le sue scommesse avvengono all’insegna del cinema d’autore: da Eves Wide Shut di Kubrick, al musical Mulin Rouge e all’indipendente Birthday Girl.
Onnipresente non solo sugli schermi, ma anche nella vita sociale, purché si tratti di impegni di beneficenza a favore dell’ambiente o degli orfani, in questo momento la Kidman è impegnata accanto a Sean Penn per le riprese del thriller di Sidney Pollack The Interpreter. È un giallo ambientato in parte nel palazzo dell’Onu a New York: è il primo film a ricevere il permesso di girare al suo interno, anche grazie al rapporto di stima e amicizia della Kidman col presidente dell’organizzazione Kofi Annan. L’attrice ha dovuto interrompere le riprese proprio pochi giorni fa per rigirare alcune scene di La donna perfetta, a poche settimane dall’uscita americana. Remake dell’omonimo film del ‘75 di Bryan Forbes, a sua volta basato sul bestseller di Ira Levin, La moglie perfetta si distacca dall’originate, che era un thriller tipo L’invasione degli ultracorpi, per diventare una commedia satirica. Al centro però c’è sempre un gruppo di casalinghe robot. Il cast è davvero “stellare”, come dicono a Hollywood: accanto alla Kidman ci sono Glenn Close, Bette Midler, Christopher Walken e Matthew Broderick. Nicole è Joanna Eberhart, presidente di successo di una rete televisiva che si trasferisce con il marito Walter (Broderick) e i due figli da Manhattan alla comunità aristocratica di Stepford, nel Connecticut. Lì diventa amica di un’altra donna recentemente trapiantata da New York, la scrittrice Bobbie Markowitz (Bette Midler), e insieme cercano di capire perché tutte le casalinghe della città sono così stranamente pacifiche e servili.
È difficile pensare che siano già passati vent’anni da quando Nicole Kidman apparve in scena per la prima voIta, a 16 anni, nel 1983, nei panni di una cassiera in un film di adolescenti australiano intitolato “Bmx Bandits”. Ma è un fatto che la prestigiosa American Cinémathèque solo pochi mesi fa le abbia dedicato una retrospettiva, un tributo che in passato ha incoronato importanti personalità del cinema come Clint Eastwood, Wim Wenders e Terry Gilliam. «A volte già mi sento una veterana, confessa l’attrice: «Ho già attraversato tante fasi, anche quella della disperazione. Tre anni fa (all’epoca della separazione da Cruise, ndr) ero a pezzi, ho pensato di smettere dì lavorare. Poi l’amore della mia famiglia e il lavoro che pensavo di mollare mi hanno salvato. E ora sento una nuova ventata di freschezza, che spero duri a lungo».
La Kidman ha già completato le riprese del film Birth, diretto da Jonathan Glazer, in cui recita una donna convinta che un bambino di dieci anni sia la reincarnazione del marito morto da anni, si sta preparando a girare almeno altri cinque film entro il 2005: Bewitched, The Producers (dal musical di Mel Brooks), Emma’s War di Tony Scott e, si sussurra con insistenza, il famoso progetto Alessandro Magno per la regia di Baz Luhrmann e con Leonardo DiCaprio nel ruolo del condottiero macedone, messo in naftalina dopo esser stato bruciato in partenza dal progetto analogo di Oliver Stone, con Colin Farrell e Angelina Jolie. Ma la vera chicca sarebbe un film di Steven Spielberg su Eleonora Duse.
Superata la crisi personale, oggi Nicole Kidman è capace di nuovo di ridere, anche se i suoi orari, dice, sono da piangere. E finalmente non cerca più solo personaggi di donna depressa e sofferente, come in The Hours, La macchia umana o Dogville. La donna perfetta mostrerà il suo lato comico, nonostante le difficoltà provocate dai numerosi effetti speciali del film che hanno costretto gli attori a lavorare spesso e volentieri di fronte al nulla dello schermo blu: «Volevo fare qualcosa di irriverente e divertente», racconta l’attrice: «La donna perfetta non è un film femminista, ma parla dei problemi di tante di noi: che vogliono essere buone madri e partner affettuose, ma essere allo stesso tempo in grado di leggere il giornale e avere un lavoro». The Interpreter invece spiega di averlo scelto « perché mi piacevano k scene di azione che potevo girare. È un film interessante perché è ambientato nel mondo politico. che è nuovo per me come attrice. Faccio la parte di un’interprete che parla cinque lingue e suona il violoncello. Nonostante le difficoltà avute durante le riprese di Dogville, oggi dichiara che tornerebbe a lavorare con Lars Von Trier: «È un regista sperimentale, all’avanguardia», dice la Kidman: «È stato accusato di essere misogino e misantropo, ma a me sembra un filosofo che sceglie di raccontare te sue storie in termini religiosi e umanistici, una voce necessaria nel nostro mondo creativo».
E l’amore? Risponde filosoficamente, schivando i pettegolezzi sul suo flirt con il cantante Larry Kravitz o su un possibile ritorno con Cruise, abbandonato da Penelope Cruz: «Jonathan Glazer, il regista di Birth, un film che è una meditazione sull’amore, mi ha detto: «Non so perché cerchiamo di capire l’amore: poeti e filosofi ci provano da migliaia di anni, ma nessuno è riuscito a decifrarlo».
Da L’Espresso, 20 maggio 2004
Di persona è di una bellezza inquietante. La rossa lentigginosa di un tempo ha lasciato il posto a una Nicole color crema, dall’incarnato ai capelli biondo vaniglia. È talmente alta, e talmente magra, da sembrare un’illusione ottica. Quando la vedo, sprofondata su un divano d’albergo, noto subito la vita stretta come quella di una mannequin anni Cinquanta e le gambe lunghissime sopra tacchi di coccodrillo.
Negli ultimi anni Nicole Kidman ha interpretato la madre infanticida di The Others, la suicida Virginia Woolf in The Hours, la donna schiavizzata e seviziata in Dogville. Ora eccola in Birth, nei panni di una vedova che non sa rassegnarsi alla perdita dei suo amore. Tutti personaggi “disturbati“. È questo, le chiedo, ad attrarla?
«Non saprei», sospira, chiudendo gli occhi e sfiorandosi la fronte con il palmo della mano (quando l’avevo vista fare lo stesso gesto nel film Eves Wide Shut l’avevo trovata troppo teatrale: ora capisco che le viene naturale). «Di sicuro non scelgo i personaggi perché sono disadattati. Però credo siano esseri umani con cui mi trovo in sintonia».
Come ci si può aspettare da un’australiana che vive da quattordici anni a Los Angeles, non ha più un accento ben definito. Il suo inglese è neutro, ma pronto ad assumere qualsiasi intonazione geografica richiesta dal prossimo molo. I registi parlano sempre della sua flessibilità. Stephen Daidry, che l’ha diretta in The Hours, la definisce «attrice trasformista». Jonathan Glazer, che l’ha voluta in Birth‚ la definisce «malleabile», come a dire che non sarebbe nulla senza la mano di un regista a modellarla. Nicole non ci trova niente di male: «Il cinema è il mezzo di un regista. Tu devi solo chiedergli che cosa vuole da te. Fare l’attore significa adattarsi, fisicamente ed emotivamente. Se questo significa che devi essere bellissima, tanto di guadagnato. Ma se invece (levi essere l’esatto opposto, io sono disposta a fare anche quello».
Quando è bellissima, è l’esempio perfetto della bionda alla Hitchcock. La donna tormentata da fantasmi, da quel tipo di ossessione che non scompone, ma che mostra incrinature in una superficie apparentemente perfetta. In Birth è una vedova trentacinquenne, benestante, devastata dal lutto, da un senso di perdita che diventa sempre più folle con il passare dei tempo. Il film è stato fischiato al Festival di Venezia per una scena in cui Nicole entra nella vasca da bagno con un bambino che sostiene di essere suo marito reincarnato. Ma non è tanto un film sul sesso quanto sui mostri partoriti da una fantasia tormentata: in questo senso, deve molto a Hitchcock. Come James Stewart nella Donna che visse due volte, Nicole non è veramente innamorata della persona che ha davanti. È innamorata della persona che questa rappresenta. «Questo è un film che si fa alcune domande sull’amore», spiega. «Che cos’è un grande amore? Esiste l’uomo o la donna della tua vita? Ci si riprende mai davvero dalla perdita di qualcuno che è stato tanto in importante?».
Nicole Kidman ha conosciuto Tom Cruise sul set di Giorni di tuono, un film sulle corse automobilistiche diretto da Tony Scott. Lei era cresciuta a Sydney, dove a 16 anni aveva iniziato a recitare nelle serie tv. Ma era stato il thriller australiano Ore 10 calma piatta, del 1989, a portarle l’attenzione di Hollywood, e la parte da protagonista, l’anno dopo, in Giorni di tuono. Nel giro di un anno lei e Tom Cruise erano diventati marito e moglie; Nicole aveva 22 anni.
È sempre stata molto vicina alla sua famiglia. Il padre è biochimico, la madre, infermiera, ha un passato di femminista. Lei e la sorella Antonia hanno ricevuto un’educazione cattolica, ma anche moderna: «Non permettete a nessuno di mettervi i piedi sulla testa», era il motto della madre. Quando Nicole si è sposata, mi dice, ha sempre seguito questo insegnamento. Però lei e Tom hanno adottato due bambini, Isabella e Connor, oggi di 12 e 10 anni, e lei ha deciso di mettere la carriera al secondo posto. Poi ha incontrato Stanley Kubrick.
«Stanley mi ha insegnato a credere in me stessa», spiega. «Fino a quel momento mi ero dedicata a crescere i miei figli; a essere una moglie. Era quella la mia forza trainante. Ma Kubrick mi ha detto: “Devi avere rispetto per il tuo talento, dargli spazio e tempo”. L’idea di avere più tempo mi piaceva. E poi i bambini erano cresciuti».
Nicole ha detto che lavorare con Kubrick in Eyes Wide Shut «ha avuto serie ripercussioni sulle nostre vite e sul nostro matrimonio. Stanley ti smonta pezzo per pezzo». Il frutto di quelle ripercussioni è stato uno dei divorzi più discussi degli ultimi anni. Ma anche l’Oscar per The Hours. «Ho accettato quel ruolo e sono andata a girano in Inghilterra perché finalmente potevo permettermelo. Prima, da sposata, non avrei potuto. Io e Tom avevamo un accordo: non potevamo stare separati per più di due settimane. Questo precludeva molti lavori. Ma a me stava bene». Fa una pausa. «Ho bisogno di un po’ d’acqua».
Lei, che nei primi tempi del matrimonio veniva considerata l’attrice semisconosciuta “miracolata“ da Tom Cruise, con quell’Oscar è diventata agli occhi del pubblico la diva a cui Cruise aveva soffocato il talento. Il divorzio le ha dato un’immagine da vittima. Poi è arrivata quella da regina dei party. Le sono stati attribuiti flirt con tutti gli attori con cui ha lavorato, più Lenny Kravitz. «Ho attraversato parecchie vicissitudini», riassume. E racconta che le migliori interpretazioni «derivano dalle proprie esperienze e dalle cose che ti sono successe. Più si invecchia, più si diventa disponibili a dare».
Nicole è disponibile a dare. E a imparare. Per interpretare Virginia Woolf ha imparato a scrivere con la destra, lei che è mancina. Si è messa a frimare per La macchia umana, ha studiato il russo per Birthday Girl e il violoncello per il prossimo film di Sydney Pollack, The Interpreter. Pretende molto da se stessa. «Sì, sono esigente. Lo sono perché... voglio arrivare in pace sul letto di morte». Da dove viene il pensiero lugubre dei letto di monte? «E chi lo sa», ride. «Tanta religione da bambina, e una forte, forte, forte immaginazione che a volte può essere. . . dominante». Le piace scrivere. Racconti brevi. Spera di pubblicarne qualcuno, prima o poi. «Scrivere», dice, «mi aiuta a mantenere l’equilibrio». Ogni tanto sembra che stia per fare una confessione intima, poi scuote la testa con un mezzo sorriso, quasi stesse dicendo troppo.
Un addetto stampa solo ora mi rendo conto che è stato dietro di me per tutta l’intervista - si china per dirmi che mi rimane un minuto. Chiedo a Nicole qual’è la cosa più pazza della sua famiglia. Lei ride: «Mio padre quando balla il tip tap». Poi ci ripensa. «I miei figli non sono pazzi. Non ancora. In un pazzo, pazzo mondo sono ancora solidi. Faccio il possibile perché lo siano. Ma dei resto, un po’ pazzi lo siamo tutti». Sorride. «Magnificamente pazzi, spero».
Da The Guardian Newspaper
Si è inizialmente imposta all’attenzione del pubblico americano con l’acclamata interpretazione nell’avvincente thriller psicologico del 1989 di Phillip Noyce Ore 10: calma piatta (Dead Calm). Da allora, grazie alla sua versatilità espressiva, l’attrice si è affermata a livello internazionale vincendo numerosi premi.
Nel 2003 la Kidman si è aggiudicata un Academy Award, un Golden Globe, un BAFTA e un Orso d’argento al Festival di Berlino per il ritratto di Virginia Woolf in The Hours di Stephen Daldry. Nel 2002 ha ottenuto la prima candidatura agli Oscar con l’interpretazione nell’innovativo musical di Baz Luhrmann Moulin Rouge!. Per quel ruolo, e per quello interpretato nel thriller psicologico dell’autore/regista Alejandro Amenabar The Others, l’attrice ha ricevuto due candidature ai Golden Globe nel 2002, vincendo il premio come migliore attrice in un musical. Il primo Golden Globe lo ha conquistato con il ritratto straordinario e maliziosamente divertente di una donna ossessionata dall’idea di diventare una celebrità televisiva a tutti i costi, in Da morire (To Die For) di Gus Van Sant, e ha ricevuto altre tre candidature a questo premio: per l’interpretazione in Birth – Io sono Sean di Jonathan Glazer, per Ritorno a Cold Mountain (Cold Mountain) di Anthony Minghella e per Billy Bathgate – A scuola di gangster di Robert Benton.
La filmografia recente della Kidman comprende poi Il matrimonio di mia sorella (Margot at the Wedding) dell’autore/regista Noah Baumbach, cointerpretato da Jennifer Jason Leigh e Jack Black, e La bussola d’oro (The Golden Compass), adattamento per il grande schermo del primo volume della popolare trilogia fantastica Queste oscure materie (His Dark Materials) di Phillip Pullman, per la regia di Chris Weitz. Di prossima distribuzione troviamo Nine, diretto da Rob Marshall.
La Kidman ha dato voce al personaggio di Norma Jean in Happy Feet, il musical d’animazione vincitore di un Academy Award, tornando a lavorare con George Miller, il regista australiano al quale, più di tutti, deve la sua svolta professionale. L’attrice è la voce narrante nel documentario (vincitore lo scorso anno al Sundance del Gran premio della giuria e di quello del pubblico) God Grew Tired of Us, ed è anche la narratrice nel film biografico di Simon Wiesenthal I Have Never Forgotten You.
La filmografia della Kidman annovera numerosi altri titoli: L’interprete (The Interpreter) di Sydney Pollack, al fianco di Sean Penn; Dogville di Lars von Trier, con Paul Bettany e Lauren Bacall; Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick, insieme a Tom Cruise; infine, Ritratto di signora (The Portrait of a Lady) di Jane Campion, accanto a John Malkovich.
A gennaio 2006 la Kidman è stata insignita nel suo paese della più alta onorificenza nazionale, diventando Companion of the Order of Australia. L’attrice è ambasciatrice internazionale dell’UNIFEM, il Fondo delle Nazioni Unite per le donne. Nel 2004 è stata nominata presidentessa del Women’s Health Fund alla Scuola di medicina David Geffen della UCLA.