Dopo il successo di Daredevil, Netflix pesca nelle pagine della Marvel Comics un altro eroe urbano che agisce a Hell's Kitchen, costellazione di spazi seducenti e minacciosi in cui vaga adesso la determinazione inquisitoria di Jessica Jones, eroina spezzata che ha acquistato i super poteri dopo un incidente in macchina in cui ha perso la famiglia. Hell's Kitchen è la proiezione dell'angoscia interiore del personaggio e insieme l'organismo vitale e oppressivo che domina la sua esistenza.

Al centro di una galleria di personaggi Marvel come Luke Cage, Iron Fist, Daredevil e Kilgrave, psicopatico sadico che pratica una crudeltà gore, Jessica Jones è a caccia dell'uomo che l'ha costretta con la violenza a commettere la violenza in un passato prossimo.

Raccontata in prima persona e in voce over, artificio tipico della narrativa hard boiled, la serie privilegia l'interiorità della protagonista sulla meccanica dell'intrigo da risolvere. Sottraendosi alle forme più limpide del film d'azione, Jessica Jones è un 'noir mentale' prima di essere un film di supereroi che interiorizza la percezione degli avvenimenti e trasmette lo smarrimento di chi parla. Il punto di vista espresso è quello di Jessica che introduce e commenta le proprie vicende, alimentando la complicità col pubblico accomodato con lei in 'quadri' che riproducono le tavole dei comic books.

Dentro uno scenario urbano prossimo a Sin City, la serie traduce in immagine animata l'immagine fissa dei fumetti e risorge il racconto noir, dalla centralità della città, luogo di inganni e corruzione in cui perdersi, allo spostamento inesauribile della protagonista di cui interpreta l'interrotta sospensione esistenziale. Dall'ambientazione notturna al trattamento dei personaggi, Jessica Jones funziona allora secondo i codici di un genere più facile da riconoscere che definire. In bilico tra ordine e disordine, la sua eroina ha un istinto felino e indaga uno spazio di ombre, doppiezze e misteri.

Serie magnifica, di cui la lentezza ipnotica costituisce il suo punto di forza, Jessica Jones svolge episodio dopo episodio un prodotto ambizioso che riunisce una somma di talenti, dalla scrittura al montaggio, dalla fotografia alla recitazione, confermando un'urgenza artistica alta.

Creato da Melissa Rosenberg, sceneggiatrice di Twilight, affronta il trauma delle vittime di abusi sessuali. Proprio come nei romanzi di Stieg Larsson (trilogia "Millennium") la violenza contro le donne è al centro della storia ma se l'eroina dell'autore svedese è prigioniera della trasformazione che ha subito e il suo personaggio non contempla la possibilità di reinventarsi, la sola consolazione di cui dispone è la vendetta, una rivincita a posteriori contro i predatori, in Jessica dimora una speranza. Meno radicale e disperata di Lisbeth, Jessica soffre una nevrosi che può essere curata ritrovandosi e mettendo il 'cattivo' nella condizione di non nuocere più. La ricerca di sé è il motore di un racconto che muove contro un perverso narcisista, uno dei migliori bad guy concepito dalla Marvel e incarnato da David Tennant.

Mentalmente abusata, Jessica fa fronte al venir meno di sé facendo definitivamente luce sul passato tra vulnerabilità e cinismo. Perché il maggior enigma della serie non è costituito tanto dagli eventi accaduti, quanto dall'identità della protagonista. Tredici episodi per risolvere un mistero e coglierne il significato autentico al di là delle apparenze e delle manipolazioni, queste ultime al cuore dell'intrigo. La ricerca affannosa di sé comporta una sospensione problematica del racconto intercalato da flashback, mancamenti, sogni e visioni.

Interpretata da Krysten Ritter, capace di bilanciare il nero con lo humour, Jessica Jones procede sul filo di una sospensione tra realtà e incubo, ai confini di una condizione onirica.

Chi ha spento le luci a Hell's Kitchen dovrà fare i conti con questa eroina minuta e fuori norma che non dice mai 'per favore' e punta come un incrociatore l'origine dei suoi incubi. La serie ripensa completamente il posto delle donne nell'universo supereroistico, superando con slancio il 'test di Bechdel', celebre questionario in tre domande sulla corretta rappresentazione delle donne al cinema, che non misura evidentemente la qualità di un'opera.

Le donne in Jessica Jones si bastano, sono forti, hanno dei poteri, si battono ma soprattutto non si aspettano più grandi cose dagli uomini. Melissa Rosenberg poi è andata davvero più lontana nella sua visione dell'universo Marvel trasformando l'avvocato Jeryn Hogarth in una donna (lesbica), interpretata da Carrie-Anne Moss, e facendo della sua serie un manifesto queer e 'femminista'. In un mondo di avengers, Jessica è l'eroina che attendevamo, una giovane giustiziera normcore (jeans e hoodie) in congedo prematuro che apre un'agenzia investigativa a Hell's Kitchen, un luogo concreto ma allo stesso tempo stravolto in una dimensione quasi onirica, isola di luce immersa nel buio dove i demoni si ritirano e gli angeli riconquistano l'intenzione del volo.