venerdì 5 febbraio 2016 - Festival
Ogni anno si ripete la stessa, incantevole, liturgia. I principali operatori del mondo del cortometraggio si danno appuntamento in una città di medie dimensioni, difficile da raggiungere - nel cuore dell'Alvernia - per incontrarsi, discutere, confrontarsi e, soprattutto, vedere gli 81 film della selezione ufficiale, i 56 di quella nazionale e i 30 del "Labo", la sezione più sperimentale, cui si aggiungono numerosi eventi collaterali, tra cui i "corti in piscina", cioè proiettati per un pubblico che sguazza in una tiepida vasca.
Un modello difficile da immaginare in Italia? Forse sì, forse no. Di certo, un modello. Se riuscissimo a imitarne almeno il 10% o 20%, credo che il sistema-corto italiano farebbe davvero il "grande balzo in avanti" preconizzato nei tempi che furono.
Questo luogo è Clermont-Ferrand, ex capitale dello pneumatico Michelin, trasformato da un manipolo di dreamers di provincia - evidentemente con più senso pratico dei cugini sorboniani - nell'appuntamento principale in Europa e probabilmente nel mondo sul formato breve. In puro spirito sessantottino, il festival non ha mai avuto un direttore unico, ma soltanto un comitato di selezione, agendo attraverso l'associazione "Sauve qui peut le court-métrage". Correva l'anno 1981. Il film di Godard Sauve qui peut (la vie) è del 1980. Non so se ci sia un nesso, ma mi piace pensarlo.
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In ogni caso, la formula ha funzionato, perché le edizioni del festival sono arrivate, ad oggi, alla trentottesima (dal 5 al 13 febbraio). Gli spettatori - il calcolo è sui biglietti staccati - a circa 160.000. Sei anni dopo la creazione del festival, già in ascesa esponenziale nella considerazione del pubblico e degli addetti ai lavori, l'associazione decide di affiancarvi un mercato del film, il Marché du Film Court, nel 2016 alla sua trentunesima edizione. E non è finita lì, perché nel 1997, da questo gruppo, sempre più allargato, nasce la film commission della Regione Alvernia e, nel 2000, il centro di documentazione sul cortometraggio "La Jetée", un'istituzione unica al mondo.
Un modello difficile da immaginare in Italia? Forse sì, forse no. Di certo, un modello. Se riuscissimo a imitarne almeno il 10% o 20%, credo che il sistema-corto italiano farebbe davvero il "grande balzo in avanti" preconizzato nei tempi che furono.
In tutto ciò, l'Italia c'è. O, meglio, noi ci siamo. I film selezionati che battono bandiera italiana sono davvero pochini: Venerdì di Tonino Zangardi, nel concorso internazionale e Ardeidae di Corrado Chiatti, Chiara Faggionato e Daniele Tucci, nella sezione "Labo". A questi aggiungiamo il nostro amato E.T.E.R.N.I.T. di Giovanni Aloi, coproduzione italo-francese inserita nella selezione nazionale, e Journal animé, sempre di produzione francese, realizzato dall'animatore Donato Sansone per un progetto speciale di Canal +. Ma la presenza italiana, per quanto ci riguarda direttamente, è quella al Marché du Film Court, dove ogni anno, dal 2007, il Centro Nazionale del Cortometraggio è presente con uno stand diviso con diversi (anche fra di loro...) partner. Il fine - ampiamente raggiungo - è di essere la porta d'accesso al mondo del cortometraggio italiano per compratori televisivi, distributori, selezionatori di festival e quant'altro.
Quest'anno, per attirare maggiormente l'attenzione, per affermare l'esistenza di un'industria forte quanto poco sostenuta economicamente, abbiamo organizzato uno specifico focus sull'Italia. In esso interverranno le film commission della Basilicata, Piemonte e Sardegna; il Festival di Venezia per tramite di Mauro Gervasini; Mediaset Premium, il maggiore acquirente di corti per la TV nel nostro Paese e, dulcis in fundo, presenteremo il nostro volume L'industria del cortometraggio italiano. Report 2014, edito congiuntamente da Direzione Generale Cinema - MiBACT e Fondazione Ente dello Spettacolo, in un'edizione bilingue italiana e inglese, e curato dal sottoscritto.