Avengers: Endgame

Stanley Martin Lieber, in arte Stan Lee, ci lascia nel Dicembre 2018. La Marvel ne celebra le esequie postume in questo film, seppellendo con lui quasi 80 anni di mito ed intere generazioni di proseliti. Si chiude un’era. Endgame. Fine dei giochi… appunto. Una débâcle su tutta la linea. Non so se attribuire questa cocente delusione ad un eccesso di aspettative, ovvero al tradito immaginario di un ragazzo, intrappolato nei ricordi dell’adulto di oggi. Sia come sia l’episodio conclusivo della Fase 3 del MCU proietta un’ombra sinistra sulla incipiente Fase 4. La sceneggiatura di Endgame non presenta alcuna novità, né colpi di scena. Nessun crossover, nessuna comparsa d’eccezione, nessun nuovo villain a raccogliere il testimone di Thanos. L’intera trama si dipana intorno al previsto e prevedibile salto nel tempo (che novità), con inesorabile lentezza, in un susseguirsi grottesco di commiserazione e burla. Due ore di melodramma e flashback, riavvolgendo il nastro di passati episodi, quasi a voler recuperare pellicola, secondo uno schema trito e ritrito. Un’ultima ora segnata dai pochi minuti di conflitto finale caotico ed incongruente, nel quale Thanos si mostra più potente senza guanto dell’infinito, con buona pace del lavoro di Eitri. Thor torna a vestire i panni dello Zio del Tuono in versione weight watchers ed è di nuovo Ragnarok, il crepuscolo degli Dei. Quando non piange rutta, quando non rutta sta zitto, quando non sta zitto si vorrebbe che lo fosse. Il suo corpo resiste alla furia di una stella di neutroni, ma finisce al tappeto al cospetto di una doppio malto. Senza dubbio non esiste personaggio più vilipeso nell’universo Marvel del Signore di Asgard. Bruce Banner in arte Hulk è ridotto ad un orsacchiotto ipertrofico un po’ hippie in piena adolescenza, oramai dimentico dei pruriti per la sua Vedova. Hulk non ruggisce più e non fa luce sulla ritrosia a farsi vivo mostrata in Infinity War. Re-match con Thanos? No grazie! Pare che Lou Ferrigno sia stato colto in lacrime all’uscita della sala cinematografica. Captain America prima di sposare la sua Peggy, sposa la causa di Checco Zalone e finisce per prediligere l’INPS e gli assegni familiari ad una sana avventura, perché non di solo vibranio vive l’uomo. Nat Romanoff va in burnout. Una natural born killer larvata in travet di provincia e costretta dietro una scrivania? Meglio farla finita su Vormir. Carol Danvers aka Captain Marvel. Sangue fresco. Ruolo centrale. E niente... troppo impegnata altrove, tra una riunione di condominio sulla Cintura di Orione ed un torneo di burraco oltre le porte di Tannhäuser. Si vede più nei trailer che nel film. Il Dr Strange, Maestro delle arti occulte, compie la sua magia e sparisce dalla sceneggiatura, portando con sé il resto della truppa: Witch Scarlet, Black Panther, i Guerrieri della Galassia, Spider-man, Bucky e Visione. Materiale per “Chi l’ha visto?” Tony Stark. Genio, miliardario, playboy, filantropo. Una prece. Il dialogo del commiato con l’amata Pepper è liberamente tratto dal the best of della collana Harmony. Che dire… non rimane che fingere di essersi fermati ad Infinity War concedendo agli Avengers il beneficio della trilogia. Thanos ha trionfato e metà dell’universo è stata depennata. Purtroppo in quella metà si trovava il mai come ora rimpianto Joss Whedon.