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La solitudine dei numeri primi & La versione di Barney: paradigmi

Dal libro al film, è difficile.
di Pino Farinotti

A Venezia, il complesso rapporto fra letteratura e cinema
Paul Giamatti (Paul Edward Valentine Giamatti) (57 anni) 6 giugno 1967, New Haven (Connecticut - USA) - Gemelli. Interpreta Barney Panofsky nel film di Richard J. Lewis La versione di Barney.

lunedì 13 settembre 2010 - Focus

A Venezia, il complesso rapporto fra letteratura e cinema
I film tratti dai romanzi di Paolo Giordano e di Mordegai Richler hanno riproposto a Venezia il complesso rapporto fra letteratura e cinema. Le due riduzioni di Saverio Costanzo e Richard J. Lewis sono parzialmente riuscite&non riuscite. Come succede quasi sempre. Aggregare le chimiche delle due discipline è molto difficile, anzi è impossibile se cerchi il rapporto perfetto, l'integrazione assoluta. Dovrei spiegare in astratto, come ho già fatto, ma colgo lo spunto della recensione di MYmovies riferita a La Versione di Barney. Scrive Emanuele Sacchi: Richler è uno dei pochi punti di riferimento certi nella letteratura degli ultimi quindici anni, nonché un osso durissimo per qualsiasi tipo di trasposizione cinematografica. Tante, troppe le cose che succedono nel romanzo - volta per volta dilatate o ristrette dall'abilità di Richler (come riportare telefonate che occupano più pagine su grande schermo?) - per poter sperare di adottare un approccio di fedeltà assoluta al testo originario."
Le differenti lunghezze: è il primo grande nodo da sciogliere, e quasi sempre, appunto, è strutturalmente impossibile scioglierlo. Soprattutto se si opera su un romanzo italiano.

Giudizio
E qui raccolgo un giudizio importante, quello di Franco Cordelli, autorevole firma della critica letteraria: "la narrativa italiana manca di potenza e spesso è impalpabile." Certo il romanzo di Giordano non ha la potenza, per rimanere in tema, di quello di Richler. La vicenda è intima e con un dolore "autoctono": i soliti traumi devastanti che derivano dall'infanzia. Mentre Barney contiene tutta la "potenza" di una vicenda privata ma che può essere trasferita al mondo: l'uomo, ebreo canadese, rivede da vecchio la sua vita controversa e pazza, attraverso tre prospettive, le sue (3) mogli. "I numeri primi" sono stati tradotti in molte lingue, è stato un caso ma anche una moda, ma "Barney" è diventato un bestseller dappertutto, è certo stato un caso, senza il bisogno di essere moda. Certo, il cinema, se lo sai adattare, ha altre possibilità, può essere davvero utile, ma allora devi dimenticare le discipline, le loro differenze. Ci sono registi che lo sanno fare. E allora l'opera diventa un unicum, libro&film, uguale e diversa all'interno delle discipline. A meno che il regista non abbia la fortuna della lunghezza. In questo caso il paradigma è "Il gattopardo". A fronte del romanzo breve di Lampedusa, ecco il film lungo di Visconti. Il regista aveva tutto lo spazio per rappresentare il libro nella totalità, usando alla perfezione la voce narrante, un artificio che il cinema non amerebbe, ma che Visconti ha legittimato. Un altro paradigma, può essere "I promessi sposi". C'è una versione cinematografica, di Camerini, del '42. Durata normale di un film, dunque un contenitore che deve per forza selezionare. Diciamo che Camerini mette a fuoco un quinto di tutte le vicende. Anche se la rappresentazione è corretta. Mentre le edizioni televisive, nelle varie epoche, firmate da Bolchi, Nocita e Archibugi, nelle sette, otto ore disponibili potevano contenere adeguatamente il romanzo, e risolverlo. Poi c'è qualcos'altro. Ci sono gli autori.

Kirk
Nel film Il bruto e la bella, Kirk Douglas è un produttore hollywoodiano, importante, intelligente. Acquista i diritti di un best-seller da uno scrittore, Dick Powell, che odia il cinema. L'incontro dei due è interessante. Lo scrittore si pone da una presunta superiorità intellettuale. Dopo una breve scaramuccia dialettica, Douglas dice: "a volte sono nati ottimi film da persone che si detestavano". Powell risponde: "allora fermo un capolavoro". Comunque Douglas, vero marpione, riesce a blandire lo scrittore a renderlo, se non amico, almeno neutrale. Lavorano insieme alla sceneggiatura. Douglas, a tavolino sta rivedendo le pagine scritte da Powell. Con una matita fa delle grandi croci cancellando intere pagine. Lo scrittore, allarmatissimo, protesta. "ma questa è la scena dell'addio, è decisiva, le parole sono importantissime, lei le ha tolte quasi tutte..." Douglas risponde: "saranno gli occhi della madre a trasmettere il dolore allo spettatore, e saranno più efficaci di qualsiasi parola, l'attrice sarà all'altezza. E a rafforzare ci metteremo anche una bella musica commovente..." È questo il cinema. Certo le regole vanno accettate. Conosco bene l'argomento, nella scrittura delle sceneggiature dei film tratti dai miei romanzi, magari fianco a fianco col regista, o addirittura sul set, ho misurato tutte le differenze. Il rapporto scrittore-regista è un altro nodo, importante quasi come quello delle lunghezze.

I giudizi critici sui film di Costanzo e Richard J. Lewis sono stati... tiepidi. I "Numeri primi" sono vicini alla sufficienza, "Barney" la raggiunge.
E comunque i due titoli confermano un assunto antico, che il libro è sempre migliore del film. Anzi lo consolidano.

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