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David Gordon Green, regista da Sundance

Il regista americano alla Berlinale con Prince Avalanche.
di Mauro Gervasini

In foto il regista David Gordon Green.
David Gordon Green (49 anni) 9 aprile 1975, Little Rock (Arizona - USA) - Ariete. Regista del film Prince Avalanche.

venerdì 15 febbraio 2013 - Approfondimenti

Al di là dei premi, il miglior film statunitense della Berlinale è stato quest'anno considerato quasi unanimemente Prince Avalanche di David Gordon Green, storia di due uomini interpretati da Emile Hirsch e Paul Rudd che trascorrono l'estate in solitudine tracciando la segnaletica di una strada di campagna. Il film è in realtà il remake dell'islandese A annan veg di Hafsteinn Gunnar Sigurosson vincitore nel 2011 del Torino Film Festival.
A noi interessa però David Gordon Green ma più che da un singolo autore, dovremmo a questo giro partire da una categoria: il regista da Sundance. Specie particolare di cineasta proliferata nel sottobosco degli indipendenti statunitensi da quando nel 1985 Robert Redford ha inventato il Sundance Film Festival, nello Utah. Questo filmmaker non in via di estinzione ama i romanzi di formazione, le storie di emarginati, il minimalismo e gli scenari periferici e suburbani, adora Gus Van Sant e detesta Hollywood, anche se spesso, in tarda età, sogna di entrarci dalla porta principale. Favorisce un linguaggio stilizzato capace di smarcarsi dalla funzionalità delle regie commerciali. Soprattutto tra gli anni 90 e il 2000 il regista da Sundance prolifera quasi senza controllo, e infatti in quel periodo David Gordon Green (9 aprile 1975) muove i primi passi con un paio di cortometraggi, uno dei quali, Physical Pinball, davvero niente male. Il suo esordio nel lungo è George Washington (2000), che si fa notare nei circuiti alternativi finché Roger Ebert, decano della critica cinematografica americana, non ne scrive benissimo sulle colonne del "Chicago Sun-Times" rendendolo popolare tra i cinefili. La storia è emblematica di un certo gusto indie. George è un ragazzo afroamericano di una cittadina rurale del Nord Carolina che provoca accidentalmente la morte di un coetaneo. Il corpo viene nascosto ma lui, agli occhi delle bande metropolitane di giovani neri, diventa quasi un "local hero". Il Washington del titolo si riferisce al fatto che George sogna di diventare presidente degli Stati Uniti. Piuttosto duro e con un soggetto originale, il film diventa boccone prelibato per le rassegne internazionali (in Italia vince il Torino Film Festival nel 2000).

Nel 2003 il Sundance "si appropria" di David Gordon Green e presenta la sua opera seconda, All the Real Girls (che vincerà il Premio speciale della giuria), scritta dal regista in coppia con l'attore protagonista Paul Schneider. È dell'anno successivo il film forse migliore del regista, Undertow (alla lettera "risucchio": in senso noir indica il vortice dal quale si è inghiottiti). Meno rispettate le prerogative del Sundance style, perché questa volta si affronta un dramma gotico in contesto agreste che a qualcuno ha fatto venire in mente I giorni del cielo per gli scenari (tanto che si era parlato, esagerando, di «nuovo Malick») e La morte corre sul fiume per la vicenda. Storia della fuga di due ragazzini inseguiti dallo zio che ha ucciso suo fratello (nonché padre dei fuggiaschi) a causa di un certo gruzzolo d'oro... Meno velleitario che in passato, David Gordon Green sembra prendere una strada diversa, più inedita seppure mescolata al genere, finché viene strappato dalla riserva indie dalla Warner Bros., decisa a vampirizzarne il talento.
E infatti da quel momento è un lento declino, inversamente proporzionale al successo di cassetta. Prima un dramma romantico con Kate Beckinsale e Sam Rockwell, Snow Angels (2007), poi la commedia demenziale Strafumati (2008), che ha almeno il merito di essere divertente (a tratti) e interpretata da una coppia affiatata di attori (James Franco e Seth Rogen). Infine, lo scorso anno, Lo spaventapassere (sic...). Che nonostante il titolo demenziale racconta di uno studente sfigato (Jonah Hill) costretto a fare il baby sitter dei due bambini del vicino. Colto lui per primo dall'effetto "undertow", David Gordon Green ha rischiato di snaturarsi completamente tra le correnti del cinema medio hollywoodiano, salvo essere salvato dal vento islandese di Prince Avalanche.

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