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Push, uno dei film più curiosi della stagione

Umani dotati di poteri, il governo che insegue ribelli fuggiti agli esperimenti e Hong Kong a nascondere misteri.
di gabriele niola

Push mette in scena il già visto per raccontare dell'altro
Dakota Fanning (30 anni) 23 febbraio 1994, Conyers (Georgia - USA) - Pesci. Interpreta Cassie Holmes nel film di Paul McGuigan Push.

lunedì 23 marzo 2009 - Approfondimenti

Push mette in scena il già visto per raccontare dell'altro Opera furba, commerciale, futurista pur ambientata nel presente, fantastica pur molto attaccata a una certa plausibilità nelle interazioni tra personaggi e dal sapore letterario nonostante sia una creazione assolutamente originale, Push è uno dei film più curiosi della stagione. Il regista Paul McGuigan e lo sceneggiatore David Bourla creano un mondo fascinoso e particolare appoggiandosi a tutto quanto è stato già fatto e detto in materia di poteri soprannaturali. Riproponendo figure, immagini, stili e situazioni note al grande pubblico possono soffermarsi molto poco in spiegazioni senza inficiare la comprensibilità del film e dedicarsi anima e corpo all'azione.
Da una simile curiosissima idea nasce un film che mette in scena più che altro i suoi ambienti, le sue corse, i piani dei suoi protagonisti e le mille variazioni intorno all'idea dell'esistenza di una casta di esseri umani dotati di poteri soprannaturali (sebbene fortemente regolamentati come le tutte le cose "naturali" del nostro mondo).

Imitare i libri per distanziarsene
Push sembra tratto da un libro ma non è così, è un'opera assolutamente originale frutto della mente del suo sceneggiatore, David Bourla, ed è davvero curioso che lo sia.
Solitamente i film con una sceneggiatura originale procedono dritti senza intoppi, lasciando magari intuire altri mondi al di fuori di ciò che viene raccontato ma sempre dando l'idea che nulla di ciò che è importante viene tralasciato. Al contrario spesso le riduzioni da romanzi o serie di romanzi hanno un certo retrogusto amaro delle cose che sono andate perdute nell'adattamento. Personaggi molto interessati che vengono solo abbozzati, situazioni che potrebbero prendere mille pieghe che vengono invece raccontate da un'unica prospettiva e storie parallele che vengono tarpate fornendo sono solo alcuni degli indizi. Strano dunque che un film come Push, che appunto non è tratto da un libro, regali queste sensazioni.
Il mondo creato da David Bourla è ampio arioso e possibilmente pieno di diramazioni e dettagli non affrontati. Non è spiegata bene l'origine dei poteri dei protagonisti nè quanti siano, quali siano o esattamente cosa facciano.
Con un occhio fermo sull'azione e un altro sulla trama da raccontare McGuigan coltiva la curiosità dello spettatore fornendogli i pochi indizi sulle regole, la storia e il funzionamento del suo universo narrativo a poco a poco. E alla fine quando palesemente il film apre a dei sequel viene da pensare che questa struttura piena di buchi voluti, piena di possibili percorsi non battuti sia in realtà uno stratagemma per dare il via ad una saga che sia propriamente cinematografica.

Da dove viene il mondo di Push
Sembra futuro ma non lo è. E' solo Hong Kong.
Non avendo modo di spiegare, narrare o dilungarsi sull'impalcatura teorica che sottostà al racconto (chi sono questi con i poteri? che cosa vuol dire che hanno i poteri? perchè li hanno? Li vogliono? E' una cosa positiva o no?) Bourla con grande intelligenza decide di appoggiarsi quanto può all'immaginario collettivo. Non potendo spiegare molte cose utilizza quelli che ormai sono dei clichè in simili tipi di storie di modo che quello che il pubblico postula automaticamente sia anche la cosa più coerente e corretta.
Gli scenari di megalopoli iperaffollata, dominata dalla cultura asiatica e dal degrado già ricordano (visivamente) Blade Runner e quella tipologia di universo finzionale (dove cioè gli uomini sono divisi in categorie e non felici). Si evoca così un senso di futuro, anche se è palesemente il presente, per trasportare lo spettatore in un mondo che è contemporaneamente il nostro ma anche altro da esso.
I poteri dei personaggi ricordano molto il concetto degli X-Men, cioè di esseri umani normali (non mostruosi) con un dono in più, ma a differenza dei mutanti Marvel in Push i poteri sono divisi in poche e limitate categorie, così che siano più facili da mostrare e spiegare.
Il rapporto che molti dei dotati intrattengono con le strutture governative (che hanno un ruolo fondamentale nel film) ricorda molto quello dei bambini di Akira, intrappolati in ospedali/prigioni nei quali subiscono esperimenti e dalle quali tentano di uscire con i loro poteri. C'è dunque quella fascinosa ambiguità tra l'essere prigionieri e l'essere più potenti dei propri carcerieri.
Anche la stessa idea che chi ha il potere di vedere il futuro possa farlo solo disegnandolo è uno stratagemma molto usato, poichè aiuta moltissimo il regista a mostrare allo spettatore il processo mentale del personaggio, nella cui mente la visione prende lentamente corpo. In più in Push l'idea interessante è che ogni veggente abbia un suo stile di disegno che corrisponde alla sua personalità, cioè a come vede il mondo che lo circonda.

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