This Must Be the Place

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Un film di Paolo Sorrentino. Con Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten.
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Drammatico, durata 118 min. - Italia, Francia, Irlanda 2011. - Medusa uscita venerdì 14 ottobre 2011. MYMONETRO This Must Be the Place * * * 1/2 - valutazione media: 3,62 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

la maschera ed il suo trolley Valutazione 4 stelle su cinque

di pepito1948


Feedback: 13952 | altri commenti e recensioni di pepito1948
venerdì 21 ottobre 2011


Cheyenne, un cinquantenne straboccante di soldi guadagnati quando era una famosa rockstar, srotola lentamente la sua vita portandosi appresso un carrello pieno di un glorioso vissuto (o carico del suo vuoto presente). Nascondendosi dietro la maschera di cerone, rossetto e parrucca, passa il tempo pigramente, vive in una splendida casa con la moglie che è il contrario di lui ma è felice di condividere le loro diversità, va a fare la spesa per rendersi utile, offre agli scettici così come agli amici comprensivi la sua ambigua eccentricità, in attesa di nuovi stimoli che lo spingano ad uscire da una dimensione di infantile ingenuità e da una galoppante depressione da carenza motivazionale. Li trova casualmente nella ricerca di una persona con cui scopre di aver un conto in sospeso, ed inizia così un viaggio fisico e mentale che, attraverso tappe impreviste ed incontri occasionali utili ad arricchire la sua conoscenza ed ad affinare la percezione del mondo, lo porterà ormai pronto e motivato alla meta dove compirà la missione a modo suo. Il nostos si conclude con l’epifania di un uomo ristrutturato che si è finalmente spogliato degli orpelli clowneschi legati ad un passato finalmente lontano e deciso a riprendere, dopo il lungo black out, il cammino verso nuovi orizzonti. Il carrello non è più necessario.
 
Questo in estrema sintesi il percorso narrativo seguito da Sorrentino, regista e co-autore di un film che sventaglia molti temi (“penso che il film sia un’occasione per mettere più carne al fuoco possibile”): la crisi di un uomo che ha perso il successo, la ricerca di un obiettivo e di una nuova identità attraverso un viaggio nel mondo fisico e nel microcosmo interiore, la vendetta, ma soprattutto l’assenza di un rapporto affettivo padre-figlio, che in America è una specie di ossessione e che costituisce il vero leit-motiv della storia.
Poi c’è la Shoà, che però fa da sfondo ed è vista “dal punto di vista di un uomo di oggi”, che dell’argomento sa poco o nulla e vi viene coinvolto da qualcuno che invece a quell’infamia ha dedicato la vita.
L’aspetto narrativo non è di per sé rilevante, ma consente di mettere in luce l’evoluzione del protagonista attraverso l’interazione con l’ambiente e con personaggi vari, ciascuno portatore di un pezzo di realtà, che arricchiscono via via il portato del viaggio. Sono divagazioni apparentemente slegate, bozzetti, incontri casuali secondo lo schema del puzzle progressivo. Ecco uno scialbo uomo qualunque nel bar di un paesino sperduto che rivela sommessamente di essere l’autore della più grande rivoluzione dell’umanità viaggiante, cioè il trolley, che richiama in qualche modo il carrello di Cheyenne. Ecco l’autostoppista attempato che scende in luogo deserto e si inoltra verso il nulla in mezzo ad una folta vegetazione color oro accecante (obbligato il riferimento a Van Gogh e forse alla sua follia), e così via.
Da sottolineare l’attenzione premurosa di Sorrentino verso il paesaggio americano, non tanto quello urbano e ampiamente noto, ma soprattutto quello dei piccoli centri fuori dai grandi circuiti, della campagna senza fine, delle case e delle architetture periferiche, che costituiscono l’”altra” America.
Realismo e surrealismo, ironia e dramma, creatività e descrizione sono gli ossimori che connotano senza stonature l’intero dipanarsi della vicenda umana del bambino che si fa uomo, che come tale si ripresenta nel suo ambiente con l’aspetto quasi irriconoscibile di chi in poche settimane, attraverso una metamorfosi rigeneratrice, ha compiuto un balzo evolutivo di diversi anni.
Forse c’è troppa carne al fuoco, ma l’ultima opera di Sorrentino (tutta italiana giura il regista, visto anche il cartello di finanziatori integralmente europeo; ma il rimarcare temi fortemente sentiti negli USA, come la difficoltà di rapporto genitori-figli e l’Olocausto, giustifica qualche dubbio) affascina e coinvolge fin dall’inizio, e il primo impatto di istintiva non familiarità verso la maschera grottesca di Penn (grande come al solito) si stempera grazie alla capacità del regista di trasmetterne la profonda umanità a dispetto delle apparenze.

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weach mercoledì 26 ottobre 2011
sinergie risonaze fra immagini e suoni
50%
No
50%

"Realismo e surrealismo, ironia e dramma, creatività e descrizione sono gli ossimori che connotano senza stonature l’intero dipanarsi della vicenda umana del bambino che si fa uomo, che come tale si ripresenta nel suo ambiente con l’aspetto quasi irriconoscibile di chi in poche settimane, attraverso una metamorfosi rigeneratrice, ha compiuto un balzo evolutivo di diversi anni" voglio sottolineare questa tua parte della recensione perchè appare qualla più vicina agli input esistenziali di Sorrentino .Mi affascina questa apparente lentezza che è invece il viatico per un alto sentire .

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weach lunedì 7 novembre 2011
toc ...toc, si può????????
25%
No
75%

wikipedia."L'ossimoro (dal greco ???µ????, composto da ???? «acuto» e µ???? «ottuso»), pronunciabile tanto ossimòro quanto ossìmoro (alla greca), è una figura retorica che consiste nell'accostamento di due termini in forte antitesi tra loro. A differenza della figura retorica dell'antitesi, i due termini sono spesso incompatibili e uno di essi ha sempre una funzione determinante nei confronti dell'altro (come avviene tra sostantivo e aggettivo, soggetto e predicato, verbo e avverbio). Si tratta di una combinazione scelta deliberatamente o comunque significativa, tale da creare un originale contrasto, ottenendo spesso sorprendenti effetti stilistici" che brutta parola?????????? Sgradele anche al suono. [+]

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