Chi si aspetta di andare di andare a vedere questo film per assistere unicamente alla nascita del più celebre villain del mondo di Batman, probabilmente rimarrà deluso. Siamo molto distanti dalle precedenti interpretazioni cinematografiche del Joker.
In questa storia, il famoso futuro cattivo è Arthur Fleck, un uomo pateticamente senza successo, che vediamo inizialmente guadagnarsi da vivere lavorando come clown. Fleck è molestato dalle persone per strada, sofferente di depressione cronica e assistito in maniera superficiale dai servizi sociali, i quali gli prescrivono i farmaci che a malapena evitano la sua instabilità mentale. Vive con la sua anziana madre malata e la sua vita è chiaramente misera e infelice, ma Arthur lotta per trarre il meglio dalla sua sorte, per essere gentile con tutti e per scacciare ostinatamente la disperazione. Cerca di divertire i bambini con i suoi trucchi da clown e pianifica invano di diventare un comico di successo.
A prima vista, Arthur Fleck è improbabile come un potenziale cattivo. Ha molto risentimento, ma nessuna avidità, nessuna ambizione, nessun apparente interesse per il potere. Lavora anzi duramente per rimanere un uomo buono di fronte al male della società. Il film riesce a trasmettere in modo eloquente il dolore di Arthur quando scrive nel suo diario: "La parte peggiore di avere una malattia mentale è che le persone si aspettano che ti comporti come se non l’avessi".
Una dopo l'altra, tuttavia, le umiliazioni e violenze subite rendono la sua situazione sempre più insostenibile e col passare dei minuti iniziamo a vedere sempre meglio il criminale depravato che il mondo conosce.
Arthur prova ad aggrapparsi alle poche speranze ancora a lui vicine, la madre (una disturbante Frances Conroy), la bella vicina amichevole con lui (la bella e dolce Zazie Beetz), la star televisiva preferita (un azzeccatissimo Robert De Niro) ma tutto finisce per svanire nelle ennesime delusioni, segnando definitivamente il destino finale di Arthur e la nascita del suo nuovo malvagio io.
Joaquin Phoenix è il vero motore del film. Brillante dall'inizio alla fine, regala una performance straziante e spaventosa che a ben ragione le voci danno già in pole position per gli Oscar. La sua esibizione è estremamente fisica, partendo dal malinconico sforzo ripugnante di Arthur di sfoggiare un sorriso allegro, passando per la minacciosa e già iconica danza che segna l'emergere del lato malvagio della sua psiche e giungendo, infine, all'accettazione piena e catartica della violenza fisica come soluzione ai suoi problemi.
Il messaggio sottostante del film è tanto chiaro quanto disturbante: Arthur diventa un cattivo in gran parte a causa della sua povertà e della sua infermità mentale, entrambe ignorate o addirittura calpestate dalla società. Quando reagisce, ispira un bizzarro movimento popolare che serve a spiegare la ben nota posizione del personaggio del Joker come signore del crimine: il Joker arriva a rappresentare il povero e il disprezzato, con l’uso della violenza visto come unica risposta possibile e legittima allo sfruttamento da parte dei ricchi e dei potenti.
Il regista Todd Phillips, la cui carriera finora era stata segnata solo da commedie (senza dubbio divertentissime come “Una notte da leoni”) svolta completamente con questa produzione. Il film è visivamente impressionante, i personaggi sono forti e credibili e la suspense è sostenuta magnificamente mentre aspettiamo l'orrore che sappiamo arriverà.
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