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Il mio amico giardiniere, dal romanzo al film

Dialoghi di campagna tra un pittore e un giardiniere.
di Matteo Treleani

Un soggetto quotidiano

venerdì 23 novembre 2007 - Approfondimenti

Un soggetto quotidiano
Il giardiniere del romanzo di Henri Cueco ("Dialogue avec mon jardinier"), Jean Becker non poteva che immaginarselo come uno dei suoi personaggi cinematografici. Uno di quelli interpretati da Jacques Villeret più precisamente, monumento francese della comicità, che purtroppo muore nel 2005, quando Becker aveva appena ultimato la prima versione di una sceneggiatura "pensata apposta per lui". Non sappiamo come sarebbe stato Il mio amico giardiniere interpretato da Villeret; di certo Jean-Pierre Darroussin, pur con un fisico decisamente diverso (grassoccio e ironico il primo, magro e sereno il secondo) è riuscito a rendere la stessa gentilezza e semplicità che cercava Becker. Quell'approcio alla vita fatto di piccole cose quotidiane e materiali, dove la ripetizione è vista come un valore e non come noia.

L'ispirazione letteraria
Leggendo il romanzo di Cueco", spiega il regista, "sono rimasto subito colpito dal modo in cui il giardiniere parlava, o in cui si esprimeva, sempre attraverso delle riflessioni molto particolari. Ed è d'altronde ciò che deve aver catturato Cueco stesso quando lo incontrò nella realtà; ciò che gli deve aver dato voglia di scriverne un libro, per lasciare una traccia". Quella che nel romanzo era la traccia di un personaggio a tutto tondo, è divenuto nel film di Becker, piuttosto un confronto, un vero dialogo, dove il ruolo del pittore assume un rilievo altrettanto fondamentale, al punto che nella sceneggiatura i due sembrano simboleggiare direttamente due visioni del mondo, quella urbana e quella contadina e provinciale. E chi se non il grande Daniel Auteuil poteva interpretare il pittore borghese che, abituato all'energia della metropoli, si ritrova spiazzato nel suo villaggio natale di provincia.

Complicità tra attori
La grande qualità di Daniel è di avere sempre un perfetto intendimento della situazione. Gli basta un colpo d'occhio, uno sguardo per capire. È un attore dalla sobrietà rimarcabile capace di trovare sempre il tono giusto". La coppia Auteuil/Darroussin dà l'impressione di una complicità reale, come se i due attori avessero lavorato assieme decine di volte, quando, in realtà è proprio sul set de Il mio amico giardiniere che si sono conosciuti. "Senza questa complicità il film avrebbe perso tutta la sua verosimiglianza" ha affermato Becker. Anche perché, evidentemente, la pellicola s'incentra sugli attori, e la stessa messa in scena prova a rendersi trasparente per lasciar loro più spazio possibile: "La messa in scena nella mia visione del film non deve farsi notare. Si devono giusto guardare i personaggi, essere con loro, accanto a loro".

Un giardino come set
Ambientato prevalentemente in esterni, e in particolare nel giardino della villa di campagna del pittore, Il mio amico giardiniere prova a trasportare lo spettatore nella provincia francese, talmente lontana da Parigi da sembrare appartenente a un altro mondo (nonostante quella descritta da Becker sia una Parigi fin troppo caricaturale). "Con un giardiniere come protagonista, non vedevo di buon occhio l'idea di installare il set in un luogo chiuso!" E se Becker per la sceneggiatura ha spesso usato gli stessi dialoghi del libro di Cueco, l'adattamento è stato forse più un'"appropriazione", dove l'autore, ben conscio che non si può tradurre sullo schermo le emozioni della letteratura, ha rielaborato il romanzo secondo la sua idea di cinema. Che è forse il motivo stesso che ha portato Auteuil ad accettare il ruolo di pittore: "Ho trovato il soggetto allo stesso tempo semplice, emozionante, e decisamente anacronistico rispetto all'epoca, a quello che si può fare oggi al cinema".

Cinema da papà
Quello di Jean Becker è d'altronde un cinema che in Francia usano chiamare «da papà», ambientato in zone rurali, con visioni bucoliche di una campagna mitizzata e di un bel tempo andato. D'altronde dall'elegiaco I ragazzi del Marais, Becker non cessa di raccontare storie incentrate su personaggi semplici ma concreti. Dopo le divertenti commedie con Jean-Paul Belmondo degli anni '60 (e dopo una pausa di vent'anni dallo schermo), Becker insiste nell'idea controcorrente di ridare attenzione a certe lentezze, ai dialoghi e alla psicologia dei personaggi che in molto cinema mainstream si sono in parte perduti. La cosa interessante di Becker è che questa nostalgia di una vita di campagna non si riferisce a fatti biografici, considerando che fin da piccolo ha vissuto a Parigi. "Sarà forse", ha affermato in un'intervista, "il ricordo di quando a 7 anni, allo scoppio della guerra, mio padre (Jacques Becker, ndr) fu fatto prigioniero, e la mia famiglia si trasferì in campagna ospite di alcuni contadini. Durante il primo periodo della mia carriera avevo come occultato quei ricordi, quelle reminiscenze della provincia che oggi sento l'importanza di rinnovare".

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